Prosegue il trend rialzista che sta caratterizzando le quotazioni dell'olio di girasole sul mercato europeo, congiuntamente ad ulteriori rialzi sul mercato francese del seme di girasole, che è arrivato a superare i 620 €/t, sui livelli più elevati da novembre 2022.
Le stime relative alla produzione di seme di girasole per la campagna 2024/25 hanno subito, ancora nel mese di novembre, ulteriori limature a ribasso: dopo un clima estivo estremamente siccitoso nell'Europea orientale ed area del Mar Nero, le piogge di settembre ed ottobre hanno ritardato i lavori di raccolta e spinto, in alcuni casi, all'abbandono dei campi. La produzione mondiale di seme di girasole è stimata in calo del 10% tanto da USDA quanto da IGC per la campagna corrente rispetto alla precedente.
Tali cali produttivi genereranno un calo di offerta sul mercato dell'olio di girasole, che USDA stima in un -10% a livello globale (-5% per l'UE, -23% per l'Ucraina, -5% per la Russia), nonostante un ampio ricorso al consumo degli stock di seme, previsti in calo di oltre il 28% a livello mondiale. La minore offerta di olio di girasole richiederà necessariamente un razionamento della domanda, che avviene tramite l'aumento dei prezzi, già iniziato. Mentre il crushing di seme di colza è stato abbondante nei primi mesi di campagna, ritardando tensioni sui prezzi che tuttavia hanno cominciato a verificarsi, sul mercato del girasole i rialzi sono arrivati già durante il periodo della raccolta, a causa delle difficoltà incontrate nelle operazioni in campo e della conseguente ritenzione dell'offerta da parte dei produttori.
I rialzi finora registrati nei prezzi dell'olio di girasole hanno una portata in grado di generare un po' di calo dei consumi. Grazie agli ampi premi sviluppati rispetto agli altri oli di semi (soia e colza), è prevedibile un po' di effetto sostituzione da ora in avanti, che potrebbe limitare lo spazio di ulteriori rialzi atteso per le quotazioni dell'olio di girasole sul mercato europeo e trasmettere invece crescenti tensioni ai prezzi dei principali sostituti. Al contempo, in particolare sul mercato UE, permane l’incertezza circa l'entrata in vigore dell'EUDR a fine 2024, che può andare a fornire un supporto aggiuntivo alle quotazioni anche degli oli di semi: il Parlamento UE ha approvato la richiesta della Commissione di slittamento di un anno della norma, ma ora saranno nuovamente Consiglio e Commissione a doversi esprimere sugli emendamenti approvati dall’assemblea.
Sostenuti dal trend rialzista che ha caratterizzato le quotazioni dell'olio di palma nella seconda metà di ottobre e da un progressivo ulteriore deterioramento delle stime di produzione 2024 per il seme, i prezzi dell'olio di girasole hanno accentuato il trend rialzista già evidente da marzo in avanti, con rincari del +12% e +10% rispettivamente nel nord-ovest europeo e sulla borsa di Milano per l'olio di girasole grezzo, tra settembre e ottobre su base media mensile (+8% per l'olio di girasole raffinato quotato a Milano). Nel contempo i prezzi del seme di girasole sul mercato francese sono arrivati a superare i 580 €/t, con rialzi del 23% tra l'inizio e la fine di ottobre.
Le prospettive di produzione di seme di girasole per la campagna 2024/25 sono andate incontro ad un ulteriore deterioramento: dopo un clima estivo estremamente siccitoso nell'Europea orientale ed area del Mar Nero, le piogge di settembre ed ottobre hanno ritardato i lavori di raccolta e spinto, in alcuni casi, all'abbandono dei campi. USDA in ottobre ha confermato le stime di produzione di seme di girasole per EU, Ucraina e Russia, mentre altre fonti hanno apportato significative revisioni a ribasso: per IGC, -0,5 Mio t in UE (-5% rispetto alla campagna 2023/24), -1,1 Mio t in Ucraina (-20%); per Stratégie Grains, -0,1 Mio t per l'UE, per una stima al di sotto dei 9 Mio t. La produzione mondiale di seme di girasole è stimata in calo del 10% tanto da USDA quanto da IGC per la campagna corrente rispetto alla precedente.
Tali cali produttivi genereranno un calo di offerta sul mercato dell'olio di girasole, che USDA stima in un -10% a livello globale (-5% per l'UE, -23% per l'Ucraina, -5% per la Russia), nonostante un ampio ricorso al consumo degli stock di seme, previsti in calo di oltre il 26% a livello mondiale. La minore offerta di olio di girasole richiederà necessariamente un razionamento della domanda, che avviene tramite l'aumento dei prezzi, già iniziato. Mentre il crushing di seme di colza è stato abbondante nei primi mesi di campagna, ritardando le inevitabili tensioni sui prezzi, sul mercato del girasole i rialzi sono arrivati già durante il periodo della raccolta, a causa delle difficoltà incontrate nelle operazioni in campo e della conseguente ritenzione dell'offerta da parte dei produttori.
I rialzi finora registrati nei prezzi dell'olio di girasole hanno una portata in grado di generare un po' di calo dei consumi. Grazie agli ampi premi sviluppati rispetto agli altri oli di semi (soia e colza), è prevedibile un po' di effetto sostituzione da ora in avanti.
Il prezzo dell’olio di girasole quotato ai 5 porti UE è cresciuto del 10% da metà settembre sostenuto da aumenti sul mercato dell’olio di palma e l’olio di soia. Preoccupazioni sulla produzione di olio di palma in Malesia e una minore offerta di olio di soia proveniente dagli Stati Uniti, a causa di un crushing minore delle aspettative ed elevati consumi domestici, stanno riportando in tensione anche le quotazioni dell’olio di girasole. Questa congiuntura rialzista è rafforzata dalle ultime proiezioni di USDA sulla campagna 2024/25, per cui sono state riviste ulteriormente al ribasso le esportazioni globali di olio di girasole e gli stock disponibili, soprattutto nei principali paesi produttori.
Con un minore contenuto di olio nei semi di girasole, a causa della persistente siccità che ha colpito diverse regioni del mondo durante la fase di sviluppo dei raccolti, e una riduzione dell’attività di crushing mondiale di oltre il 10%, a causa di deludenti raccolti internazionali, la produzione globale di olio di girasole è prevista diminuire di 2,3 Mio t. In questo scenario, gli stock di olio di girasole sono attesi contrarsi di oltre il 30%, a un minimo dalla campagna 2020/21, al fine di sostenere consumi internazionali in calo di solo 1,3 Mio t.
In Ucraina, basse precipitazioni osservate durante l’estate ed elevate temperature hanno pesato negativamente sulle rese osservate per i primi raccolti di seme di girasole del Paese. Tuttavia, la fase di raccolta procede bene ed evidenzia un miglioramento delle rese, passate da 1,64 t/ha nei primi raccolti di fine agosto a 2,04 t/ha al 20 settembre, secondo quanto riportato dal ministero dell’agricoltura ucraino. Si tratterebbe di rese leggermente superiori a quelle attualmente previste da USDA per il 2024/25 (2,02 t/ha), e in calo del 16% rispetto alla precedente campagna (2,42 t/ha). Invece, è ancora difficile da quantificare l’impatto complessivo della siccità sul raccolto di semi di girasole in Russia, per cui USDA ha confermato una produzione di 16 Mio t (-6% rispetto allo scorso anno). L’offerta di questi due paesi è stata molto elevata durante il primo semestre della campagna 2023/24 e, nonostante il parziale rallentamenti degli ultimi mesi, soprattutto da parte dell’Ucraina, la campagna 2024/25 è prevista iniziare con stock di seme di girasole in diminuzione del 79% in Ucraina e 31% in Russia che limiteranno la potenziale offerta di seme ed olio di girasole proveniente dal Mar Nero verso l’Unione Europea.
In India, nel tentativo di sostenere i prezzi domestici, il governo ha aumentato il dazio all'importazione per olio di palma, soia e girasole grezzo al 27,5%, a partire da metà settembre. La misura ha come obiettivo quello di sostenere gli agricoltori locali in vista dell’arrivo sul mercato dei raccolti Kharif, con prezzi domestici per seme di soia e girasole ancora molto al di sotto del Prezzo Minimo Garantito (MSP). Nonostante questa misura possa diminuire le importazioni di oli vegetali del paese durante la campagna 2024/25, la domanda indiana per questi ultimi è prevista rimanere robusta nell’ultimo trimestre dell’anno a fronte dell’inizio del periodo delle festività.
Nonostante le aspettative di una contrazione dell’offerta disponibile di olio di girasole durante la prossima campagna, nell’ultimo mese la tendenza deflattiva di olio di soia e colza ha frenato la domanda di olio di girasole, favorendo un leggero ritracciamento dei prezzi europei, diminuiti dell’1-2%, a livello medio, tra luglio e agosto. In questa congiuntura, le quotazioni dell’olio di girasole risultano a sconto sull’olio di palma, una situazione che non si osservava da aprile di quest'anno quando la differenza mensile aveva raggiunto i 90 $/t, di gran lunga superiore agli attuali 10 $/t.
Nel frattempo, gli ultimi dati pubblicati da USDA rafforzano le aspettative di una contrazione della produzione mondiale di seme di girasole di oltre 2 Mio t per il 2024/25, ad un minimo dalla campagna 2020/21 ed in calo del 6% rispetto all’attuale campagna. A fronte di una minore offerta di seme di girasole, l’attività di crushing è prevista ridursi del 7% e determinare una contestuale riduzione della produzione mondiale di olio di girasole, a quota 21 Mio t. Come conseguenza, il consumo globale di olio di girasole è previsto diminuire del 5%, parzialmente compensato dall'aumento del consumo di olio di colza, senza che ciò sia sufficiente per prevenire una riduzione delle scorte pari al 20%.
Secondo il rapporto del MARS Bullettin le ondate di calore che hanno colpito le regioni del Mar Nero durante la primavera si sono intensificate tra luglio e metà agosto, compromettendo le rese dei raccolti estivi. Le pessime condizioni climatiche hanno comportato una diminuzione dell’offerta da parte dei maggiori paesi produttori:
L’effetto rialzista di una minore offerta di olio di girasole durante la prossima campagna è attualmente controbilanciato da un calo della domanda internazionale. Un esempio di ciò, sono i dati diffusi dalla Solvent Extractors' Association of India (SEA) che a luglio evidenziano una contrazione delle importazioni indiane di olio di girasole del 21% a fronte di un incremento della domanda di olio di soia del 42% rispetto al mese precedente.
Da inizio luglio, ondate di calore e siccità si sono intensificate nelle regioni sul Mar Nero e nell’Europa Orientale, con temperature registrate di 3-6 gradi sopra la media. I raccolti stanno maturando prima del previsto e i dati sui primi raccolti, in anticipo rispetto al solito, evidenziano rese inferiori alla norma. Esaurita la spinta ribassista osservata a giugno sui prezzi dell’olio di girasole grezzo quotato ai 5 porti UE, derivante dall’inizio della raccolta di colza in Europa, il deterioramento delle condizioni meteo ha trainato al rialzo le quotazioni europee che dalla seconda settimana di luglio sono cresciute del 9%.
Si consolidano dunque le aspettative di una contrazione dell’offerta globale di seme e olio di girasole per la campagna 2024/25, trainata da una riduzione delle disponibilità nell’area del Mar Nero. USDA prevede un calo del crushing mondiale di seme di girasole di quasi 1 Mio t. L’entità della riduzione dipenderà molto dagli sviluppi meteo delle prossime settimane in Europa, così come dall’andamento delle semine in Argentina verso fine anno.
Nonostante USDA proietti la produzione europea di seme di girasole in marcata crescita (+9% a/a), la Commissione Europea in luglio ha rivisto al ribasso la previsione di rese rispetto al mese precedente a causa di ridotte precipitazioni ed elevate temperature osservate in diversi Paesi dell’Est Europa, in particolare in Romania, Bulgaria e Ungheria. Altre fonti, come Stratégie Grains, hanno preso atto delle condizioni sfavorevoli in Unione Europea ed hanno ridotto le proprie previsioni di produzione portandole al di sotto del dato 2023/24.
Durante l’attuale campagna, l’ampio crushing di inizio stagione in Ucraina ne ha contratto le scorte di seme di girasole e da maggio 2024 il Paese ha registrato una graduale diminuzione delle proprie esportazioni di olio e seme di girasole, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Agricoltura ucraino. Parallelamente, Oil World riporta in Russia un netto rallentamento dell’attività di frantumazione dei semi di girasole a giugno (in diminuzione del 13% rispetto a maggio, ma superiore del 9% rispetto ai livelli dello scorso anno) e proietta quest’ultima in forte declino negli ultimi mesi di campagna, a fronte dell’introduzione di un dazio del 50% da parte dell’Unione Europea sui prodotti russi.
In India, un basso livello di stock di oli vegetali sta sostenendo la domanda del principale Paese importatore di olio di girasole. Secondo la Solvent Extractors' Association of India (SEA), a giugno le importazioni indiane di olio di girasole hanno raggiunto la cifra record di 466K t (+13% rispetto a maggio), e a livello cumulato tra aprile e giugno 2024 sono state del 51% superiori ai livelli dello scorso anno sul medesimo periodo di riferimento. Questi risultati sono in parte attribuibili alla forte concorrenza tra Russia e Ucraina sul mercato indiano che ha reso l’olio di girasole il più conveniente olio vegetale del Paese. Nonostante una parziale ricostituzione delle scorte nel Paese, queste risultano ancora inferiori di oltre il 12% rispetto ai livelli dello scorso anno.
Pur avendo fatto registrare, su base media mensile, aumenti del +4% per il grezzo ai 5 porti UE e del +6% sul raffinato di Milano tra maggio e giugno, sulla scorta dei rialzi registrati sulle quotazioni dell'olio di palma, nel corso delle ultime due settimane si è assistito ad una certa stabilizzazione delle quotazioni sul mercato italiano e addirittura a qualche flessione a livello europeo. La raccolta di seme di colza in UE, ormai nel pieno, sta contribuendo ad una rinnovata debolezza nelle quotazioni dei maggiori oli di semi sul mercato comunitario.
Le previsioni sui fondamentali di mercato di seme ed olio di girasole, tuttavia, mostrano aspettative di una campagna 2024/25 che, pur non caratterizzata da una carenza di offerta, sarà verosimilmente meno abbondante della precedente:
L'Unione Europea appare, tra le principali aree di produzione di olio di girasole, l'unica ad andare incontro ad un marcato aumento dell'offerta, che tuttavia dovrà compensare un significativo calo della produzione di olio di colza. Tale incremento produttivo in UE, dunque, potrebbe non essere sufficiente ad evitare la spinta rialzista che è prevista arrivare da un mercato mondiale non particolarmente abbondante e soprattutto da un'offerta complessiva di oli vegetali che faticherà a tenere il passo della domanda nel corso della prossima campagna. Nel complesso, considerando i sei principali oli vegetali, il surplus sul mercato appare destinato a ridursi significativamente rispetto all'ultimo triennio, favorendo dunque un recupero generalizzato dei prezzi.
L'attuale tendenza ribassista dei prezzi dell'olio di girasole, derivante dalla fase di raccolta di colza in UE, potrebbe protrarsi ancora fino ad inizio autunno, con l'arrivo dei raccolti di seme di soia e girasole nell'emisfero nord.
La produzione di olio di girasole è cresciuta rapidamente nella campagna in corso, portando l'offerta disponibile sul mercato a livelli record, con la conseguenza di incentivarne la competitività in termini di prezzo e fargli guadagnare quote di mercato. Tuttavia, negli ultimi mesi la crescente domanda internazionale e le prospettive di un rallentamento dell’offerta proveniente dal Mar Nero hanno sostenuto le quotazioni dell'olio di girasole. Tra febbraio e maggio, a livello medio, i prezzi dell’olio di girasole grezzo quotato ai 5 porti UE sono cresciuti dell’8% spingendo al rialzo anche le quotazioni del raffinato quotato a Milano (+7%). In questa congiuntura rialzista, l’olio di girasole ha perso la competitività acquisita da inizio anno e, dopo essere andato a premio sull’olio di soia, è recentemente ritornato a premio anche sull’olio di palma in Europa.
I primi effetti della perdita di competitività sono evidenziati dai dati pubblicati da Solvent Extractors' Association of India (SEA) sulle importazioni di oli vegetali del Paese. Da marzo, quando erano state importate la cifra record di 445K t di olio di girasole, 485K t di olio di palma e 219K t di olio di soia, la domanda indiana di olio di girasole è diminuita del 47% ad aprile, in netto contrasto con l’aumento delle importazioni registrato per l’olio di palma (+41%) e l’olio di soia (+76%). Nonostante una crescita complessiva delle importazioni di oli vegetali del 13%, in India gli elevati consumi domestici continuano, però, a ridurne gli stock disponibili che ai porti risultano ai minimi da agosto 2022.
Secondo i dati forniti dal Ministero dell'Agricoltura ucraino, le esportazioni di olio di girasole dall'Ucraina si mantengono in crescita costante da inizio anno: tra gennaio e aprile 2024 sono stati esportati volumi maggiori del 29% rispetto a quelli dello scorso anno. Tuttavia, l'offerta ucraina sta mostrando i primi segni di rallentamento. Ad aprile, le esportazioni sono cresciute solo del 4% rispetto al mese precedente, in netto calo rispetto all'incremento del 6% registrato a marzo e del 12% a febbraio. Nelle prime due settimane di maggio, le spedizioni ucraine hanno raggiunto solo il 43% dei volumi registrati ad aprile, segnale del rallentamento dell'offerta proveniente dal Mar Nero. Questo andamento è attribuibile all'intensa attività di crushing registrata dall'inizio della campagna corrente, che sta riducendo le scorte di seme di girasole dell’Ucraina.
Nel frattempo, gli elevati livelli di siccità in cui versano i territori sul Mar Nero, con gelate segnalate nella Russia meridionale, evidenziano il pericolo di un possibile deterioramento delle rese 2024/25 per il seme di girasole qualora non si osservino abbondanti precipitazioni durante il periodo estivo. I primi dati del WASDE per la prossima campagna indicano una produzione globale di semi di girasole solo in lieve aumento rispetto all'anno precedente, nonostante l’aumento delle aree seminate proiettato per Russia e Ucraina.
