Nonostante la Commissione Europea, nelle previsioni di medio termine, abbia proiettato un aumento della produzione di latte in UE del +0,6% rispetto al 2024, a inizio anno le consegne latte procedono a rilento. A gennaio 2025 si registra un -0,2% rispetto a gennaio 2024 con battute di arresto importanti in aree chiave di produzione ed esportazione di trasformati come Germania (-2,2%), Francia (-0,9%) e Olanda (-1,8%) solo parzialmente compensate dagli aumenti in paesi come Italia (+1%), Polonia (+3%) e Irlanda (+9,4%).
L’offerta, già strutturalmente rallentata dalle politiche ambientali UE di riduzione delle emissioni che impattano negativamente la crescita del numero dei capi, risente anche di costi degli input produttivi elevati e della diffusione in UE di bluetongue ed afta epizootica, malattie infettive che riducono drasticamente le rese latte comportando anche abbattimenti e zone di sorveglianza con limitazione degli scambi.
In particolare dopo la prima notifica, il 10 gennaio, di un focolaio di afta epizootica in Germania, il virus si è diffuso anche in Ungheria (quattro focolai dal 7 marzo) e in Slovacchia (sei focolai dal 21 marzo); i due Paesi non sono produttori rilevanti, tuttavia la diffusione del virus alimenta le preoccupazioni che ci possano essere contagi anche in altri stati membri innestando misure di prevenzione e contenimento.
I prezzi del latte spot, nonostante la fase di flessione stagionale, si mantengono superiori rispetto allo scorso anno. Ad aprile 2025 le quotazioni del latte spot tedesco intero sulla piazza di Milano risultano superiori del 28,6% rispetto ad aprile 2024.
I trasformati nel mese di marzo hanno registrato una tendenza di prezzo sostanzialmente stabile. Sulla piazza di riferimento di Kempten, rispetto a marzo, burro -0,3%, SMP -1,3%, WMP -0,4%, edamer invariato. Anche sui trasformati il gap rispetto allo scorso anno è elevato: burro +27%, SMP +3%, WMP +22%, edamer +11%.
Il mercato inoltre guarda con attenzione all’evoluzione della guerra commerciale. Gli Stati Uniti sono il secondo produttore globale di latte bovino con circa il 20% del totale. Per quanto riguarda le principali trasformazioni gli USA sono rispettivamente il terzo produttore globale di burro (8%) e il secondo produttore di formaggi (29%) e di polvere di latte scremato (22%).
Per i principali trasformati gli Stati uniti sono, ad esclusione del burro, un esportatore netto. Tra le principali destinazioni del prodotto USA figurano soprattutto Messico e Canada (con scambi già regolati dagli accordi USMCA), tuttavia su alcune referenze come polveri e siero anche i mercati asiatici sono una destinazione rilevante.
Il mercato USA potrebbe quindi andare incontro ad una contrazione della domanda estera legata ad eventuali contromisure adottate dalle destinazioni menzionate in risposta alle tariffe introdotte da Trump, a partire dai dazi del 125% introdotti dalla Cina, importatore di polvere e siero USA. Parte della domanda cinese verrebbe così dirottata sul prodotto UE e Neo Zelandese.
I dazi introdotti da Trump avrebbero invece un impatto diretto sul burro, dove gli USA sono tra i primi importatori globali con circa il 20% del totale. L'origine primaria è l’UE, con l’Irlanda che, da sola, contribuisce a circa il 50% del totale, segue la Nuova Zelanda con circa il 20%. Dazi su UE e Nuova Zelanda al 20% e al 10%, sospesi per le quote oltre il 10% temporaneamente per 90 giorni, comporterebbero così inflazione interna per gli USA con un contestuale calo della domanda, effetto ribassista sui prezzi internazionali e UE.
Attenzione al mercato dei formaggi, dove gli USA, anche se esportatori netti, ricoprono un ruolo importante in importazione (rappresentando il 7% dell’import globale). La quasi totalità del formaggio importato negli USA proviene dall’UE (circa il 20% dall’Italia). Come sul burro l’introduzione dei dazi del 20% per l’UE rappresenterebbe un fattore ribassista sui prezzi internazionali ed UE dei formaggi.
In sintesi gli impatti dei dazi USA e delle eventuali contromisure adottate dai principali partner commerciali del paese si conferma un fattore potenzialmente distorsivo per il mercato e capace di trasmettere volatilità ai prezzi.
Su burro e formaggio l’impatto sulle quotazioni UE risulterebbe prevalentemente ribassista, complice la contrazione della domanda USA in importazione (nel 2024 rispettivamente il 26% e il 10% dell’export UE di burro e formaggi è andato in USA). Su polvere, lattosio e siero l’impatto sarebbe più neutro, con potenziale supporto derivante da uno spostamento della domanda cinese sul prodotto UE.