Da evidenziare, però, le prospettive favorevoli per il raccolto europeo, proiettato in crescita del 9% grazie a rese in aumento (2,20 t/ha vs 2,08 t/ha). ll MARS Bulletin di maggio segnala qualche ritardo nella semina in Unione Europea a causa delle abbondanti precipitazioni osservate in Europa occidentale che potrebbero comportare un calo delle rese potenziali in Francia. Tuttavia, a livello comunitario sono attese rese medie superiori alla media quinquennale che confermano le prime previsioni USDA di un aumento produttivo in Unione Europea.
I prezzi dell’olio di girasole in Europa continuano ad apprezzarsi a fronte del traino esercitato dall’olio di palma, ancora a premio, ed aspettative di una diminuzione dell’offerta proveniente dal Mar Nero nell’ultimo semestre di campagna. Tra febbraio e aprile, a livello medio, i prezzi dell’olio di girasole grezzo quotato ai 5 porti UE sono cresciuti del 5% spingendo al rialzo anche le quotazioni del raffinato quotato a Milano (+4%). In questa congiuntura rialzista, l’olio di girasole ha iniziato a perdere competitività, tornando a premio sull’olio di soia in Europa, e, complice anche i recenti ribassi delle quotazioni del palma, ha ridotto a circa 50 $/t lo sconto su quest’ultimo rispetto ai massimi registrati ad inizio mese di 180 $/t.
L'abbondanza di olio di girasole a basso costo dal Mar Nero ha avuto un forte impatto sui modelli di consumo e i flussi commerciali degli oli vegetali dallo scorso anno. Tuttavia, nell’ultimo mese l’olio di girasole, che da inizio campagna è stato il più economico tra i principali oli vegetali sul mercato, ha visto diminuire la sua competitività rispetto al resto del comparto. Questa situazione sta innescando un rilevante effetto sulla domanda internazionale, soprattutto nei mercati più sensibili ai prezzi, ed è attesa incentivare un cambiamento nei flussi commerciali. In India ed altri paesi importatori i prezzi dell’olio di palma CIF sono già diventati più convenienti di quelli dell’olio di girasole.
Secondo la Solvent Extractors' Association of India (SEA), tra ottobre e marzo 2023/24 le importazioni indiane di olio di girasole sono state di 1,5 Mio t, in aumento del 23% rispetto al 2022/23, a causa degli elevati prezzi dell’olio di palma che hanno incentivato un effetto sostituzione con il più economico olio di girasole. Gli stock di olio di girasole presenti nei porti indiani hanno raggiunto un massimo degli ultimi sei mesi a 252 Kt, superando anche le basse scorte di olio di palma (233 Kt) che si sono dimezzate nel giro di due mesi. Le preferenze dei consumatori impediscono la piena sostituzione dell’olio di palma sul mercato indiano e, anche se l’afflusso di olio di girasole è aumentato notevolmente da inizio campagna, la forte riduzione delle importazioni di olio di palma in India hanno portato a un crollo delle scorte complessive di oli vegetali: a fine marzo erano il 33% in meno rispetto all’anno precedente, in contrazione per il settimo mese consecutivo.
Le esportazioni mondiali di olio di girasole hanno raggiunto un picco nel primo trimestre del 2024: tra gennaio e marzo 2024 sono stati commerciati volumi maggiori del 27% rispetto a quelli dello scorso anno. Secondo il Ministero dell’Agricoltura ucraino, le esportazioni dell’Ucraina sono cresciute per il terzo mese consecutivo (+7%) e nelle prime due settimane di aprile sono già state spedite 353 Kt di olio di girasole, il 56% dei volumi registrati a marzo. A questo ritmo le scorte di olio di girasole nei luoghi di esportazione si esauriranno nel giro di pochi mesi. In Ucraina gli stock di seme di girasole a fine marzo risultavano circa 1 Mio t in meno dell’anno precedente, per cui permangono aspettative di un rallentamento dell’attività di crushing e conseguentemente delle esportazioni di olio di girasole nell’ultima parte di campagna. In Russia, l’ampia disponibilità di seme di girasole ha portato il crushing a livelli record nel primo trimestre dell’anno ed è previsto mantenersi elevato anche tra aprile e maggio per poi calare stagionalmente.
I forti rialzi osservati sul mercato dell’olio di palma hanno iniziato a generare i primi effetti sull’olio di girasole, le cui quotazioni ai 5 porti UE sono cresciute del 5% nelle prime tre settimane di marzo. Nonostante gli aumenti osservati, quest’ultimo si mantiene a sconto rispetto all’olio di palma di oltre 100 $/t, a livello medio mensile, e rimane l’olio vegetale europeo più competitivo con prezzi inferiori anche all’olio di soia, a premio di circa 10 $/t.
Sulla scia di una crescente pressione da parte degli Stati dell’Europa orientale, la Commissione Europea ha recentemente dichiarato di voler imporre un dazio su cereali e semi oleosi provenienti da Russia e Bielorussia. In base alla proposta, il dazio all'importazione per i cereali sarà aumentato a 95 €/t, con tariffe del 50% sui semi oleosi e sui prodotti derivati. Questa iniziativa non è prevista avere alcun impatto sull’offerta di seme ed olio di girasole in UE, a fronte dei limitati volumi importati nell’ultimo triennio dalla Russia. Tuttavia, circa un terzo delle esportazioni russe di farina di girasole sono dirette verso l’Unione Europea. Perciò, una crescita del dazio europeo sulle importazioni russe pari al 50% del prezzo della farina di girasole russa potrebbe compromettere l’attività di crushing in Russia nei prossimi mesi, considerando le attuali difficoltà del Paese a commerciare i volumi accumulati di farina di girasole generati dall’elevata produzione di olio di girasole durante l’attuale campagna.
L’elevata competitività dell’olio di girasole rispetto agli altri oli vegetali è attesa sostenere le esportazioni russe nel breve periodo, soprattutto verso l’India e la Cina, riducendo le ampie scorte accumulate a fine febbraio (+13% rispetto all’anno precedente). Ma sulla base dello scenario appena descritto, appare sempre più probabile un rallentamento dell’attività di crushing e dell’offerta di olio di girasole da giugno in poi in Russia. Inoltre, dall’Ucraina le esportazioni di olio e farina di girasole appaiono destinate a ridursi da aprile a fronte di una diminuzione del crushing. Gli agricoltori ucraini hanno iniziato a contrarre le proprie vendite e l’offerta di seme di girasole risulta in calo rispetto all’anno precedente a causa dell’aumento della frantumazione nei primi mesi di campagna.
Intanto, i bassi prezzi dell’olio di girasole stanno sostenendo una crescita della domanda internazionale. Nei primi due mesi del 2024, le importazioni cinesi di olio di girasole sono incrementate del 65% rispetto all’anno scorso, sostenute dalle elevate esportazioni russe a prezzo competitivo e i bassi stock disponibili di oli vegetali, a causa della diminuzione delle importazioni di olio di palma (-28% nei primi due mesi dell’anno). In India, consumi in forte aumento hanno ampiamente superato l’offerta disponibile di oli vegetali negli ultimi mesi e a fine febbraio gli stock disponibili hanno raggiunto un minimo degli ultimi 18 mesi (-36% rispetto ai livelli record di agosto 2023). Nonostante le scorte indiane non abbiano ancora raggiunto livelli critici, un consistente aumento delle importazioni indiane di oli vegetali sarà necessario per soddisfare la crescente domanda del Paese. Negli ultimi 5-6 mesi, anche in Turchia si sono notevolmente ridotte le scorte di olio di girasole a fronte di una produzione in calo e consumi domestici in crescita, stimolati dall’ampio sconto dell’olio di girasole rispetto all’olio di palma e all’olio di oliva. Sulla base di questa congiuntura, le importazioni turche di olio di girasole dal Mar Nero sono previste incrementare nei prossimi mesi.
Da inizio campagna l’olio di girasole grezzo quotato ai 5 porti UE si è stabilizzato tra i 910-940 $/t, registrando a livello medio uno sconto di 55 $/t sull’olio di palma nel mese di febbraio. Questa congiuntura è stata influenzata da esportazioni superiori alle aspettative da parte di Russia e Ucraina e da un significativo calo dei prezzi dell’olio di soia, diminuiti di quasi il 20% da ottobre 2023, che hanno controbilanciato la pressione rialzista esercitata dagli aumenti dell’olio di palma.
Tra settembre e gennaio 2023/24 l’Ucraina è rimasto il più grande esportatore di olio di girasole al mondo con 2,55 Mio t esportate, fonte Oil World, in crescita dell’11% rispetto i livelli dello scorso anno. Seppure con volumi più limitati, altrettanto notevole è stata la crescita percentuale della Russia (+27%) e dell’Argentina (+110%) per lo stesso periodo preso in considerazione. Da soli questi paesi determinano oltre tre quarti delle esportazioni mondiali di olio di girasole ed hanno registrato una crescita complessiva della loro offerta sui mercati di oltre il 22% rispetto alla scorsa campagna. Questi livelli di export sono stati sostenuti da un’attività di crushing record, stimata in aumento del 20% per il periodo preso in esame. Questa dinamica è andata a discapito delle esportazioni di seme di girasole che in Ucraina sono diminuite di oltre l’80% tra settembre e gennaio 2023/24.
In Russia le scorte di seme di girasole risultano ancora elevate e questa situazione è prevista sostenere la produzione di olio di girasole del Paese nei prossimi mesi. Tuttavia, si segnala una certa riluttanza degli agricoltori a vendere il proprio raccolto ai prezzi attuali e difficoltà nella commercializzazione dell’ampia produzione di farina di girasole. Questa situazione potrebbe quindi rappresentare un limite all’aumento dell’attività di crushing della Russia nei prossimi mesi. A livello globale, comunque, tala crescita è prevista venir compensata dai cali proiettati in Ucraina e Argentina. Nello specifico, la produzione di olio di girasole in Ucraina è prevista mantenersi superiore ai livelli dell’anno precedente fino a fine marzo, ma nei mesi residui di campagna è attesa diminuire gradualmente.
Nell’attuale campagna i semi oleosi hanno garantito agli agricoltori una remunerazione superiore a quella dei cereali e la prospettiva di uno scenario simile anche per la prossima potrebbe stimolare una crescita delle aree seminate a girasole a discapito di mais e tenero sul Mar Nero. I semi oleosi richiedono un minor uso di fertilizzanti e godono di una migliore resistenza a periodi di siccità rispetto ai cereali. Se da una parte questa congiuntura ha il potenziale di incrementare la produzione di seme di girasole nel 2024/25, dall’altra parte il meteo rimane una rilevante variabile da monitorare. Basti pensare che nelle ultime due campagne un clima quasi ideale ha portato a rese superiori alla media tanto in Ucraina quanto in Russia.
Negli ultimi mesi, l’arrivo in Europa di olio di soia a basso costo dal Sud America ha infuso una forte debolezza ai prezzi degli altri oli vegetali europei, controbilanciando le tensioni osservate sul mercato dell’olio di palma. In questa situazione, gli ampi rialzi dell’ultimo mese sulle quotazioni dell’olio di palma non si sono ancora trasmessi ai prezzi dell’olio di girasole, i quali rimangono stabili attorno ai livelli di inizio campagna, ed hanno raggiunto uno sconto di oltre 80 $/t rispetto all’olio di palma a Rotterdam. Parallelamente, la grande competitività acquisita dall’olio di girasole ad inizio campagna sugli altri oli vegetali si è notevolmente ridotta e l’olio di soia è diventato il più economico di tutto il comparto.
In Ucraina l’attività di crushing è aumentata considerevolmente negli ultimi 4-5 mesi ed è prevista rimanere ai livelli sostenuti della precedente campagna, a un massimo dall’inizio dell’invasione russa di 14,1 Mio t. Nonostante la guerra in atto, nel 2023 un meteo favorevole e rese relativamente elevate hanno garantito ampi raccolti di seme di girasole nel Paese, sostenendo la produzione di olio di girasole grazie anche alla maggior remuneratività rispetto alle esportazioni di seme. A causa di questa congiuntura, a dicembre l’export di seme di girasole è risultato al di sotto delle aspettative, raggiungendo quota 27 Kt, in calo del 20% rispetto al mese precedente e del 91% rispetto a un anno prima, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Agricoltura dell’Ucraina. Il forte calo rispetto all'anno precedente si è riflesso in una contestuale diminuzione delle importazioni da parte di Unione Europea e Turchia, la quale ha frenato la frantumazione dei semi di girasole in questi paesi.
A dicembre le esportazioni ucraine di olio di girasole hanno raggiunto un record dall’inizio della guerra di 673 Kt, in crescita del 33% rispetto al mese precedente e del 44% rispetto a un anno prima, secondo il Ministero dell’Agricoltura dell’Ucraina. L'incremento di questi volumi è stato guidato dalla crescente domanda di olio di girasole dell'Unione Europea, le cui importazioni sono state in parte destinate al re-export di Romania e Bulgaria verso Paesi extra-UE e in parte a sostenere la crescita dei consumi domestici europei. Infatti, da settembre la domanda dell'Unione Europea è stata stimolata dalla contrazione dell'attività di crushing e dal crescente fabbisogno interno per l'alimentazione, in parte come alternativa più economica all'olio di oliva, e per l'industria del biodiesel.
Da inizio anno diverse navi sono state costrette a circumnavigare l’Africa per non passare dal Mar Rosso, a causa degli attacchi degli Houthi, allungando i tempi di spedizione verso l’Asia di 3-4 settimane. Questa situazione ha generato in India e in altri paesi asiatici un forte aumento dei prezzi dell’olio di girasole proveniente dal Mar Nero/Europa, incrementando la competitività dell’olio di girasole e di soia proveniente dal Sud America. Secondo Oil World, durante l’attuale campagna le importazioni indiane di olio di girasole sono previste calare del 13% a fronte della riduzione del fabbisogno totale di import del Paese e della riconquista di quote di mercato da parte dell'olio di soia.
Il continuo afflusso di olio di girasole proveniente dal Mar Nero sta mantenendo sotto pressione ribassista le quotazioni europee che nelle prime tre settimane di dicembre sono diminuite del 2%. Il recente indebolimento segue i più significativi cali registrati sull’olio di soia che stanno favorendo una diminuzione dello spread tra i due oli. Questo andamento riflette il deterioramento della competitività dei prezzi dell'olio di girasole che rimangono allineati al pavimento rappresentato dall’olio di palma.
In Ucraina, nonostante le difficoltà logistiche abbiano determinato nei primi due mesi di campagna livelli di export inferiori allo scorso anno, a novembre è stata osservata una crescita delle esportazioni del 35% rispetto al mese precedente (+9% rispetto allo scorso anno), con l’UE come principale destinazione. Questa tendenza, sostenuta dalla forte attività di crushing, si è contrapposta ad esportazioni di seme di girasole molto più limitate a causa delle restrizioni all’import da parte di Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria. A fronte di ciò, l’offerta disponibile di seme in UE sta diminuendo rapidamente. Tuttavia, il raggiungimento di un punto di convergenza tra Ucraina e Bulgaria sulle spedizioni di semi oleosi è probabile che favorisca un incremento dell’afflusso di seme verso l’UE dal prossimo anno. La riduzione delle importazioni di seme di girasole ha solo parzialmente ridotto l’attività di crushing in UE, incentivando un rapido declino degli stock. Qualora non avvenga una ripresa significativa di questi ultimi, la produzione di olio di girasole UE potrebbe subire una significativa contrazione, incrementando la dipendenza dalle importazioni di olio di girasole ucraino.
In Russia ad ottobre si stima che l’attività di crushing abbia raggiunto il terzo volume mensile più alto mai registrato (+4% rispetto all’anno precedente) ed è atteso rimanere a livelli elevati durante tutta l’attuale campagna. Gli ampi raccolti di girasole nei principali player stanno sostenendo la produzione mondiale di olio di girasole. Tra ottobre-marzo 2023/24, secondo OilWorld quest’ultima è prevista superare i livelli registrati durante la precedente campagna, ma tra aprile-settembre 2024 la produzione mondiale è prevista rallentare al di sotto dei livelli di quest’anno, trainata dai potenziali cali di Ucraina ed Argentina.
Una tendenza simile è prevista anche per il commercio mondiale, però il lieve calo delle spedizioni nel secondo semestre dell’attuale campagna implica ancora inusuali ampi volumi in termini assoluti, i quali dovranno competere con la ripresa delle esportazioni di olio di soia argentino. Complessivamente, durante la campagna 2023/24 la crescita delle importazioni di olio di girasole da parte di UE, Cina e Iran verrà compensata dai maggiori cali di Turchia e India. Infatti, nonostante consumi mondiali in forte crescita, gli elevati stock accumulati in questi Paesi sono attesi contrarre la domanda internazionale.
Con quotazioni dell’olio di girasole allineate a quelle dell’olio di palma in UE, i rialzi osservati su quest’ultimo mercato, a causa di prospettive di un deterioramento produttivo nel 2024, si sono automaticamente trasmesse ai prezzi dell’olio di girasole, cresciuti ai 5 porti UE del 4% tra ottobre e novembre, a livello medio. Questa congiuntura può apparire in contrasto con l’ampia offerta disponibile dell’attuale campagna, tuttavia evidenzia la forte dipendenza dell’andamento delle quotazioni degli oli vegetali dall’olio di palma. Quest’ultimo rappresenta quasi il 40% della produzione mondiale dei principali oli vegetali rispetto al solo 10% dell’olio di girasole ed è il motivo per cui eventuali tensioni sull’olio di palma possono generare importanti ripercussioni su tutto il comparto, ancor più sull’olio di girasole dato l’attuale ridotto spread con il palma.
In questo contesto si inseriscono le difficoltà a cui è soggetta l’Ucraina negli ultimi mesi. I problemi logistici hanno costituito una sfida significativa per l'industria del Paese, con un notevole aumento dei costi per il trasporto interno e una riduzione dei prezzi pagati agli agricoltori per semi oleosi e cereali. La Russia sta facendo di tutto per ridurre al minimo le esportazioni ucraine, compiendo frequenti incursioni nei porti sul Danubio di Reni e Izmail, oltre ad altre aree portuali, e posizionando mine nei pressi dei porti di Chornomorsk e Odessa. Questi fattori hanno aumentato le tariffe delle navi che caricano merci da Reni e Izmail ed hanno scoraggiato gli scali nei porti sul Mar Nero.
Tra settembre e ottobre 2023, le esportazioni ucraine di olio di girasole sono calate del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando era in vigore il Black Sea Grain Initiative. Tuttavia, è il seme di girasole ad aver osservato la riduzione più importante (-88%), a causa soprattutto dei divieti all’import imposti dai limitrofi paesi europei. A fronte dei bassi volumi di seme provenienti dall’Ucraina e i ridotti raccolti di Bulgaria e Romania, le ampie scorte dell'Unione Europea stanno progressivamente diminuendo. Nonostante gli elevati raccolti di Francia e Ungheria, questa situazione potrebbe portare a una diminuzione l’attività di crushing durante la campagna 2023/24, avviando un contestuale trend di calo nella produzione di olio di girasole ed incrementando la dipendenza dell’Unione Europa dalle importazioni di seme ed olio di girasole ucraino.
Secondo la Solvent Extractors' Association of India (SEA), ad ottobre le importazioni indiane di oli vegetali sono calate del 33% rispetto al mese precedente, con una diminuzione pari al 49% per l’olio di girasole. Tuttavia, il calo dei volumi importati negli ultimi due mesi e l’aumento dei consumi domestici hanno determinato un importante contrazione degli stock disponibili, i quali solitamente raggiungono il loro minimo di campagna a dicembre.
L’abbondante disponibilità di olio di girasole proveniente dal Mar Nero, insieme ad un significativo accumulo di scorte nei principali Paesi importatori e alla debolezza dei prezzi dell’olio di palma in Europa, stanno generando una pressione ribassista sulle quotazioni dell’olio di girasole che continuano ad essere offerte a meno di 1.000 $/t ai 5 porti UE. Tuttavia, lo sconto che si era venuto a creare sull’olio di palma durante settembre ne ha stimolato i primi rimbalzi (+2% tra settembre ed ottobre, a livello medio), riallineando le due quotazioni.
Con ampi stock accumulati e un raccolto record di seme di girasole, l’attività di crushing in Russia sta aumentando in modo significativo, stimolando le esportazioni di olio di girasole che sono attese raggiungere un livello record durante la campagna 2023/24. Per quanto ancora poco significative in termini di volumi, le esportazioni russe verso l’UE sono risultate in aumento del 200% tra settembre e metà ottobre 2023
L’Ucraina rappresenta il 90% delle importazioni UE di olio di girasole: gli arrivi in UE da questa origine risultano in crescita del +5% per lo stesso periodo di riferimento, anche se con un significativo rallentamento a partire dalla fine di settembre. Con l’arrivo dei raccolti, infatti, l’Ucraina sta riscontrando problemi logistici che stanno rallentando la produzione di olio ed il contestuale potenziale di export di olio e seme di girasole. Al momento il Paese sta favorendo il commercio di prodotti a più alto valore, quali seme di colza, tenero e mais. Inoltre, l’abbondante offerta proveniente dalla Russia sta mettendo sotto pressione i prezzi dell’olio di girasole ucraino, riducendo ulteriormente i margini di crushing, già bassi.
Nonostante i competitivi prezzi dell’olio di girasole proveniente dal Mar Nero, le ampie scorte di oli vegetali accumulate nei principali Paesi importatori ne stanno limitando la domanda. Secondo la Solvent Extractors' Association of India (SEA), in India le scorte di oli vegetali sono state stimate a 3,6 Mio t al 1° ottobre (+40% rispetto ai livelli dello scorso anno), incentivando a settembre una contrazione delle importazioni di olio di girasole del 18% rispetto al mese precedente. Tuttavia, la domanda del Paese si mantiene a livelli ancora alti, di gran lunga superiori alla media delle ultime campagne, sostenuta da elevati consumi interni e dai bassi prezzi internazionali.
L’arrivo dei nuovi raccolti continua a generare pressione ribassista sulle quotazioni dell’olio di girasole che, a livello medio, tra luglio e settembre sono calate del 14% per il grezzo quotato ai 5 porti UE e dell’8% per il raffinato quotato a Milano. Questa situazione ha ulteriormente incentivato l’ampliamento dello sconto sull’olio di soia e colza, facendo registrare quotazioni dell’olio di girasole inferiori a anche quelle dell’olio di palma. A fronte di ciò, l’olio di girasole sta ampliando le proprie quote di mercato, tanto nel settore alimentare quanto probabilmente in quello energetico, e nella seconda metà di settembre si sono osservati i primi effetti sui prezzi ai 5 Porti UE che sono rimbalzati dell’8%, riducendo il proprio sconto rispetto all’olio di palma.
Una forte pressione sulle quotazioni internazionali dell’olio di girasole è attualmente esercitata dall’offerta proveniente dall’Ucraina, dove l’attività di crushing è in aumento stagionale, e dalla Russia, dove gli stock accumulati risultano ancora elevati. Il prodotto proveniente dal Mar Nero si sta riversando verso l’Europa nord-occidentale, contribuendo alla riduzione dei margini e al rallentamento degli acquisti di seme da parte dei frantoi.
L’Ucraina ha raccolto 4 Mio t di girasole al 29 settembre (+156% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), con rese ampliamente superiori al 2022. Una forte propensione alla vendita da parte degli agricoltori ucraini verso i frantoi domestici sta sostenendo la produzione di olio di girasole del Paese. Nel mese di agosto, le esportazioni ucraine di olio di girasole hanno superato le aspettative, in aumento del 6% rispetto allo scorso anno, nonostante la conclusione degli accordi sui corridoi dal Mar Nero avvenuta il 17 luglio e gli attacchi russi a diversi porti del Paese. I flussi commerciali sono cambiati con una crescente quota di esportazioni spedite dai vicini porti sul Mar Nero in Bulgaria e Romania, attraverso il fiume Danubio o su camion o treni verso i confini occidentali e meridionali.
I prezzi competitivi dell’olio di girasole proveniente dal Mar Nero stanno favorendo un’attiva domanda da parte dei principali importatori, quali India e Cina, che rimangono esposti all’incertezza sugli effetti che El Nino potrà avere sulla produzione degli oli vegetali nazionali e del Sud-Est Asiatico. Nonostante questa dinamica stia incentivando un ampio accumulo di stock, la domanda internazionale 23/24 è prevista rimanere sostenuta dagli elevati consumi domestici.
Questi ultimi sono proiettati in aumento in UE, dove la crescita produttiva non è prevista tradursi in una contestuale riduzione delle importazioni. Infatti, l’abbondante offerta proveniente da Ucraina e Moldavia ad un prezzo competitivo favorisce i consumatori europei e l’industria alimentare, stimolandone la domanda. Allo stesso tempo, la maggiore disponibilità di prodotto dal Mar Nero è attesa limitare le esportazioni europee verso i principali mercati dell'Asia e dell'Africa, soprattutto a causa dei prezzi di esportazione più elevati dell'UE.
Sulla scia dell’inizio della raccolta di girasole in UE e un sostenuto afflusso di olio di girasole proveniente dall’Ucraina, le quotazioni europee hanno iniziato a registrare cali tra il 14% e il 10% tra l’inizio e la fine di agosto. Questa situazione ha portato ad ampliare lo sconto con l’olio di soia e di colza, il quale è cresciuto rispettivamente del 45% e del 20%, a livello medio, tra luglio e agosto. I bassi prezzi mantengono sostenuta la domanda dei Paesi importatori, che stanno aumentando le proprie scorte data l'incertezza sull’offerta di oli vegetali proveniente dal Mar Nero. A luglio le importazioni indiane di olio di girasole sono aumentate del 73% rispetto al mese precedente, raggiungendo le 330K t, il massimo degli ultimi sei mesi.
Condizioni climatiche favorevoli per lo sviluppo dei raccolti di girasole in Ucraina e Russia vanno in contrasto con i danni causati dalla siccità in Turchia, Argentina e alcuni paesi europei. Infatti, secondo USDA, il raccolto di girasole in Russia quest'anno potrebbe battere ogni record e favorire una crescita della produzione di olio di girasole del 5%. Nonostante le difficoltà causate dalla guerra, anche in Ucraina un aumento dell’attività di crushing è previsto incrementare la produzione e contestualmente le esportazioni di olio di girasole al di sopra dei livelli raggiunti nella campagna 22/23, evidenziando un’ampia offerta disponibile per l’Europa.
La siccità ha peggiorato significativamente le condizioni dei semi oleosi in UE e potrebbe compromettere l’aumento produttivo di girasole atteso per la campagna 23/24. Secondo il MARS Bulletin di agosto, diffuse precipitazione nel Centro-Nord Europa hanno favorito un miglioramento delle prospettive, soprattutto in Francia, ma la siccità ha colpito duramente paesi come Ungheria, Bulgaria e Romania e forte incertezza permane sul raccolto UE.
Precipitazioni sparse verso metà agosto hanno favorito la semina in Argentina, dopo un inizio deludente. Permane, però, una scarsa umidità del suolo che, insieme ai bassi prezzi dell'oleaginosa, è prevista causare una contrazione delle aree seminate, riducendo la produzione di seme ed olio di girasole del Paese.
La fine del Black Sea Grain Initiative ha messo in tensione le quotazioni dell’olio di girasole ai 5 porti UE, che sono cresciute del 16% dalla conclusione degli accordi sul Mar Nero il 19 luglio. Questi rialzi si sono ripercossi anche sul mercato nazionale, con i prezzi del grezzo e raffinato quotato a Milano aumentati rispettivamente del 6% e 9% tra il 18 e il 25 luglio. In seguito alla conclusione degli accordi, diversi bombardamenti sono avvenuti sulle infrastrutture portuali e sui silos di stoccaggio nei porti di Odessa, Chornomorsk e Mykolaiv, ed hanno reso pericolosa la navigazione in quelle zone. La Russia ha dichiarato che considererà ogni nave diretta in Ucraina come potenziale vettore di armamenti e, in quanto tale, possibile obiettivo militare, spingendo il Governo di Kyiv a rispondere in maniera analoga in riferimento alle navi dirette verso i porti russi sul Mar Nero.
Realisticamente, lo scenario che al momento appare più probabile è quello di un potenziamento delle vie logistiche alternative al Mar Nero, che difficilmente potranno compensare i volumi di export che non usciranno dal Mar Nero, ma che aumenteranno la pressione sui prezzi e sulla logistica dei Paesi dell'Europa orientale, che già da maggio hanno ottenuto dalla Commissione Europea di potersi limitare a garantire il transito delle merci ucraine senza che queste si fermino sul mercato locale. A fronte di ciò, i Paesi dell'Europa orientale attendono la conferma da parte della Commissione Europea dell'estensione delle misure restrittive nei confronti delle importazioni agricole ucraine fino alla fine dell'anno.
Lato meteo, in Europa la persistente siccità dell’ultimo mese potrebbero aver causato danni alle colture, soprattutto in Romania (il principale paese produttore di girasole dell'UE). Questa situazione ha portato la Commissione Europea a rivedere al ribasso le rese pubblicate nel MARS Bulletin di luglio, -5% rispetto alla media quinquennale. A fronte dell’ampliamento delle aree seminate, però, il raccolto di seme di girasole è atteso rimanere a un massimo degli ultimi dieci anni ed è previsto stimolare l’attività di crushing durante la prossima campagna, con conseguente crescita della produzione di olio.
In Russia, gli ampi stock di seme ed olio di girasole faticano ancora trovare una destinazione per l’esportazione e, insieme all’aumento produttivo atteso, sono previsti garantire un’elevata offerta durante la prossima campagna. Secondo l’Istituto per gli Studi sul Mercato Agricolo (IKAR) la produzione russa di olio di girasole 23/24 potrebbe crescere anche più di quanto attualmente previsto da USDA, con un incremento delle esportazioni del 18% (+4% secondo USDA).
La fine della Black Sea Grain Initiative, annunciata da Putin il 19 luglio, ha reso improvvisamente il mercato globale orfano delle esportazioni ucraine di cereali e altri prodotti agricoli dai porti sul Mar Nero. Nell'immediato, è prevalsa l'aspettativa che il flusso di navi commerciali potesse proseguire nonostante le mutate condizioni, salvo poi toccare con mano, già la mattina successiva, la serietà della posizione russa, testimoniata dai bombardamenti sulle infrastrutture portuali e sui silos di stoccaggio nei porti di Odessa, Chornomorsk e Mykolaiv.
Da quel punto in avanti è stata un'escalation di eventi e di retorica. La Russia ha dichiarato che considererà ogni nave diretta in Ucraina come potenziale vettore di armamenti e, in quanto tale, possibile obiettivo militare, spingendo il Governo di Kyiv a rispondere in maniera analoga in riferimento alle navi dirette verso i porti russi sul Mar Nero.
Gli attacchi aerei russi del 24 luglio contro le infrastrutture portuali sul Danubio hanno rappresentato una minaccia diretta alle rotte fluviali che nell'ultimo anno hanno permesso a Kyiv di esportare, nell'ultimo anno, 15,4 Mio t di cereali e semi oleosi, principalmente verso l'UE, mentre le esportazioni dai porti sul Mar Nero sono risultate di oltre il 100% superiori, secondo i dati della Ukrainian Grain Association.
Alla luce degli avvenimenti e delle dichiarazioni appena descritti, è possibile immaginare alcuni scenari peggiorativi rispetto alla situazione attuale, che non sono quelli più probabili ad oggi, ma che non possono nemmeno essere esclusi:
• il traffico navale sul Mar Nero potrebbe risultare compromesso anche per le navi dirette ai porti russi, privando il mercato mondiale di una cruciale via di esportazione per le merci di origine russa.
• l'Ucraina potrebbe essere messa nelle condizioni di non riuscire efficacemente ad esportare nemmeno per via fluviale, al momento la principale via logistica alternativa al Mar Nero.
Realisticamente, lo scenario che al momento appare più probabile è quello di un potenziamento delle vie logistiche alternative al Mar Nero, che difficilmente potranno compensare i volumi di export che non usciranno dal Mar Nero, ma che aumenteranno la pressione sui prezzi e sulla logistica dei Paesi dell'Europa orientale, che già da maggio hanno ottenuto dalla Commissione Europea di potersi limitare a garantire il transito delle merci ucraine senza che queste si fermino sul mercato locale. Questa prospettiva apre una serie di interrogativi che dovranno trovare risposta nelle prossime settimane:
• quanto potrà espandersi la capacità logistica, in uscita ed in entrata, lungo il Danubio e dal porto di Costanza (Romania)?
• quale posizione assumerà la Commissione Europea rispetto alle già rinnovate istanze dei cinque Paesi sul confine orientale dell'Unione, i quali stanno chiedendo che sia prorogata oltre il 15 settembre la loro facoltà di non importare merci dall'Ucraina? La posizione della Commissione è particolarmente delicata, tra le istanze dei Paesi al confine, le posizioni di chiaro sostegno all'Ucraina assunte nell'arco di questi mesi (tra cui la proroga fino a giugno 2024 dei dazi sulle importazioni di prodotto agricoli ucraini), le dichiarazioni di Zelenskiy, che invoca piuttosto lo "spirito europeo" a garanzia della libera circolazione delle merci.
Il probabile crescente afflusso di merci dall'Ucraina verso l'Est Europa richiederà una crescente capacità logistica per lo smistamento delle merci verso i Paesi più occidentali dell'UE o verso Paesi terzi. Questo potrebbe innescare effetti di congestione logistica anche su altre tratte, perché treni e camion saranno chiamati verso i confini orientali dell'Unione, causando scarsità di offerta di mezzi di trasporto merci. Per quei Paesi che, all'interno dell'UE, si pongono come importatori di prodotti agricoli, come l'Italia, questo verosimilmente si tradurrà in una logistica più costosa per le importazioni.
Resta da sottolineare come i volumi di export dall'Ucraina nel corso del prossimo anno sarebbero stati in ogni caso destinati a ridursi a causa di minore offerta, per i cali produttivi rispetto al periodo pre-bellico e perché gli ingenti volumi di stock di cereali e semi oleosi accumulati dopo lo scoppio del conflitto sono già stati esportati nell'ultimo anno, causando tra l'altro un impennata delle importazioni europee di questi prodotti. Già prima del mancato rinnovo del accordo, USDA prevedeva per il 2023/24 un calo delle esportazioni ucraine pari a -38% per il frumento tenero, -30% per il mais, -60% per il seme di girasole. Allo stesso tempo, le importazioni europee degli stessi prodotti erano previste in calo del -42% per il frumento tenero, -2% per il mais, -58% per il seme di girasole.
Sulla scia delle pessime notizie sull’andamento dei raccolti di soia in Argentina, sullo sviluppo del nuovo raccolto negli Stati Uniti e le basse aspettative sui rendimenti delle palme in Indonesia e Malesia, a rischio impatto di El Niño, le quotazioni dell’olio di soia e dell’olio di palma sono state soggette ad un’ondata di coperture sui mercati finanziari che ne hanno fatto impennare i prezzi da inizio giugno. Questo ha notevolmente incrementato la domanda per l’olio di girasole ed ha portato ad aumentare del 16% le quotazioni ai 5 porti UE nelle prime tre settimane di giugno, spingendo anche le quotazioni dell’olio di girasole quotato alla granaria di Milano al primo rialzo da mesi. Continua, inoltre, ad esserci incertezza riguardo ai corridoi sul Mar Nero che insieme alla proroga del divieto di esportazione di semi di girasole dall'Ucraina verso cinque paesi limitrofi dell'UE contribuiscono ad alimentare tensioni.
Questa primavera, gli agricoltori in Ucraina hanno privilegiato le semine di semi oleosi piuttosto che quelle di mais ed altri cereali. Secondo il Ministero dell’Agricoltura ucraino, a metà giugno le superfici seminate a girasole sono aumentate del 12% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (5,28 Mio ha vs 4,7 Mio ha). Nonostante le precipitazioni abbiano ostacolato l'inizio della semina, un periodo di siccità tra la seconda metà di maggio e i primi di giugno ha ridotto i livelli di umidità del suolo e generato condizioni di crescita sfavorevoli in alcune aree del Paese. In caso di mancanza di precipitazioni tra la seconda metà di giugno e luglio, potrebbe venir meno l’aumento produttivo di seme atteso in Ucraina, riducendo ulteriormente la potenziale offerta di olio per la prossima campagna.
Durante l’attuale campagna si è osservato un interessante cambio di direzione nei flussi commerciali extra-europei. L’India ha ridotto le sue importazioni di olio di girasole ucraino del 53% tra settembre-aprile 22/23, sostituendolo con quello proveniente da Russia (+50%) ed Unione Europea (incrementato di 10 volte). Allo stesso tempo, è importante sottolineare le esportazioni record dell’Ucraina verso la Turchia che per il medesimo periodo sono cresciute di quasi 13 volte ed hanno spiazzato in modo significativo l'olio russo su questo mercato, i cui volumi sono invece diminuiti del 79%.
Sostenute da un dazio nullo, le importazioni turche sono, infatti, incrementate del 22% tra settembre-aprile 22/23 rispetto allo stesso periodo della scorsa campagna, incentivando un forte accumulo di stock. Al fine di proteggere gli agricoltori dai bassi prezzi internazionali durante la fase di raccolta, il 1° giugno la Turchia ha reimposto un dazio sulle importazioni di olio di girasole del 36% per il grezzo e del 67,5% per il raffinato. Questo è previsto contrarre la domanda del Paese nei prossimi mesi.
Le quotazioni dell’olio di girasole in Europa continuano a rimanere sotto pressione, mostrando a livello medio un calo del 3% tra aprile e maggio, sulla scia della proroga per altri due mesi degli accordi che permettono le esportazioni ucraine da tre porti sul Mar Nero. La recente dinamica dei prezzi riflette anche un forte accumulo delle scorte mondiali di olio di girasole, che a marzo sono risultate del 19% superiori a quelle dell’anno precedente. Infatti, mentre si riducono gli stock in Ucraina, Russia, UE e India dispongono di ampi stock che in alcuni casi risultano anche difficili da gestire. Parallelamente anche la Cina sta accumulando consistenti scorte di olio di girasole. Il prezzo competitivo di quest’ultimo sta favorendo un effetto sostituzione con gli altri oli vegetali ed incentivando le importazioni di girasole del Paese, previste più che raddoppiare per l’attuale campagna rispetto alla 2021/22 e in crescita anche per la prossima, secondo USDA.
Nel frattempo, l’ampia offerta di seme in Unione Europea sta incentivando l’attività di crushing e stimolando le esportazioni in diversi Paesi, fino a raggiungere livelli record nonostante il raccolto deludente di seme dell’anno scorso. Prezzi competitivi e costi di produzione inferiori si prevedono stimolare un aumento delle aree coltivate a seme di girasole in Francia, Italia e Bulgaria, che, insieme ad un atteso aumento delle rese, potrebbero comportare un’importante crescita del raccolto in Unione Europea (+24% secondo USDA). Parallelamente, l’elevata disponibilità di seme di girasole sta riducendo le importazioni di olio dell’UE, in calo di circa il 20% tra gennaio e marzo 2023 rispetto allo stesso trimestre del 2022.
Nonostante la diminuzione della domanda da parte del più grande importatore mondiale di olio di girasole, i movimenti dai principali paesi esportatori continuano a mantenersi elevati grazie all’intensificarsi dei legami commerciali con altri partner, soprattutto in Nord Africa e nel Sud-Est Asiatico. A fronte di ciò, in aprile le esportazioni ucraine hanno raggiunto un massimo di 15 mesi e, a livello cumulato, tra gennaio-aprile 2023 risultano in crescita del 44% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, grazie ad una sostanziale ripresa dell’attività di crushing nel Paese dopo il blocco dell’industria olearia che ha seguito lo scoppio della guerra. Sostenute da un’elevata attività di crushing, anche le esportazioni dall’Argentina sono state considerevoli nel mese di aprile, in aumento del 21% e sostenute in larga parte dalla domanda indiana. La forte competitività dell’olio di girasole sta, infatti, incrementando l’interesse dell’India che ha raggiunto un massimo di 5 anni per le importazioni di olio di girasole nel mese di aprile (+68% rispetto al mese precedente e +266% rispetto all’anno scorso).
L’olio di girasole ha subito la pressione dell’elevata offerta proveniente dal Mar Nero, fino ad essere l’olio vegetale con il prezzo più competitivo nell’ultimo periodo. Questo ha generato una forte pressione sulle quotazioni nazionali del seme di girasole nei Paesi limitrofi all’Ucraina, accendendo le proteste degli agricoltori locali. Il tutto è sfociato con la decisione di alcuni Paesi dell’Est Europa di imporre unilateralmente divieti di importazione del prodotto ucraino. L’Unione Europea sta preparando un risarcimento di 100 milioni di euro per gli agricoltori di cinque Paesi confinanti con l'Ucraina e prevede di introdurre restrizioni alle importazioni di seme di girasole ucraino. Permangono poi incertezze circa il rinnovo dei corridoi dal Mar Nero soprattutto perché non è ancora chiaro se la Russia intenda prorogare l’accordo in scadenza il 18 maggio e questo sta generando ulteriori tensioni: dopo il minimo di 928 $/t toccato a fine marzo, i prezzi dell’olio di girasole ai 5 porti UE sono cresciuti del 13%.
Nel frattempo in Ucraina si mantiene elevata l’attività di crushing a marzo, superando il milione di tonnellate. Per lo stesso mese risultano in crescita anche le esportazioni di olio di girasole (+43% rispetto a febbraio), le quali sono aumentate del 50% nel primo trimestre del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, di cui 485 Kt verso l’Unione Europea (vs 436 Kt), 334 Kt verso la Turchia (vs 28 Kt) e 220 Kt verso la Cina (vs 55 Kt). Questo ha portato a contrarre le scorte del Paese che ad inizio aprile sono scese a 4,7 Mio t (-68% rispetto all’anno scorso).
Sostenuta da un raccolto record, anche in Russia l’attività di crushing rimane elevata: a febbraio la produzione di olio di girasole è cresciuta del 15% rispetto al mese precedente e da inizio campagna risulta in aumento del 19% rispetto al 2021/22. Parallelamente anche le esportazioni sono incrementate molto, sostenute da una forte domanda da parte di Cina e India, insieme a diversi Paesi del Medio Oriente ed Africa. Nonostante la diminuzione del 5% delle superfici a girasole proiettata dal Ministero dell’Agricoltura russo per il 2023, fonti locali prevedono anche per la prossima campagna un raccolto elevato che potrebbe raggiungere le 16 Mio t.
Tra luglio 2022 e marzo 2023, secondo la Commissione Europea, i Paesi membri hanno ridotto le importazioni di olio di girasole dell'11% rispetto all'anno precedente, raggiungendo quota 1,3 Mio t. Nel periodo in esame, l'Ucraina ha consegnato 1,16 Mio t in UE (-10% su base annua) ed ha rappresentato circa l'89% delle importazioni dei Paesi dell'UE (85% nella scorsa campagna). L'elevata importazione di semi di girasole (principalmente di origine ucraina) da parte dei Paesi dell'UE è stata una delle ragioni principali della riduzione dei volumi di acquisto, che ha contribuito a un aumento del carico delle imprese di trasformazione europee e a un incremento dell'offerta di olio di girasole di propria produzione sui mercati nazionali. Vale la pena notare che per lo stesso periodo, l'esportazione di olio di girasole dall'Unione Europea è raddoppiata rispetto all'anno precedente, raggiungendo più di 870 Kt.
La forte pressione dell’export russo e ucraino insieme ad un’ampia offerta di olio di girasole e colza in Europa ha generato importanti cali: -9% a livello medio tra febbraio e marzo sulle diverse piazze. In particolare, i produttori di olio di girasole in Ucraina sono decisi a massimizzare le vendite nel breve termine ed insieme hanno aggredito molto il mercato nell’ultimo periodo. A questo si aggiungono gli alti stock in UE, Russia, India e Turchia che stanno generando un’ulteriore pressione sui prezzi.
Nella prima metà del 2022/23, il volume di lavorazione dei semi di girasole in Ucraina è stato il più basso delle ultime 8 campagne, mentre l'export di seme ha raggiunto un nuovo massimo storico, pari a 1,54 Mio t, quasi l’80% diretto verso l’UE con Bulgaria e Romania le principali destinazioni. Secondo le stime preliminari di APK, a febbraio l’attività di crushing dell’Ucraina è cresciuta solo del 2% rispetto a gennaio, il quale ha registrato il volume mensile più basso dell’attuale campagna. Il Ministero dell’Agricoltura ucraino ha, inoltre, fornito una prima previsione delle aree seminate per il raccolto 2023, proiettando un aumento del 9% delle superfici seminate a girasole.
Secondo i dati pubblicati da Rosstat, il raccolto 2022 in Russia è terminato in aumento del 4,5% rispetto all’anno scorso (16,4 Mio t vs 15,7 Mio t), dato rivisto in crescita dalle 14,5 Mio t stimate a fine gennaio e 400 Kt superiore alla stima di marzo di USDA. Dal 2017 al 2022, le aree coltivate a girasole in Russia hanno visto un incremento del 26%. Tale sviluppo difficilmente continuerà nei prossimi anni; ci sono più presupposti per una possibile riduzione dei raccolti fino ad un massimo del 5-10%. Le scorte di seme sono a livelli record, le fabbriche non acquistano più e per tale motivo il prezzo del seme di girasole russo è passato da 30 a 20 mila rubli per tonnellata nelle ultime 2-3 settimane, costringendo gli agricoltori russi a vendere al costo di produzione o addirittura in perdita. Il governo sta discutendo un'altra misura per sostenere il mercato: un acquisto aggiuntivo per il fondo di intervento di 7 Mio t in aggiunta ai 3 Mio t di riserve già esistenti. Ma un tale acquisto non può essere effettuato in tempi brevi e permane il problema di dove stoccare questi volumi. Nei magazzini le scorte sono già una volta e mezza superiori a quelle dell'anno scorso e questi devono essere liberati per il nuovo raccolto.
Finora le importazioni di olio di girasole sono cresciute sensibilmente nei principali Paesi importatori con alcuni cambiamenti sui flussi commerciali causati dalla guerra. Nei primi cinque mesi dell’attuale campagna la Cina ha ridotto le importazioni dall’Ucraina del 34%, mentre sono più che quadruplicate dalla Russia. Analogamente l’India ha dimezzato le sue importazioni dall’Ucraina, ma queste ultime sono state più che compensate dagli ampi volumi provenienti dalla Russia (+170% rispetto al 2021/22).
La competitività dell’olio di girasole rispetto agli altri mercati è aumentata molto nelle ultime settimane con prezzi in calo a livello medio del 4-6% tra gennaio e febbraio. Lo sconto sulle quotazioni dell’olio di soia si è allargato, mentre è diminuito il premio sull’olio di palma. Durante il mese di febbraio i prezzi sono stati sotto pressione a causa dei terremoti in Turchia che hanno impedito le importazioni di un Paese chiave per il commercio di olio di girasole e degli elevati stock accumulati in UE e sul Mar Nero, ma verso metà febbraio le quotazioni sono rimbalzate sulla scia degli importanti aumenti dei prezzi all’origine dell’olio di palma.
Le scorte di seme in Russia hanno raggiunto un livello record ad inizio febbraio, superiori del 35% rispetto all'anno scorso secondo Rosstat. Dal 1° marzo il Ministero dell’Agricoltura russo aumenterà il dazio all'export sull'olio di girasole a 2.068 rubli per tonnellata, dopo cinque mesi in cui era a zero. Questo non dovrebbe creare problemi alle esportazioni della Russia che per l’attuale stagione è prevista diventare il più grande esportatore mondiale di olio di girasole, per la prima volta nella sua storia. Le spedizioni sono previste in aumento del 24% rispetto alla scorsa stagione, a quota 3,9 Mio t, sullo sfondo di un notevole aumento delle capacità di lavorazione dei semi oleosi in tutto il Paese. Da inizio campagna a gennaio, il crushing in Russia è aumentato del 12% rispetto allo stesso periodo del 2021/22 e rimarrà probabilmente sopra ai livelli dell’anno scorso per tutto il resto della campagna.
Prima dell'anno scorso, l'Ucraina forniva fino alla metà del volume commerciale internazionale, con gran parte di esso destinato ai principali consumatori di olio vegetale come l'India e i membri dell'Unione Europea. A seguito dell'invasione della Russia, l'Ucraina ha notevolmente ridotto la produzione e la lavorazione del girasole. A fronte di ciò, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha emesso il 14 febbraio 2023 un prestito di 90 milioni di dollari all’Ucraina con lo scopo di mantenere il reddito dei dipendenti e dei fornitori di semi oleosi.
Nell'emisfero meridionale, procede bene la fase di raccolta per il 4° Paese esportatore di olio di girasole al mondo che si attende determinare il 10% dell’export globale nell’attuale campagna. Il raccolto in Argentina è stato ufficialmente stimato come completato per il 25% al 23 febbraio (vs 24% la scorsa stagione). Nella provincia di Buenos Aires, in cui sono seminate più della metà delle superfici di girasole del Paese, sono state registrate notevoli quantità di precipitazioni nella parte sud-orientale, mentre più occasionali nelle restanti aree. Si è verificato anche un significativo abbassamento della temperatura che ha causato situazioni di gelo in diverse regioni della provincia, ma non sono stati registrati danni significativi. Con una resa media di 2 t/ha, la raccolta risulta quasi completata nella provincia di Santa Fe, la seconda con più superfici seminate a girasole dopo Buenos Aires.
Nonostante alcuni default segnalati dagli importatori turchi in seguito alla catastrofe che ha colpito il Paese, al momento il ruolo della Turchia di fulcro nevralgico per il commercio di olio di girasole non sembra essere stato intaccato. Il 24 febbraio il TMO ha concluso una gara d'appalto per l'acquisto di 48K t di olio di girasole russo non raffinato al prezzo di 1.159-1.174 $/t C&F, ma ha recentemente annullato l’ordine dando come motivazione l’elevato prezzo, anche se la GASC egiziana ha acquistato contemporaneamente una partita di olio di girasole al prezzo di 1.170 $/t C&F.
Nel rapporto di gennaio, USDA ha lasciato invariata la stima di produzione 2022/23 di olio e seme di girasole in Russia, nonostante le agenzie russe riferiscano che più di 1,3 Mio ha di girasole non sono stati raccolti a causa delle piogge autunnali nel Paese. Anche se sarà possibile raccoglierli in primavera, la qualità dei semi non sarà molto probabilmente all'altezza dei requisiti richiesti.
Per l'Ucraina, la stima di produzione di seme è rimasta invariata a 10 Mio t, mentre sono state aumentate le proiezioni del crushing e della produzione di olio rispettivamente di 500 Kt e 215 Kt. Sebbene anche le esportazioni siano state riviste in aumento, a fronte degli elevati livelli di export registrati negli ultimi mesi del 2022, le spedizioni di olio di girasole si sono dimezzate nel nuovo anno per gli elevati stock accumulati nei principali paesi importatori: mentre nei 18 giorni di dicembre erano pari a 303 Kt, per lo stesso periodo di gennaio sono scese a 148 Kt. Per quanto riguarda la prossima campagna, UkrAgroConsult prevede un aumento delle aree seminate a girasole in Ucraina del 10%, trainate dal continuo funzionamento dei frantoi nelle regioni centrali e meridionali del Paese.
L’UE è diventata un grande esportatore di olio di girasole nell’ultimo periodo, grazie all’elevato aumento delle importazioni di seme e dell’attività di crushing. Infatti, le importazioni di seme sono aumentate del 400% a novembre rispetto ad un anno prima e sono più che quintuplicate tra gennaio e novembre 2022, con origine prevalentemente dall’Ucraina (76%) e dalla Moldavia (16%). A fronte di ciò e dei vantaggiosi margini di crushing, la lavorazione dei semi è giunta quasi al limite delle proprie capacità in Europa. Anche le importazioni di olio di girasole sono cresciute, aumentando del 21% tra gennaio e novembre rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo, le esportazioni sono aumentate di oltre il 40% e sono più che triplicate nel mese di dicembre rispetto all’anno precedente per l’elevata domanda indiana.
A fronte di un aumento della stima delle superfici seminate, USDA ha aumentato le previsioni per il raccolto 2022/23 in Argentina di 0,4 Mio t a 4,6 Mio t (+14% rispetto al 2021/22) e il crush è ora previsto a 3,8 Mio t (+7% rispetto 2021/22). Nelle ultime due settimane, le quotazioni dell’olio di girasole in Argentina stanno subendo la pressione del nuovo raccolto. Al 13 gennaio, la raccolta risulta conclusa nel 14% delle aree seminate (contro il 15% dell’anno prima), ma le rese non si sono rivelate all’altezza delle aspettative.
Gli acquisti da parte della Turchia sono aumentati molto da quando il governo ha ridotto i dazi sulle importazioni ad inizio anno. Il Paese sta diventando un mercato in crescita per il commercio di olio di girasole. Verso metà gennaio, l'agenzia turca TMO ha acquistato 24 Kt di olio di girasole in una gara d'appalto con consegna tra il 20 febbraio e il 20 marzo a un prezzo di 1.219-1.228 $/t CFR, superiore del 7% rispetto al prezzo di acquisto della precedente asta di fine dicembre. Secondo fonti turche del mercato, dall'inizio dell'anno il Paese ha già acquistato quasi 150 Kt di olio di girasole e la consegna dei prodotti è prevista per il primo trimestre 2023.
Insieme alla Turchia anche l’Iran ha ridotto il dazio sulle importazioni degli oli vegetali (da 9% all’1%) con lo scopo di rendere i prodotti più accessibili ai consumatori.
Con il mercato europeo che sta ancora digerendo l’ampia disponibilità di girasole, al momento l’olio di girasole proveniente dal Mar Nero sta cercando di aumentare le proprie quote di mercato nel Sud-est asiatico, nel vicino Oriente e in Nord Africa. La bassa domanda sta mettendo sotto pressione i prezzi, sia inEuropa orientale che in l'Ucraina. Secondo alcune fonti, il mercato dell'olio di girasole è sceso a 1120-1180 $/t DAP al confine con Polonia e Bulgaria. Accanto a questi cali di prezzo, tuttavia, si evidenzia il deterioramento delle prospettive di produzione di seme in Russia, dove a causa di un autunno insolitamente piovoso la previsione delle superfici raccolte è in diminuzione, anche se rimane confermata la produzione record del Paese.
Si segnala un aumento dell’attività di crushing in Russia. Nel mese di novembre le esportazioni ucraine hanno raggiunto quota 471 Kt (+9% rispetto al mese precedente): l’andamento dell’export suggerisce che l’attività di crushing in Ucraina stia superando le aspettative negli ultimi mesi. Per dicembre è comunque atteso un considerevole rallentamento dei processi di lavorazione.
Il Mid Term Outlook della Commissione UE ha evidenziato come il forte aumento della superficie coltivata a girasole, soprattutto nel 2022, sia un fenomeno di breve termine dovuto all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e alle politiche associate nell'UE, come la deroga per consentire la coltivazione su terreni incolti. Nei prossimi 10 anni, la Commissione Europea si attende un incremento delle importazioni di olio di girasole da 1,1 Mio t nel 2020-2022 a 2 Mio t nel 2023, stimolati da una crescita attesa dei consumi del 27,5% per il medesimo periodo. Nonostante un lieve calo dell’attività di crushing di semi oleosi proiettato in UE da una media di 46,6 Mio t nel 2020-2022 a 46,2 Mio t nel 2032, per lo stesso periodo il crushing di seme di girasole è previsto crescere del 10,9%.
L’attività di crushing in Ucraina sta rallentando ultimamente per la mancanza di energia causata dagli attacchi missilistici russi. Gli impianti di essiccazione non possono essere utilizzati in molti luoghi ed è rallentato il ritmo delle esportazioni. La mancanza di energia continuerà ad influenzare l'attività industriale anche nei prossimi mesi e questo potrebbe portare ad una minore trasformazione domestica con conseguente aumento dell’export di seme. Secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura ucraino, le esportazioni di olio di girasole a novembre hanno raggiunto quota 307 Kt (-29% rispetto ad ottobre).
Nonostante il calo della produzione atteso in Ucraina, si prospettano produzioni ai massimi storici in diversi Paesi del mondo, in primis Argentina, Turchia e Russia. Per quest’ultima alcune fonti riferiscono di una produzione in considerevole crescita a quota 6,7 Mio t (vs 6,2 Mio t previsti da USDA). Le esportazioni russe sono aumentate notevolmente nell’ultimo trimestre e questo si riflette nella recente debolezza delle quotazioni nell’area del Mar Nero. I prezzi dell'olio di girasole ucraino per le consegne ai porti bulgari sono diminuiti di 10-20 $/t a 1220-1230 $/t DAP, ma la domanda è molto bassa perché i trasformatori spediscono solo i loro prodotti e non acquistano da altri fornitori.
In Europa il mercato food continua a gestire inusuali elevati livelli di stock di olio di girasole, riducendo la domanda di olio di colza ed altri competitor. Le importazioni di seme e l’attività di crushing da parte dell’UE hanno ultimamente superato le aspettative. Secondo alcune fonti, il crushing potrebbe raggiungere un nuovo record tra agosto e dicembre, aumentando del 13% rispetto lo stesso periodo dello scorso anno. Gli stock record disponibili ad inizio campagna, il raccolto di agosto-settembre e le numerose spedizioni da parte dell’Ucraina hanno generato un’elevata disponibilità di seme in Unione Europea, che insieme agli elevati margini ha incentivato recentemente l’attività di crushing. Con il mercato europeo ben fornito, l’olio di girasole proveniente dal Mar Nero risulta in concorrenza con l’olio di palma per la domanda di Nord Africa e Asia.
I prezzi dell'olio di girasole sul mercato europeo stanno attraversando una fase di rimbalzo da fine settembre, con un aumento del 4,5% registrato su base mensile da inizio ottobre. Come evidenziato in precedenza, il mercato dell'olio e semi di girasole è ancora fortemente esposto alle incertezze rispetto all'evoluzione della guerra in Ucraina.
L'offerta di olio di girasole sul mercato europeo dipende in larga misura dalle importazioni di semi e olio dal bacino del Mar Nero. Nonostante un calo del 5% della produzione europea di semi di girasole a causa della siccità estiva, si prevede un aumento della frantumazione nel continente, grazie alle importazioni di semi da Ucraina e Moldova. Le nuove rotte fluviali lungo il Danubio hanno consentito ai trasformatori europei di offrire sul mercato volumi inaspettati di olio di girasole, nonostante la crisi ucraina che aveva causato l'interruzione dell'attività dell'industria olearia del Paese e l'interruzione delle esportazioni di olio dai porti del Mar Nero.
Le crescenti importazioni di semi di girasole dall'Ucraina ai paesi dell'Europa orientale hanno generato pressioni sui prezzi interni, nonostante raccolti inferiori alle attese. I produttori locali in Bulgaria hanno espresso preoccupazione per l'aumento di importazioni competitive in termini di prezzo. Attualmente, gli agricoltori fanno ritenzione dell'offerta di semi oleosi a causa del recente indebolimento delle quotazioni dei semi di girasole, con aspettativa di migliori offerte da parte dei trader nei mesi a venire.
Alla fine dell'estate, l'industria olearia ucraina ha ripreso la sua operatività, fino al punto di rendere disponibili per l'esportazione 0,5 Mio t di olio di girasole in settembre, che sono state imbarcate dai porti del Mar Nero grazie all'accordo stipulato tra la Russia e l'ONU lo scorso luglio. Da inizio ottobre, però, cresce l'incertezza sulle possibilità di rinnovo dell'accordo dopo la naturale scadenza del 19 novembre. Allo stesso tempo, i bombardamenti russi sulle infrastrutture ucraine hanno interrotto la fornitura di energia elettrica in molte parti del Paese, pregiudicando il funzionamento degli impianti di lavorazione dei semi oleosi.
In questo contesto già volatile e incerto, anche il recente rimbalzo dei prezzi dell'olio di palma ha spinto i prezzi dell'olio di girasole a seguire il trend rialzista.
La raccolta di girasole in Russia sta generando una produzione record, ma sarà la politica di vendita a determinare i livelli di crushing e offerta di olio di girasole del Paese. Inoltre, la misura con cui il governo russo continua a controllare le esportazioni attraverso i dazi avrà un peso importante sul raggiungimento di una produzione all'altezza del potenziale. La produzione di olio di girasole in Ucraina è, invece, prevista proseguire il trend ribassista degli ultimi due anni con un calo atteso del 12% per la campagna 2022/23. Nonostante le basse rese attese per il raccolto di seme, per l’Unione Europea si prevede un incremento della produzione di olio di girasole (+2%) .
L’export russo si proietta in aumento sotto l’ipotesi di limitate restrizioni alle spedizioni, al fine di incentivare la vendita dell’imminente abbondante raccolto di seme di girasole. L’export ucraino è cresciuto rapidamente tra luglio e settembre rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, grazie allo sfruttamento del traffico fluviale e ferroviario, nonché alla ripresa delle spedizioni di merci attraverso i corridoi commerciali del Mar Nero. L’andamento delle esportazioni del Paese dipenderà molto dall’eventuale rinnovo dell’accordo relativo ai corridoi commerciali, soprattutto a seguito delle ultime dichiarazioni di Putin in merito.
Secondo quanto riportato da Oil World, nel mese di agosto l’India ha registrato un forte aumento delle importazioni provenienti dalla Russia e in settembre le spedizioni di olio di girasole dall’Ucraina sono previste in aumento di 80-90 kt. Questi dati supportano le aspettative di una crescita pronunciata delle importazioni indiane per la campagna 2022/23. Similmente ci si attende anche una ripresa della domanda cinese sotto l’ipotesi della conclusione per il 2023 della politica zero-Covid del Paese. Al contrario, nonostante un forte aumento delle importazioni turche durante la campagna 2021/22, si attesta un cambio di marcia nella prossima campagna a seguito dell’elevato raccolto atteso del Paese e le restrizioni vigenti: il governo turco ha incrementato le tasse sull’importazione di olio di girasole al 10%.
Nonostante i danni della siccità sulle rese europee, l’arrivo del nuovo raccolto di semi oleosi nell’emisfero nord sta determinando cali delle quotazioni sul mercato europeo, in diminuzione di circa il 13% tra agosto e settembre ai 5 porti UE.
Le basse rese attese in Europa per il seme di girasole a causa della siccità sono in contrasto con il raccolto eccezionale previsto in Russia. Prendendo in considerazione anche gli elevati stock ucraini, la prossima campagna si prevede garantire un’ampia offerta di semi di girasole. In quale misura questa offerta possa essere trasformata e resa disponibile per produrre olio di girasole sono tuttora oggetto di grandi incertezze.
Nel corso dell’attuale campagna il mercato globale ha trovato il modo di far fronte all’interruzione del flusso commerciale dei carichi di olio di girasole provenienti dall’Ucraina. Tra aprile e giugno 2022 le esportazioni ucraine hanno toccato solo la metà del livello raggiunto l’anno precedente, ma grazie alle nuove rotte stabilite attraverso il confine occidentale le esportazioni di luglio sono risultate in linea con quelle dell’anno precedente. Per innescare una ripresa della domanda, tuttavia, sono stati necessari gli importanti cali di prezzo che, dopo il picco di marzo 2022, hanno fatto guadagnare nuova competitività all’olio di girasole rispetto all’olio di soia e di colza.
I flussi commerciali dell’olio di girasole sono cambiati molto negli ultimi mesi come risultato della guerra in Ucraina. Mentre le esportazioni ucraine in Europa si sono rivelate più elevate del previsto, diversi Paesi importatori in Asia, Medio Oriente e Nord Africa si sono spostati verso l’olio di girasole russo e argentino.
I prezzi dell’olio di girasole attraversano attualmente una fase di maggiore stabilità. I cali sono stati frenati dalla ripresa della domanda, insieme ad una fase di rimbalzo delle quotazioni di altri oli, come palma e soia.
La straordinaria inversione di tendenza dei prezzi dell'olio di palma negli ultimi due mesi si è allargata al mercato dell'olio di girasole per effetto sostituzione. I recenti record di prezzo hanno causato un razionamento della domanda nel settore degli oli vegetali, ma ora gli importatori potrebbero essere stimolati a tornare sul mercato. La prospettiva di un forte calo della produzione ucraina sarà in parte controbilanciata da raccolti più abbondanti che sono previsti per Argentina e Turchia.
Le scorte ucraine di semi di girasole sono abbondanti e sono ancora un fattore da tenere d'occhio. Se l'industria olearia del Paese riuscirà a riprendere l'attività, la produzione mondiale di olio di girasole potrebbe addirittura aumentare durante la prossima campagna, nonostante il calo del 46% della produzione ucraina di semi di girasole prevista per l'autunno.
In Europa la produzione di seme è prevista aumentare leggermente rispetto allo scorso anno, ma l'impatto dell'attuale grave siccità deve essere valutato tra poche settimane, sotto raccolta.
Eventuali ulteriori fattori che mettano a rischio la produzione di olio di girasole per la prossima campagna potrebbero potenzialmente avere un forte impatto sui prezzi. L'attuale interruzione dell'attività degli oleifici in Ucraina è evidentemente un forte fattore di rischio. Se l'offerta di olio di girasole dall'Ucraina continuerà ad essere così limitata, sarà necessario che vengano esportati volumi aggiuntivi di seme di girasole in Europa e Turchia. Anche i colloqui in corso per sbloccare i porti marittimi ucraini sono una questione chiave che deve essere monitorata.
È proseguito il trend di ribasso dei prezzi dell'olio di girasole, trainato da un rallentamento della domanda e dall'inaspettato aumento dell'offerta di semi di girasole dall'Ucraina, insieme al generale andamento al ribasso dei prezzi degli oli vegetali nell'ultimo mese. Tuttavia, a livello globale, l'offerta di olio di girasole che potrebbe provenire da Russia e Argentina non sarà sufficiente ad alleviare la carenza di approvvigionamento dall'Ucraina.
Né la maggiore produzione dell'UE né le maggiori importazioni di semi di girasole renderanno l'UE meno dipendente dalle importazioni di olio di girasole. L'UE importa oltre il 30% dei volumi di olio di girasole consumati. Di questi, più del 50% di solito proviene dall'Ucraina.
La pressione attuale è considerata temporanea. La situazione di questo mercato sta cambiando rapidamente. La riapertura dei porti del Mar Nero e la ripresa della lavorazione dei semi di girasole in Ucraina sarebbero la chiave per un ulteriore riduzione sostanziale dei prezzi. Ma per il momento si ritiene che il recente calo dei prezzi sia sufficiente per rilanciare la domanda.
I prezzi dell'olio di girasole grezzo nell'Europa nord-occidentale sono leggermente diminuiti, a causa di una rinnovata disponibilità del prodotto e di una temporanea battuta d'arresto della domanda, causata dal fatto che l'industria alimentare europea ha in parte sostituito l'olio di girasole acquistando oli vegetali alternativi subito dopo l'invasione russa dell'Ucraina.
I flussi commerciali sono in parte in ripresa dall'Ucraina, anche se sono ancora nettamente al di sotto del livello dell'anno scorso: secondo il ministero dell'Agricoltura ucraino, ad aprile le esportazioni di olio di girasole hanno totalizzato 130mila t contro le 391mila dell'anno prima.
Mentre ci avviciniamo alla fine delle semine, gli ettari seminati in Ucraina hanno raggiunto i 4,3 milioni contro un obiettivo di 5 milioni e 6,5 milioni seminati lo scorso anno, secondo l'Associazione cerealicola ucraina.
Nell'UE, il potenziale di produzione di semi di girasole è maggiore rispetto allo scorso anno, grazie a superfici più elevate e rese potenziali più elevate (MARS Bulletin).
Il prossimo raccolto europeo di girasole aumenterà l'offerta sul mercato, ma va sottolineato che l'UE è importatore netto di olio di girasole, nonostante la produzione interna di semi. Per questo motivo, si consiglia di assicurarsi la fornitura di olio di girasole europeo il prima possibile per la prossima campagna.
Le quotazioni dell’olio di girasole sono oramai stabili da circa un mese, dopo che il conflitto li ha fatti schizzare alle stelle. Restano comunque livelli record.
Il conflitto ha compromesso fortemente la capacità di esportare e di produrre del primo player mondiale: l’Ucraina.
Prima che il conflitto scoppiasse, USDA prevedeva una produzione 2021/22 record di 7,3 Mio t (+23% vs. 2020/21), mentre adesso con la guerra in atto, le attese sono calate di più di 1,5 Mio t. Di fatto è previsto un calo del 4% rispetto alla disastrosa campagna 2020/21, dove fu la siccità ad arrecare i danni alle colture primaverili.
Per quanto riguarda le semine della campagna 2022/23 in Ucraina, la situazione non appare migliore. Secondo una fonte locale, ad oggi sono stati seminati 896 k ha a girasole, ovvero il 13,8% del totale, previsto a 6,5 Mio ha (-9% rispetto all’anno scorso).
A livello comunitario, le superfici seminate a girasole sono previste in aumento del 4% secondo l’ultima stima della Commissione, stimolate da prezzi decisamente allettanti per gli agricoltori. Anche in Italia le superfici sono previste in crescita del 4%.
Con la chiusura dei porti Ucraini e le sanzioni alla Russia, l’export di seme e olio di girasole è virtualmente azzerato. Ricordiamo che circa l’80% dei volumi esportati (sia di seme che di olio) a livello mondiale proviene dai due paesi protagonisti del conflitto armato.
Nelle settimane successive all’offensiva russa non si erano registrati scambi significativi di olio di girasole, perciò non vi erano quotazioni. Inoltre, molti operatori hanno disatteso i contratti di fornitura lasciando scoperte molte aziende dell’ industria alimentare, che si sono trovate a dover ricorrere ad oli alternativi come quello di colza e di soia. Il listino di Milano ancora non è tornato a quotare l’olio di girasole.
Nella seconda metà di marzo sono stati registrati i primi prezzi di olio di girasole, segnando un + 100% dallo scoppio della guerra in Ucraina. Infatti, le prime quotazioni si aggiravano intorno ai 3.000 $/t ai 5 Porti UE. Inevitabilmente, il razionamento della domanda e l’utilizzo di oli alternativi hanno portato ad un ridimensionamento dei prezzi, ma senza ristabilire i livelli prebellici. L’olio di girasole sembra destinato a restare a premio sull’olio di soia e di colza.
Lato fondamentali, in marzo USDA, rispetto alla previsione di febbraio, ha rivisto a ribasso la produzione e le esportazioni ucraine di olio di girasole, rispettivamente del 12% e del 14%.
Si hanno notizie di un parziale ripristino dei flussi commerciali dall’Ucraina attraverso la Romania e poi via mare, oppure attraverso il Danubio. Restano tuttavia insufficienti a sopperire alla carenza di olio di girasole che si sta generando in UE.
Sono in dubbio anche le semine primaverili. Analisti locali parlano di un -40% rispetto al potenziale massimo. Il Governo Ucraino ha garantito il massimo sforzo per approvvigionare gli agricoltori di tutti gli input necessari alla semina.
Segnaliamo che Coceral ha pubblicato le prime previsioni di semina primaverile 2022 limitatamente all’Unione Europea, prevedendo una stagnazione nelle superfici ed un calo produttivo del 6%.
Le esportazioni di olio e seme di girasole dall’Ucraina sono sostanzialmente in una fase di stallo, specialmente quelle via mare. Il Mar Nero risulta interdetto alla navigazione di navi commerciali. Ricordiamo che l’80 % delle esportazioni di olio di girasole (ed anche di seme) provengono dalla Russia e dall’Ucraina, transitando per lo più dal Mar Nero.
Le quotazioni dell’olio di girasole europee, dopo l’inizio del conflitto, sono entrate in forte tensione, tornando ai livelli di maggio 2021 e sfiorando i 1.600 $/t. Tuttavia, tale livello di prezzi ancora non rispecchia un punto di equilibrio, in quanto un mercato fisico richiede più tempo per incorporare gli shock del mercato. Diversamente i mercati finanziari, molto più liquidi, hanno risposto in modo brusco, già dalle prime notizie dell’offensiva russa.
Infatti, il prezzo finanziario dell’olio di palma ha reagito immediatamente alla notizia dell’offensiva (23 febbraio). In pochi giorni i futures (Bursa Malaysia) hanno guadagnato il 25%, spinti anche da una decisiva componente speculativa. Le attese degli operatori del mercato sono per una domanda di oli vegetali che si sposterà sull’olio di palma (e di soia) per sopperire all’imminente ammanco di olio di girasole, di cui Russia e Ucraina sono i primi produttori ed esportatori.
Aggiornamento del 2 marzo:
L’evoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina continua a trasmettere volatilità rialzista al comparto oli vegetali, già messo a dura prova da questioni di fondamentali e di policy. A guidare i rialzi dell’ultima settimana è il rallentamento dell’offerta di olio e seme di girasole, di cui Russia e Ucraina sono i principali esportatori (80% dell'export mondiale). Le tensioni, per effetto sostituzione, si trasmettono a tutto il comparto degli oli vegetali, a partire dal soia e dal palma. Da segnalare anche l’effetto spillover derivante dal comparto energetico. Il petrolio, di cui la Russia è un importante produttore ed esportatore, continua nel suo rally, con il WTI che ha toccato quota 108 $/bbl, i massimi dal 2013 e +18% dallo scoppio del conflitto.
Nell’ultima settimana il prezzo dell'olio di girasole è aumentato del 4%, toccando i massimi dal maggio scorso.
Nel breve periodo, una forte volatilità è destinata a permanere, dato il clima di grande incertezza che favorisce anche la componente speculativa. Sul medio-lungo periodo, determinante sarà l’evoluzione del conflitto e gli effetti sui fondamentali, che continueremo a monitorare.
Nella seconda metà di febbraio, le quotazioni europee dell’olio di girasole (5 porti UE) sono tornate a crescere, dopo una leggera frenata ad inizio mese. Il prezzo ha raggiunto nuovamente i livelli del maggio scorso, registrando un aumento del 9% da inizio campagna 2021/22. I prezzi nelle piazze del Mar Nero ed in quella di Milano hanno registrato un andamento del tutto paragonabile.
Il principale driver di tali rialzi è il prezzo dell’olio di palma, che ha battuto il nuovo record di 6.177 ringgit a tonnellata. Le ragioni sono la scarsità dell’offerta, per la stagionalità delle produzioni, ed una domanda di oli vegetali ancora molto attiva, nonostante il livello dei prezzi che non ha precedenti. Ne è prova il premio dell’olio di girasole rispetto al palma, che ha raggiunto valori minimi nell’ordine di una dozzina di euro nell’ultima settimana.
A ciò si aggiunge anche il dazio alle esportazioni russe di olio di girasole (251,40 $/t in febbraio), che potrebbe rallentare future rapide discese di prezzo.
Se analizzassimo esclusivamente i fondamentali dell’olio di girasole, non vi sarebbe ragione di un tale livello delle quotazioni.
Infatti, secondo i dati di USDA, vista la maggiore disponibilità di seme, in Russia, Ucraina ed UE, la produzione di olio di girasole cumulata (il 76% della produzione mondiale) raggiungerà il livello record di 17 Mio t (+18% rispetto al 2020/21).
Anticipazioni ISTAT per la campagna 2022/23: in Italia si prevede un calo delle superfici a girasole del 6,8% rispetto alla campagna corrente.
Le quotazioni europee di olio di girasole (media ai 5 porti UE) da inizio campagna (01/10/2021) ad oggi (26/01/2022) sono sostanzialmente rimasti invariati intorno ai 1.400 $/t. I prezzi nelle piazze del Mar Nero ed in quella di Milano hanno registrato un andamento del tutto paragonabile.
Tuttavia, in pochi riconoscono che tale livello dei prezzi rispecchi la situazione dei fondamentali, che risulta solida.
Infatti, USDA, nel suo ultimo report, ha confermato una previsione produttiva in UE a 3,9 Mio t, che salgono a 5,8 per la Russia, per entrambi risulta un record storico. Anche per l’Ucraina è previsto un forte aumento della produzione di olio di girasole (+14% vs. 2020/21), leggermente inferiore al livello record del 2019/20.
Ucraina, Russia e Unione Europea risultano i primi tre produttori di olio e seme di girasole ed in tutti e tre i paesi sono previsti forti incrementi di produzione. Infatti, l’offerta 2021/22 a livello globale è prevista in aumento del 10% rispetto alla scorsa campagna.
Nonostante il mercato mondiale sia ben approvvigionato, due fattori contribuiscono ancora a mantenere i prezzi in tensione:
Il prezzo medio dell’olio di girasole in dicembre è calato del 2,3% rispetto a novembre. Risulterebbe il secondo mese consecutivo di cali, seppur poco rilevanti se paragonati agli aumenti della scorsa campagna. Nello stesso periodo (nov.-dic.), cali più decisi si sono registrati sul prodotto ucraino, dove il prezzo è diminuito del 4%.
Nonostante la solidità dei fondamentali del mercato del seme (produzioni record in Russia, Ucraina e UE) e dell’olio di girasole, le quotazioni non hanno mostrato soltanto minimi segni di cedimento. Ciò è dovuto in parte alle tensioni generalizzate nel comparto degli oli vegetali ed in parte alla riluttanza degli agricoltori a vendere seme di girasole, nell’attesa di ulteriori aumenti e per ricostituire le scorte dopo una campagna 2020/21 deludente.
Il comparto degli oli vegetali sta attraversando un periodo di forti tensioni, guidate dal prezzo del palma. Infatti in Malesia, sede della borsa finanziaria Bursa Malaysia, alla scarsità di manodopera si sono aggiunte condizioni meteo avverse (piogge torrenziali, allagamenti e basse temperature), compromettendo, seppur temporaneamente, la capacità produttiva del paese.
Inoltre in Russia e più in generale nell’area del Mar Nero, da una parte gli agricoltori stanno mostrando la tendenza allo stoccaggio di seme di girasole (per effetto del dazio all’export russo del 50%) e dall’altra l’industria preferisce produrre ed esportare olio di soia e di colza, in quanto merci più remunerative, poiché non gravate dal dazio all’export russo (280.80 $/t in gennaio).
Tuttavia, i bilanci 2021/22 di USDA parlano chiaro e mostrano una situazione che non rispecchia il livello attuale dei prezzi:
Ucraina: previsto un rimbalzo produttivo del 23% rispetto al 2020/21.
Russia: previsto un rimbalzo produttivo del 14% rispetto al 2020/21, al livello record di 5,8 Mio t.
UE: previsto un rimbalzo produttivo dell’11% rispetto al 2020/21, al livello record di 3,9 Mio t Mio t.
I prezzi europei dell’olio di girasole (5 Porti UE) hanno raggiunto il livello più basso della campagna 2021/22, perdendo circa 50 $/t nei primi venti giorni di dicembre. Un andamento di prezzo analogo è stato registrato nello stesso periodo nelle principali piazze europee e del Mar Nero. Il premio medio rispetto al prezzo del palma per il mese di novembre è stato di 56 $/t (85 $/t in dicembre, ad oggi), insolitamente basso se comparato con i 247 $/t di novembre 2020, mentre si è generato uno sconto, per la prima volta da aprile 2021, rispetto al prezzo dell’olio di soia, il principale sostituto all’olio di girasole.
I driver principali di questa congiuntura ribassista sono molteplici:
Tuttavia, tale abbondanza di materia prima nei principali paesi produttori non sta generando ancora gli effetti attesi. Infatti, sia gli agricoltori russi che quelli ucraini, nonostante l’abbondanza dei raccolti 2021, risultano restii alla vendita. Da una parte ci sono coloro che necessitano di ricostituire le scorte, dopo una campagna (2020/21) di scarsa offerta e di domanda sostenuta, mentre dall’altra ci sono gli effetti distorsivi del mercato da parte dei dazi all’export russo.
Infatti, visti i dazi che gravano sull’export russo sui semi oleosi (girasole 50%, colza 30% e soia 20%) gli agricoltori preferiscono stoccare o vendere ai paesi confinanti, come la Bielorussia, dove vige un regime export a dazio zero. Anche sull’olio di girasole grava un dazio (276,70 $/t in dicembre che salirà a 280,8 $/t in gennaio), contribuendo a mantenere depressi i prezzi interni ed incentivando l’industria olearia a processare ed esportare prodotti di diversa natura (olio di soia e di colza su cui non grava alcun dazio).
Le quotazioni europee (5 Porti UE) risultano stagnanti, fluttuando attorno ad una media di 1.440 $/t. Risultano, tuttavia, ai massimi dal 2010 per i mesi di ottobre e novembre. Il principale sostegno alle quotazioni di olio di girasole è il prezzo del palma. Il premio medio per il mese di novembre è stato di 56 $/t, insolitamente basso se comparato con i 247 $/t di novembre 2020, mentre si è generato uno sconto, per la prima volta da aprile 2021, rispetto al prezzo dell’olio di soia, il principale sostituto all’olio di girasole.
La raccolta di seme di girasole è oramai terminata nei due principali paesi produttori (Russia e Ucraina) dove è concentrato il 56% dell’output mondiale. In Ucraina, per quanto riguarda l’olio di girasole, è previsto un rimbalzo produttivo del 23% rispetto alla scorsa campagna, ai livelli record del 2019/20. In Russia l’output è previsto raggiungere il livello record di 5,8 Mio t (+14% vs 2020/21) vista la maggiore disponibilità di seme.
Tutto sommato, la situazione dei fondamentali del comparto del girasole risulta in netto rafforzamento rispetto alla deludente campagna 2020/21, ma gli effetti ribassisti sui prezzi di quest’ultima sono fortemente vincolati all’andamento delle quotazioni del palma e dalle restrizioni al commercio imposte dalla Russia.
Infatti, visti i dazi che gravano sull’export russo sui semi oleosi (girasole 50%, colza 30% e soia 20%) gli agricoltori preferiscono stoccare o vendere ai paesi confinanti, come la Bielorussia, dove vige un regime export a dazio zero. Anche sull’olio di girasole grava un dazio (276,70 $/t in dicembre), contribuendo a mantenere depressi i prezzi interni ed incentivando l’industria olearia a processare ed esportare prodotti di diversa natura (olio di soia e di colza su cui non grava alcun dazio).
Attualmente, il principale fattore da monitorare è la propensione alla vendita degli agricoltori Russi ed Ucraini. Dal momento in cui diventeranno “active seller” è molto probabile una decisa inversione di tendenza (a ribasso) delle quotazioni di seme e di olio di girasole.
COCERAL ha pubblicato i primi dati di semina e produzione per la campagna 2022/23, prevedendo un leggero aumento della superficie a girasole (+1%) ed un calo della produzione del 4%, per effetto di rese minori.
Le quotazioni europee (5 Porti UE) dall’inizio della campagna ad oggi (01/10-29/11) sono aumentate del 5%, sospinte dal prezzo dell’olio di palma, che ha raggiunto un nuovo record storico ad inizio novembre. Il premio medio di novembre, del prezzo dell’olio di girasole sull’olio di palma, ha raggiunto il minimo di 25 $/t, contro i 253 $/t dell’ultimo anno ed i 185 $/t degli ultimi 5 anni. Tale congiuntura ha generato in certi casi un effetto sostituzione tra i due beni.
Tutto sommato, la situazione dei fondamentali del comparto del girasole risulta in miglioramento rispetto alla deludente campagna 2020/21, ma gli effetti ribassisti sui prezzi di quest’ultima sono fortemente vincolati all’andamento delle quotazioni del palma e dalla propensione alla vendita di seme dei produttori russi e ucraini.
USDA prevede un deciso aumento della produzione di olio di girasole in Russia ed in Ucraina, dove la campagna di raccolta è pressoché conclusa. I dati ufficiali proiettano l’output 2021/22 cumulativo di Russia e Ucraina a 13 Mio t, ovvero +17% rispetto alla campagna 2020/21.
Tuttavia, sulla situazione produttiva russa grava un tema di dazi all’esportazione sull’olio di girasole: un dazio del 70% della differenza del prezzo di riferimento e 1.000 $/t. Infatti, il dazio incentiva lo stoccaggio di seme di girasole del nuovo raccolto, mentre stimola l’industria olearia a processare seme di colza e di soia da destinare all’export, sui quali non grava alcun vincolo protezionistico. I prezzi dell’olio di girasole interni alla Russia risultano compressi, mente continuano le tensioni sui mercati internazionali.
In Europa, secondo i dati USDA, i consumi e le produzioni di olio di girasole sono previsti raggiungere un livello record, per sopperire al deficit nel mercato europeo e mondiale di seme e olio di colza.
Le quotazioni europee (5 Porti UE) dall’inizio della campagna ad oggi (01/10-20/11) sono aumentate del 6%, sospinte dal prezzo dell’olio di palma, che ha raggiunto un nuovo record storico. Il premio medio di novembre, del prezzo dell’olio di girasole sull’olio di palma, ha raggiunto il minimo di 25 $/t, contro i 253 $/t dell’ultimo anno ed i 185 $/t degli ultimi 5 anni. Tale congiuntura ha generato in certi casi un effetto sostituzione tra i due beni.
Tutto sommato, la situazione dei fondamentali del comparto del girasole risulta in miglioramento rispetto alla deludente campagna 2020/21, ma gli effetti ribassisti sui prezzi di quest’ultima sono fortemente vincolati all’andamento delle quotazioni del palma.
USDA prevede un deciso aumento della produzione di olio di girasole in Russia ed in Ucraina, dove pertanto la campagna di raccolta è pressoché conclusa. I dati ufficiali proiettano l’output 2021/22 cumulativo di Russia e Ucraina a 13 Mio t, ovvero +17% rispetto alla campagna 2020/21.
Tuttavia, sulla situazione produttiva russa grava un tema di dazi all’esportazione sull’olio di girasole: un dazio del 70% della differenza del prezzo di riferimento e 1.000 $/t. Infatti, il dazio incentiva lo stoccaggio di seme di girasole del nuovo raccolto, mentre stimola l’industria olearia a processare seme di colza e di soia da destinare all’export, sui quali non grava alcun vincolo protezionistico. I prezzi dell’olio di girasole interni alla Russia risultano compressi, mente continuano le tensioni sui mercati internazionali.
In Europa, secondo i dati USDA, i consumi e le produzioni di olio di girasole sono previsti raggiungere un livello record, per sopperire al deficit nel mercato europeo e mondiale di seme e olio di colza.
I prezzi dell'olio di girasole continuano ad essere supportati da quelli dell'olio di palma. Il premio del prezzo dell'olio di girasole su quello del palma si è ridotto ulteriormente in ottobre, sulla scia degli ulteriori aumenti dei prezzi dell'olio di palma.
Le prospettive di produzione di seme di girasole in Russia ed in Ucraina sono di ottimi volumi. La raccolta in Ucraina ha preso piede ed ora è in uno stato di avanzamento superiore allo scorso anno. Le rese in Russia sono deludenti, rispetto alle prime previsioni, ma la produzione totale di seme è ancora prevista superiore ai 15 Mio t.
Dunque, le prospettive per il mercato dell'olio di girasole non sono cambiate: un rimbalzo della produzione nei principali Paesi produttori farà aumentare l'offerta. Anche la domanda, tuttavia, rimarrà molto forte nel corso della campagna.
Dopo la chiusura di una campagna (2020/21) che ha visto un così importante calo degli stock, l'arrivo sul mercato del nuovo raccolto di seme di girasole dovrebbe trasmettere debolezza anche ai prezzi dell'olio, che tuttavia si manterranno su livelli storicamente elevati.
Tuttavia, alcuni elementi stano ritardando il calo dei prezzi. Tra questi, la ritenzione del seme da parte dei produttori dell'area del Mar Nero, ma soprattutto l'aumento dei prezzi dell'olio di palma, che in questo momento stanno supportando i prezzi dell'olio di girasole in maniera evidente.
Il recente aumento dei prezzi dell'olio di palma fino a livelli record, sia sui mercati finanziari che a Rotterdam, sta impedendo ai prezzi dell'olio di girasole di risentire della pressione del raccolto. Il premio di prezzo dell'olio di girasole rispetto all'olio di palma si è ridotto in settembre, a seguito dell'aumento dei prezzi dell'olio di palma e del peggioramento delle prospettive relative alle prossime produzioni di olio di girasole.
Il raccolto russo di seme di girasole sta procedendo e sta registrando rese deludenti rispetto alle prime previsioni. Secondo analisti locali, la produzione russa di seme di girasole dovrebbe raggiungere i 15,2 Mio t, il secondo livello storico. La produzione ucraina di seme di girasole dovrebbe raggiungere un livello record, anche se le rese sono un po' al di sotto delle aspettative a causa della diffusione di malattie
Dunque, le prospettive per il mercato dell'olio di girasole non sono cambiate: un rimbalzo della produzione nei principali Paesi produttori farà aumentare l'offerta. Anche la domanda, tuttavia, rimarrà molto forte nel corso della campagna.
Dopo la chiusura di una campagna (2020/21) che ha visto un così importante calo degli stock, l'arrivo sul mercato del nuovo raccolto di seme di girasole dovrebbe trasmettere debolezza anche ai prezzi dell'olio, che tuttavia si manterranno su livelli storicamente elevati.
Tuttavia, alcuni elementi stano ritardando il calo dei prezzi. Tra questi, la ritenzione del seme da parte dei produttori dell'area del Mar Nero e l'aumento dei prezzi dell'olio di palma, che in questo momento stanno supportando i prezzi dell'olio di girasole in maniera evidente.
Continuano le tensioni di prezzo nel mercato dell’olio di girasole. Con l’entrata in vigore del dazio all’export russo (1° settembre), le quotazioni sono tornate a salite. Il dazio è stato fissato a 169,9 $/t per il mese di settembre e salirà a 227,2 $/t in ottobre.
Inoltre, a destare preoccupazione tra gli operatori sono le rese al di sotto delle aspettative sia in Russia che in Ucraina. Nell’ultima rilevazione, fonti locali stimano rese di 1,64 t/ha in Russia e di 2,08 t/ha in Ucraina; poco più alte della disastrosa campagna 2020/21, dove furono rispettivamente di 1,59 t/ha e 2,05 t/ha. Ciò è attribuito alla siccità che ha colpito i due paesi tra la fine luglio e l’inizio agosto, mettendo in dubbio le prospettive di record produttivo di seme.
Tuttavia, USDA prevede che la produzione di olio di girasole di Russia e Ucraina possa arrivare ad un record di 13,11 Mio t, ovvero +18% rispetto alla deludente campagna 2020/21.
Il mercato dell’olio di girasole, a livello mondiale, resterà in tensione anche nel corso della campagna 2021/22, perché ad un aumento dell’offerta corrisponderà anche un proporzionale aumento della domanda.
Si prevede anche un aumento dello spread tra prezzi di olio di girasole convenzionale ed alto oleico, perché il premio nullo della campagna 20/21 non ha favorito le semine di alto oleico, mentre la domanda è prevista ripartire.
Con l’avanzare dei raccolti, molti dei dubbi circa i volumi produttivi verranno chiariti. Nel momento in cui il nuovo raccolto di girasole arriverà sul mercato, le quotazioni dell’olio potrebbero attraversare una congiuntura di debolezza, favorita dalla maggiore disponibilità di seme sul mercato, dopo una campagna conclusa con livelli di stock minimi. Si consiglia di approfittare dell’eventuale congiuntura di ribasso delle quotazioni per allungare le coperture il più possibile.
La raccolta di semi di girasole è ancora nella fase iniziale in Ucraina e Russia. La siccità che ha colpito i due paesi a fine luglio e inizio agosto ha messo in dubbio le possibilità di raggiungere produzioni record, ma ora il mercato è disposto a crederci. Con l'avanzare della raccolta saranno disponibili aggiornamenti sui raccolti.
Nel frattempo, il dazio all'esportazione sull'olio di girasole russo è entrato in vigore ed è aumentato rapidamente. Il dazio era stato fissato a 169,9 $/t a partire dal 1° settembre ma è già stato annunciato pari a 227,2 $/t per la settimana in corso.
Nell'Unione Europea, poiché la produzione di olio di colza è limitata dai deludenti raccolti di colza e canola, l'olio di girasole dovrà colmare il divario, almeno in parte. La produzione nettamente superiore di semi di girasole in Romania, Bulgaria, Francia e Ungheria promuoverà la lavorazione e le maggiori importazioni dalla regione del Mar Nero faranno il resto per permettere l'aumento dei consumi di olio di girasole nell'UE. L'olio di girasole europeo viene utilizzato principalmente nel settore alimentare, mentre il consumo per la produzione di energia è molto limitato.
Le quotazioni dell’olio di girasole (5 porti UE), dopo aver toccato i minimi da inizio campagna 2020/21, sono tornati a salire. Dalla fine di giugno alla metà di agosto si registra un aumento delle quotazioni del 40%, tornando di fatto ai valori dello scorso maggio.
La siccità, che ha colpito alcune zone produttive della Russia e dell’Ucraina, ha deluso le aspettative iniziali. Ancora non si ha la dimensione del danno da siccità, ma nessuno mette in dubbio che questa campagna sarà comunque più abbondante della precedente. Con l’imminente inizio della raccolta, cominceranno ad essere disponibili le prime stime di resa.
USDA prevede che la produzione di olio di girasole di Russia e Ucraina possa arrivare ad un totale di 13,07 Mio t, ovvero +18% rispetto alla deludente campagna 2020/21. Battendo di poche migliaia di tonnellate il record storico di 13 Mio t della campagna 2019/20.
A livello mondiale la produzione è prevista in aumento del +14% rispetto al 20/21. Sia la produzione che i consumi sono previsti raggiungere un massimo storico. Si prospetta una campagna di minori tensioni di mercato, visto il surplus produttivo di 1,7 Mio t, contro 0,2 Mio t della campagna corrente.
Dopo una settimana di rimbalzo all'inizio di luglio, i prezzi dell'olio di girasole hanno ripreso la loro traiettoria discendente, sull'onda dell'aspettativa di raccolti abbondanti di seme in Russia, Ucraina e UE.
Si prevedono produzioni record di seme di girasole nei due principali Stati produttori, anche se le alte temperature cominciano a generare qualche incertezza sul potenziale delle rese in Russia. Tuttavia, una produzione record non viene al momento messa in dubbio. Il meteo delle prossime settimane sarà determinante.
I prezzi dell'olio di girasole grezzo sono attualmente vicini a quelli dell'olio di palma nell'UE. I cali di prezzo ulteriori che sono previsti, in particolare dall'inizio della prossima campagna, saranno resi possibili soltanto qualora anche i prezzi dell'olio di palma trovassero spazio per una discesa, e dunque soltanto se saranno in qualche modo superati i problemi di scarsità di forza lavoro nel Sud Est asiatico. I prezzi dell'olio di girasole sono vicini al pavimento rappresentato dall'olio di palma. Inoltre, anche l'evoluzione del meteo in Nord America sta richiedendo attenzione, perché sarà determinante per le rese della soia negli USA.
Le quotazioni dell’olio di girasole (5 porti UE) dal picco massimo del 10 marzo al 21 giugno hanno perso circa il 37%, tornando di fatto ai livelli di novembre 2020. Movimenti di prezzo simili si sono verificati anche nelle quotazioni ucraine, dove stanno iniziando a mobilitarsi le scorte di seme e di olio per lasciare spazio al nuovo raccolto.
Mentre la carenza di seme e di olio ha fatto letteralmente esplodere le quotazioni tra ottobre e marzo (+95% il prezzo 5 Porti UE), le aspettative di un abbondante raccolto di seme di girasole, e quindi di materia prima per l’industria olearia nella campagna 2021/22, sta già esercitando pressioni a ribasso sui prezzi, prima che il prodotto 2021 sia fisicamente sul mercato. Con buone probabilità l’olio di girasole resterà a sconto sull’olio di soia per i prossimi mesi.
USDA prevede che la produzione di olio di girasole di Russia e Ucraina possa arrivare ad un totale di 12,5 Mio t, ovvero +13% rispetto alla deludente campagna 2020/21. Tuttavia, il dato risulta inferiore del 5% rispetto al record storico di 13 Mio t della campagna 2019/20. Ciò è dovuto alla minore disponibilità di seme, in quanto parte della produzione andrà a ricostituire le scorte, che in entrambi i paesi risultano a livelli minimi nella campagna corrente.
A livello mondiale la produzione è prevista inferiore al record del 19/20 di circa 274.000 t, ma comunque in aumento del +10% rispetto al 20/21, mentre i consumi sono previsti raggiungere un massimo storico. Tuttavia, si prospetta una campagna di minori tensioni di mercato, visto il surplus produttivo di 1,3 Mio t, contro 0,2 Mio t della campagna corrente.
Segnaliamo che sia in Russia che in Ucraina, le semine sono oramai concluse, nonostante il ritardo iniziale. Le condizioni climatiche risultano decisamente più favorevoli rispetto alla precedente campagna, con temperature e piogge adeguate.
Le quotazioni dell’olio di girasole (5 porti UE), su base media mensile, da marzo 2021 ad oggi hanno perso circa il 6%. Risulta il primo calo sostanziale dopo 12 mesi ininterrotti di aumenti (da marzo 2020 a marzo 2021: +132%).
Pesano sia un certo grado di razionamento della domanda, visti i prezzi elevati, sia le previsioni di aumento di produzione nei paesi chiave (Ucraina, Russia e UE) nella campagna 21/22, dopo una campagna di tensioni come la corrente:
A livello mondiale la produzione è prevista inferiore al record del 19/20 di circa 270,000 t, ma comunque in aumento del +10% rispetto al 20/21, mentre i consumi sono previsti raggiungere un massimo storico. Tuttavia, si prospetta una campagna di minori tensioni di mercato, visto il surplus produttivo di 1,3 Mio t, contro 0,2 Mio t della campagna corrente.
Segnaliamo che sia in Russia che in Ucraina, le semine stanno procedendo spedite, hanno oramai recuperato il ritardo iniziale rispetto alla precedente campagna e sono prossime al termine. Le condizioni climatiche risultano decisamente più favorevoli della campagna precedente.
Durante il mese di maggio, i prezzi dell’olio di girasole registrati sia nei principali porti europei (5 Porti UE) che sul Mar Nero hanno manifestato segni di cedimento, sulla scia delle previsioni ottimistiche per la prossima campagna.
USDA ha pubblicato le prime previsioni di approvvigionamento per la campagna 21/22:
Ucraina: la produzione di olio di girasole è prevista aumentare del +18% rispetto alla precedente campagna (il dato più alto dopo il record del 19/20) vista la maggiore disponibilità di seme prevista nel paese (16,7 Mio t, un record storico). Gli export di olio sono previsti in aumento del +19%, impedendo un sostanziale aumento delle scorte finali (già scarse ad inizio campagna).
Russia: l’aumento produttivo previsto è del +7%, rispetto alla campagna 20/21. Tuttavia, gli utilizzi totali supereranno la produzione, provocando una diminuzione delle scorte al minimo dal 18/19.
UE: la produzione è prevista in aumento del +9% fino al massimo storico di 3,8 Mio t, sia per la maggiore disponibilità interna di seme, che per i maggiori import. Il livello di approvvigionamento è previsto in aumento di 2 punti percentuali.
A livello mondiale la produzione è prevista inferiore al record del 19/20 di circa 270,000 t, ma comunque in aumento del +10% rispetto al 20/21, mentre i consumi sono previsti raggiungere un massimo storico. Tuttavia, si prospetta una campagna di minori tensioni di mercato, visto il surplus produttivo di 1,3 Mio t, contro 0,2 Mio t della campagna corrente.
Resta di fondamentale importanza il monitoraggio delle politiche commerciali sia sul seme che sull’olio di girasole, specialmente da parte di Russia e Ucraina. Ricordiamo che, l’Ucraina ha posto una quota di 5,38 Mio t all’export di olio di girasole per tutta la campagna 2020/21. Precedentemente la Russia aveva annunciato ufficialmente il dazio del 50% alle esportazioni di seme di girasole dal primo di luglio, mentre sulle esportazioni di olio graverà un dazio variabile calcolato come il 70% della differenza tra un valore indice (media dei prezzi mensili registrati) ed il prezzo base (1.000 $/t). Entrambe avranno scadenza alla fine della campagna 2021/22.
Durante il mese di marzo, il prezzo dell’olio di girasole registrato nei principali porti europei (5 Porti UE) ha manifestato una prevista e spiccata inversione di tendenza al ribasso. Tuttavia, a partire dai primi di aprile, si sono concretizzate una serie di politiche protezionistiche da parte dei due paesi principali produttori di olio di girasole (57% della produzione mondiale nel 2020), ovvero Ucraina e Russia, portando a nuove tensioni.
In particolare, l’Ucraina ha posto una quota di 5,38 Mio t all’export di olio di girasole per tutta la campagna 2020/21, inferiore a quanto previsto da USDA (5,52 Mio t). Inoltre, sta valutando l’imposizione di una quota “zero” sul seme dal 15 maggio al 30 settembre 2021, ma non è ancora ufficiale. Precedentemente la Russia aveva annunciato ufficialmente il dazio del 50% alle esportazioni di seme di girasole dal primo di luglio, mentre sulle esportazioni di olio graverà un dazio variabile calcolato come il 70% della differenza tra un valore indice (media dei prezzi mensili registrati) ed il prezzo base (1.000 $/t). Entrambe avranno scadenza alla fine della campagna 2021/22.
È evidente che tali politiche protezionistiche inneschino nei mercati internazionali fenomeni di volatilità, che risulta amplificata da una situazione di scarsità delle scorte a livello mondiale. USDA prevede scorte finali di campagna al minimo storico di sole 1,14 Mio t (-43% rispetto al 19/20)
Semine 2021:
Hanno preso inizio le semine sia in Russia che in Ucraina. Risulta marcato il ritardo rispetto allo scorso anno, a causa di condizioni climatiche e del suolo non del tutto favorevoli alla posa delle sementi, nelle settimane passate. Sia in Russia che in Ucraina, tuttavia, al momento si prevedono semine di girasole su superfici nella peggiore delle ipotesi in linea con quelle seminate lo scorso anno. Secondo alcune fonti, le semine potrebbero anche vedere un incremento di superfici, visti i prezzi attrattivi per gli agricoltori in questa campagna. Sotto l’ipotesi di rese medie, in entrambi i casi si prevedono aumenti produttivi per la campagna 2021/22.
OUTLOOK 2021/22:
Oil World ha pubblicato la prima proiezione sulla prossima campagna. La produzione mondiale di olio di girasole è prevista aumentare del 17% (rispetto al 20/21) e raggiungere il livello record di 21,9 Mio t.
Dopo aver attraversato una fase ribassista durate circa un mese, le quotazioni dell’olio di girasole (5 porti UE) dalla metà di aprile hanno ripreso un trend di salita che le ha portate a guadagnare il 7,4% tra il 12 aprile ed il 26 aprile.
La principale causa di tali tensioni, oltre ad una generale situazione di scarsità di offerta sull'intero comparto degli oli vegetali, è la debolezza dei fondamentali che interessa la Russia e l’Ucraina, a cui si aggiungono incertezze di natura fiscale.
Lato fondamentali, pesa la scarsità delle scorte in Ucraina. Gli stock di fine campagna 2020/21 sono infatti previsti crollare dell’83% (rispetto al 19/20), a sole 32.000 t. Per la Russia, USDA stima un crollo della produzione del 10 % rispetto alla campagna record 2019/20. Tuttavia, queste notizie non sono una novità.
Lato politiche commerciali, è ufficiale che sulle esportazioni di seme di girasole dalla Russia graverà dal 1° luglio un dazio del 50%, mentre l’export di olio sarà soggetto (dal 1° settembre) ad un dazio variabile calcolato come il 70% della differenza tra un valore indice (media dei prezzi mensili registrati) ed il prezzo base (1.000 $/t). Entrambi rimarranno in vigore fino alla fine della campagna 21/22. La risposta dell’Ucraina è stata quella di stabilire una quota massima di esportazione di olio di girasole per la campagna 2020/21. Nella campagna corrente le esportazioni non potranno superare le 5,38 Mio t, allo scopo di garantire un sufficiente approvvigionamento interno. USDA ne prevedeva 5,52 Mio t, prima che uscisse la notizia da fonti ufficiali.
Semine 2021:
Hanno preso inizio le semine sia in Russia che in Ucraina. Risulta marcato il ritardo rispetto allo scorso anno, a causa di condizioni climatiche e del suolo non del tutto favorevoli alla posa delle sementi, nelle settimane passate. Sia in Russia che in Ucraina, tuttavia, al momento si prevedono semine di girasole su superfici nella peggiore delle ipotesi in linea con quelle seminate lo scorso anno. Secondo alcune fonti, le semine potrebbero anche vedere un incremento di superfici. Sotto l’ipotesi di rese medie, in entrambi i casi si prevedono aumenti produttivi per la campagna 2021/22.
OUTLOOK 2021/22:
Oil World ha pubblicato la prima proiezione sulla prossima campagna. La produzione mondiale di olio di girasole è prevista aumentare del 17% (rispetto al 20/21) e raggiungere il livello record di 21,9 Mio t. Tuttavia l'offerta aumenterà in misura leggermente minore, considerando un calo degli stock iniziali del 17%. Anche il comparto degli oli vegetali è destinato ad andare nella stessa direzione, infatti l'offerta totale è prevista in aumento del 3,7% rispetto alla campagna corrente.
Il trend di crescita dei prezzi dell'olio di girasole è andato rallentando su tutte le principali piazze monitorate nella seconda metà di marzo. In particolare, i prezzi ex-works 5 porti UE hanno perso circa il 14% tra il 10 marzo ed il 6 aprile.
I fondamentali di mercato continuano ad essere particolarmente deboli:
In questo contesto, è stata ufficializzata la notizia dell'introduzione di un dazio all'export di olio da parte della Russia, pari al 70% della differenza tra il prezzo FOB ed un valore di riferimento (1000$/t), in vigore tra il 1 set 2021 ed il 31 ago 2022. Ciò si accompagna all'aumento del dazio sull'export di seme di girasole fino a raggiungere il 50% del prezzo FOB, già a partire dal 1 luglio.
Si prevede che, nel medio termine, i prezzi dell’olio di girasole continuino a vedere un ridimensionamento legato ai seguenti fattori ribassisti:
L’andamento dei prezzi dell’olio di girasole (5 Porti UE, $/t), nei primi 15 giorni di marzo, è stato interessato da un’importante congiuntura rialzista, guadagnando il 30% e raggiungendo i livelli del 2008.
I fattori che stanno alimentando i rialzi sono i seguenti:
Questi fattori hanno sostenuto l’impennata dei prezzi dell’olio di girasole, già favorita da fondamentali deboli del seme di girasole e dell’intero comparto degli oli vegetali. Lo spread di prezzo rispetto all’olio di palma grezzo CIF Rotterdam sta sfiorando i 600$/t, come non si era mai visto nell’ultimo decennio.
L’andamento recente dei prezzi dell’olio di girasole (EXW Europa Nord Ovest) è stato da interessante da un’importante congiuntura rialzista (+15% tra l’1 ed il 5 marzo). I fattori che stanno alimentando i rialzi sono i seguenti:
- prolungata tensione sui prezzi dell’olio di palma, dovuta a rese inferiori alle aspettative nei mesi recenti e alla scarsità di manodopera a causa della pandemia.
- congiuntura rialzista sui prezzi dell’olio di soia, sostituto rispetto all’olio di girasole per molti utilizzi, che sta soffrendo il ritardo nella raccolta di soia in Sud America.
- rischio di una possibile introduzione di un dazio all’export di olio di girasole da parte della Russia, che seguirebbe quello già introdotto sulle esportazioni di seme di girasole.
Questi fattori hanno sostenuto l’impennata dei prezzi dell’olio di girasole, già favorita da fondamentali deboli del seme (e olio) di girasole e dell’intero comparto degli oli vegetali. Lo spread di prezzo rispetto all’olio di palma grezzo CIF Rotterdam sta sfiorando i 500$/t, un livello mai più toccato dopo dicembre 2012.
I prezzi dell’olio di girasole, nel mese di gennaio, hanno guadagnato in media il 9% rispetto a dicembre, riflettendo l’andamento delle quotazioni dell’olio di soia. Il premio di prezzo rispetto all’olio di soia ha ormai superato i 200 $/t e ciò non ha precedenti nell’ultima decade.
I fattori rialzisti che hanno generato questo spread anomalo sono molteplici:
Le quotazioni dell’olio di girasole di palma e di soia, hanno raggiunto valori massimi almeno da otto anni in gennaio, a causa di scorte e produzioni al di sotto dei livelli attesi e di una domanda ancora sostenuta. Il prezzo medio di dicembre (5 Porti UE) ha superato del 6% quello di novembre. In gennaio il benchmark europeo ha toccato i 1.300 $/t, un prezzo che non si registrava dal settembre 2012.
Grazie ad un accordo tra i vari operatori di filiera dell’olio di girasole, è stata evitata l’imposizione di un nuovo dazio del 15% alle esportazioni di quest’ultimo, che era stata annunciata lo scorso dicembre dal Governo russo. È stato sostanzialmente stabilito un prezzo massimo per l’olio di girasole al dettaglio in difesa dei consumatori russi. Invece dal 9/01 è entrato in vigore un dazio all’export di seme del 30% del valore in dogana (precedentemente al 6,5%), ma non inferiore a 165 €/t.
USDA, con la pubblicazione di “Oilseeds:World Markets and Trade” ha rivisto le previsioni sui bilanci di approvvigionamento 2020/21:
Migliora il livello di approvvigionamento il Russia (dall’1,17% previsto in dicembre al 2,29% nell’ultima proiezione) a seguito della previsione produttiva rivista a rialzo di 100.000 t, per maggiore disponibilità di seme. Per l’Ucraina (1° produttore mondiale) USDA ha rivisto a ribasso il rapporto stock finali/utilizzi allo 0,53% (un minimo storico) a seguito di un calo delle scorte finali previste (-2.000 t) e della produzione (-32.000 t), rispetto al report di dicembre.
A livello globale il rapporto stock finali/consumi (livello di approvvigionamento) è previsto in aumento di 0.5 pp rispetto all’ultimo report, ma risulta comunque quasi dimezzato rispetto alla campagna 2019/20.
Mancano oramai un paio di giorni all’entrata in vigore del dazio russo all’export di seme di girasole, che interesserà anche la colza: un dazio del 30% del valore in dogana (attualmente al 6,5%), ma non inferiore a 165 €/t. Tale misura ha lo scopo di contenere l’aumento dei prezzi interni, in difesa dei consumatori. In nome dello stesso principio, grazie ad un accordo tra i vari operatori di filiera dell’olio di girasole, è stata evitata l’imposizione di un nuovo dazio del 15% alle esportazioni di quest’ultimo, che era stata annunciata lo scorso dicembre dal Governo russo.
La Commissione Europea ha reso note le stime sull’import di olio di girasole in UE:
Dall’inizio della campagna 2020/21 (1° ottobre 2020) al 31 dicembre, il volume totale importato è stimato attorno alle 876.460 t (-17% rispetto allo stesso periodo nel 2019). L’Ucraina resta l’esportatore chiave, con uno share stimato all’88,1%. Seguono Serbia (5,5%), Moldavia (4,1%), Russia (0,5%) e Marocco (0,5%).
Le quotazioni sul Mar Nero (Ucraina) dopo una leggera flessione in dicembre, sono tornate a salire con l’arrivo del nuovo anno e l’avvicinarsi dell’entrata in vigore del dazio russo sul seme. Il livello di prezzo corrente è ancora ai massimi dalla campagna 2012/13.
USDA, con l’uscita di dicembre di “Oilseeds: World Markets and Trade”, ha pubblicato i bilanci mondiali dell’olio di girasole.
In Russia ed in Ucraina (57% della produzione mondiale di olio di girasole), l’output è previsto calare complessivamente di oltre 2 Mio t nel 2020/21 rispetto alla campagna 2019/20, per la scarsità di seme. USDA registra anche una carenza di scorte nei due paesi (ai minimi storici) per la domanda record che ha caratterizzato la campagna precedente. Di conseguenza il livello di approvvigionamento (rapporto stock finali/utilizzi totali) è previsto allo 0,56% in Ucraina (minimo storico) e all’1,17% in Russia (secondo solo al livello della scorsa campagna per record negativo).
Alla debolezza dei fondamentali, si aggiungono anche le politiche protezionistiche della Russia sul seme di girasole ed i suoi derivati, inserite in un programma contro l’inflazione sui generi alimentari in tempo di pandemia:
All’incertezza sul piano produttivo e di politiche commerciali, unita ad una complessiva situazione di scarso approvvigionamento dell’intero comparto oli vegetali, i prezzi hanno risposto con una forte volatilità rialzista. Le quotazioni medie registrate ai porti europei (5 porti UE), in novembre, sono salite del 12% rispetto a ottobre. Il prezzo corrente supera del 24% il prezzo di apertura di campagna ed è ai massimi dalla campagna 2012/13.
Le quotazioni europee dell’olio di girasole (5 Porti UE) restano in tensione, guadagnando il 25% dall’inizio della campagna 2020/21 (1° ottobre). Il prezzo corrente si attesta ai massimi dalla campagna 2013/14. A pesare i forti rialzi nel comparto degli oli vegetali, in particolare l’olio di palma e di soia, che però risultano amplificati, per quanto riguarda l’olio di girasole, dalla scarsità di seme in Russia e Ucraina (dove è concentrato il 58% della produzione mondiale di seme)
A raccolto di seme di girasole ormai concluso segnaliamo un forte ridimensionamento delle previsioni produttive da parte di USDA (Oilseeds: World Markets and Trade) che ha rivisto ulteriormente a ribasso la stima sulle rese in Russia (da 2,21 a 2,06 t/ha) e Ucraina (da 1,65 a 1,59 t/ha) rispetto alla previsione del mese scorso. Ne risulta un calo produttivo complessivo (Russia + Ucraina) di 1,5 Mio t.
La Russia ha annunciato che dal 1° di gennaio il dazio all’esportazione di seme potrebbe temporaneamente aumentare dal 6,5% (dazio attualmente applicato) al 30%, in risposta all’azzeramento dell’import tariff sul seme da parte della Turchia.
Le tensioni nel mercato dell’olio trovano piena giustificazione nella debolezza dei fondamentali del seme di Russia e Ucraina e dall’incertezza sul piano delle politiche commerciali.
I prezzi, si mantengono a livelli elevati (i più alti dalla campagna 13/14); la quotazione media ai porti europei (5 Porti UE), da inizio campagna (ottobre), è del 25% superiore rispetto al valore medio della campagna 19/20.
Il premio dell’olio di girasole sull’olio di soia è aumentato ancora in ottobre; il potenziale effetto sostituzione (preferenza per oli più competitivi), soprattutto nel settore energetico, sarà quindi un fattore da monitorare nei prossimi mesi, specialmente per quanto riguarda quei paesi dove le importazioni ed i consumi sono cresciuti nella scorsa campagna (India e Cina).
A livello globale è previsto un calo della produzione di olio di girasole di 1,2 Mio t (-5,7%) rispetto alla campagna precedente, che porterà ad una contrazione del surplus da 1,9 Mio t (nel 2019/20) a 0,7 Mio t (nel 2020/21), il valore più basso dalla campagna 2015/16. Lo scarso livello di approvvigionamento è testimoniato anche dal rapporto stock finali/consumi, previsto al 7,44%, un minimo storico.
Le cause principali di tale contrazione dell’offerta di olio, sono imputabili alla sensibile riduzione della produzione di seme. La situazione internazionale è influenzata soprattutto dalla siccità dei mesi estivi nell’area del Mar Nero e dal conseguente peggioramento delle rese in Russia ed Ucraina (dove è concentrato il 58% della produzione mondiale di seme), che fino a tre mesi fa erano previste a livelli record. Infatti USDA prevede rese di 2,21 t/ha per l’Ucraina (-0,37 t/ha rispetto al 2019/20) e di 1,65 t/ha per la Russia (-0,18 rispetto al 2019/20).
Le quotazioni (5 Porti UE) nella prima metà di settembre hanno registrato rialzi sostenuti, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 5 anni. L’olio di girasole è tornato a premio rispetto all’olio di colza per la prima volta dal 2016.
I bassi stock e i deludenti livelli di approvvigionamento di seme di girasole previsti nei principali paesi produttori per la campagna 2020/21 uniti alla ripartenza della domanda sono i principali fattori rialzisti per i prezzi.
L’ultima revisione di USDA dei bilanci del seme di girasole delinea infatti rapporti stock finali/utilizzi totali 2020/21 in calo rispetto al 2019/20:
Rese (Russia, Ucraina e Unione Europea) riviste a ribasso anche dall’ultimo MARS Bulletin pubblicato dalla Commissione Europea.
USDA per la campagna 2020/21 prevede un calo produttivo di olio di girasole in Russia, il primo dalla campagna 2014/15. Leggermente in aumento la produzione Ucraina prevista a 7,2 Mio t. Oil World è meno ottimista, prevedendo cali produttivi previsti anche in Ucraina, con una produzione a 6,8 Mio t.
Come nel mese di luglio, anche in agosto il mercato dell’olio di girasole è stato segnato dalla volatilità. Il prezzo medio ai cinque porti UE, dopo aver raggiunto il valore massimo dal 2015, ha subito una rapida flessione, tornando ai livelli di gennaio 2020.
I principali fattori rialzisti, che hanno animato il mercato:
Nonostante l’accentuata volatilità, i prezzi a luglio hanno registrato valori medi in linea a quelli di giugno.
Prezzi che si mantengono su valori sostanzialmente superiori rispetto ad aprile e di poco inferiori a quelli di gennaio (pre-Covid).
Come fattori rialzisti si segnalano:
Da segnalare che l’olio di girasole è tornato a sconto rispetto all’olio di soia, dopo quattro mesi in cui è stato mediamente scambiato a premio. A pesare il fatto che molti operatori stanno già ponendo l’attenzione sul raccolto 2020, previsto a livelli record in Russia, Ucraina ed Argentina.
Continua la fase di rialzo che sta animando i prezzi.
Il prezzo registrato ai 5 porti UE, da inizio giugno, è aumentato del 3%, tornando ai livelli di gennaio.
Diversi sono i fattori rialzisti:
L’offerta andrà incontro a un recupero solo con i prossimi raccolti. Per la prossima campagna (2020/21) USDA conferma infatti un livello record di produzione di olio in Ucraina e in Russia.
La semina è oramai completata in entrambi i paesi e le buone condizioni meteo potrebbero portare a un miglioramento ulteriore delle rese e quindi della produzione attesa.
I prezzi dell’olio di girasole, a maggio, hanno registrato valori medi superiori rispetto al mese di aprile, confermando il trend rialzista degli ultimi due mesi. Il prezzo medio mensile ai 5 porti UE è aumentato del 2%.
Gli aumenti, recentemente favoriti dal rimbalzo delle quotazioni del greggio e dell’olio di palma, sono riconducibili al ban all’export di seme di girasole da parte di Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kyrgyzstan, che caratterizzerà il mercato almeno fino al 30 giugno e che ha animato la domanda di olio di girasole, specialmente di Turchia, Cina, India e Medio Oriente.
A pesare è anche la minor dipendenza dell’olio di girasole dal mercato energetico (in forte depressione a causa dell’emergenza Covid-19); a prevalere è stato infatti un aumento della domanda per l’utilizzo food “in house”, nei paesi che hanno adottato misure di lockdown.
Per la prossima campagna USDA prevede una produzione mondiale di circa 21,4 milioni di ton (+1% rispetto al record della campagna corrente) ed un surplus di 1,8 milioni di ton, in leggero calo rispetto al dato della campagna corrente. Produzioni record sono attese in Russia, Ucraina e UE.
I prezzi dell’olio di girasole, in aprile, hanno registrato valori medi superiori rispetto al mese di marzo. Il prezzo ai 5 porti UE è aumentato del 5,3%.
Gli aumenti sono stati in controtendenza rispetto ai cali che continuano ad animare il comparto oli vegetali e il petrolio. Il premio dell’olio di girasole rispetto all’olio di soia risulta in aumento.
A pesare è ancora il ban all’export di seme di girasole da parte di Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kyrgyzstan che caratterizzerà il mercato fino al 30 giugno e che ha animato la domanda di olio di girasole specialmente di Turchia, Cina, India e Medio Oriente.
Inoltre, l’olio di girasole, rispetto ad altri oli, risente meno del calo dei prezzi e della domanda di biodiesel ed è caratterizzato da un aumento della domanda per l’utilizzo food “in house” nei paesi che hanno adottato le misure di contenimento per l’emergenza Covid-19.
In Ucraina, infatti, a marzo 2020 (rispetto a marzo 2019), si è registrato un calo produttivo del 3% di olio di girasole grezzo, ma un aumento dell’11% del prodotto raffinato.
Oil world, per la prossima campagna (2020/21), prevede che il crushing ucraino si mantenga ai livelli record della campagna 2019/20. Le aree seminate a girasole sono previste in aumento del 5% a 6,7 milioni di ettari con una produzione prevista a 16 milioni di ton (-0.15 milioni rispetto alla campagna 2019/20).
I prezzi, dopo i cali di inizio anno (vedi highlight precedente) sono entrati in una fase di recupero. Il prezzo medio ai 5 porti UE è aumentato di oltre il 6% rispetto ai valori medi di marzo ed è tornato a premio rispetto all’olio di soia.
A pesare è il ban all’export di seme di girasole da parte di Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kyrgyzstan che caratterizzerà il mercato fino al 30 giugno.
La Turchia, primo crusher di seme russo, ha dovuto infatti aumentare l’import di olio di girasole (riducendo i dazi). Anche la domanda indiana ed europea di olio di girasole sta segnando un recupero, in un momento dove l’offerta è stagionalmente in calo.
Il rallentamento della domanda di carburante per gli effetti del covid-19 e il mancato accordo sui tagli produttivi tra paesi OPEC e non-OPEC hanno comportato un netto calo dei prezzi del petrolio che hanno ormai raggiunto i valori minimi degli ultimi 18 anni; il WTI è calato del 67% rispetto a inizio anno. I ribassi si sono trasmessi, per effetto sostituzione, a tutto il comparto oli vegetali, compreso l’olio di girasole.
Il prezzo ai porti europei, nel primo trimestre 2020, ha subito un crollo superiore al 20%; raggiungendo i livelli di inizio 2019 e confermandosi a sconto rispetto all’olio di soia e di colza.
I ribassi, complice il buon livello di approvvigionamento del mercato, trovano poca resistenza. Come confermato da USDA nel report “Oilseeds: World Market and Trade” di marzo, a livello mondiale è previsto un surplus produttivo di 1,4 milioni di tonnellate. Ucraina e Russia presentano livelli produttivi e di export record e sono mercati in espansione. UkrAgroConsult mostra come, tra settembre 2019 e gennaio 2020, la produzione russa di olio di girasole sia salita del 25%, rispetto a settembre 2018 e gennaio 2019.
Le future semine in Europa (+9% secondo le stime Coceral) e in Italia (+1,2% secondo le stime ISTAT) dovrebbero portare a un aumento dell’offerta di seme per la prossima campagna con un conseguente aumento del crushing.
USDA, con la pubblicazione di “Oilseeds: World Market and Trade” di febbraio, ha aggiornato i bilanci di approvvigionamento mondiali:
Campagna 2019/20:
A livello globale, seppure leggermente rivisto in calo, si conferma un surplus di circa 1,1 milioni di ton.
I prezzi, complice il calo del prezzo dell’olio di palma (per effetto del rallentamento della domanda cinese e indiana) e dell’abbondanza di prodotto continuano nella loro fase di ridimensionamento.
Prosegue la discesa dei prezzi dell’olio di semi di girasole dopo i rialzi registrati tra ottobre e dicembre. Il surplus sul mercato mondiale (1,7 milioni di tonnellate) e le produzioni record nei principali Paesi produttori previste da USDA per la campagna 2019/20 non hanno impedito ai prezzi di raggiungere picchi che rappresentano il record degli ultimi quattro anni, sulla scia dei rialzi che hanno interessato i prezzi di altri oli vegetali.
Secondo le stime di Oil World, nella campagna 2019/20, le superfici destinate alla coltivazione di seme di girasole alto oleico sarebbero salite a 1,3 milioni di ettari in Francia, Ucraina, Spagna e Argentina (i principali produttori): si tratta di un incremento del +40% rispetto alla campagna precedente, a fronte di una riduzione del 9% delle superfici coltivate a girasole convenzionale negli stessi quattro Paesi. In particolare, in Ucraina negli ultimi due anni la produzione di seme di girasole alto oleico sarebbe più che triplicata, raggiungendo le 900.000 t (circa il 6% della produzione totale di seme di girasole). La produzione di olio di girasole alto oleico per questi Paesi potrebbe di conseguenza aumentare di 0,3 milioni di tonnellate raggiungendo il livello di 1,1 milioni di tonnellate nel 2019/20, sulla scia di una domanda in crescita nel comparto alimentare (l'export Ucraino principalmente verso l'UE, ma anche Asia, Oceania e USA, è aumentato del 40% nel solo trimestre set/nov 2019) e di un premio di prezzo interessante, che nelle ultime settimane si aggira intorno ai 200 $/t. Il premio per l’olio di girasole alto oleico risulta attualmente più che dimezzato rispetto ai picchi di giugno 2019 (oltre i 400$/t), come riflesso di un importante aumento dell’offerta.
Il prezzo dell’olio di girasole sta mostrando piccoli segnali di debolezza sulle principali piazze, dopo un dicembre caratterizzato da una crescita record, sulla scorta delle evoluzioni dei prezzi dell’olio di palma.
Nell’ultimo aggiornamento del report “Oilseeds: World Market and Trade”, USDA ha ridotto la previsione di produzione di olio di girasole di 20.000 tonnellate rispetto al dato del mese scorso. La campagna 2019/20 sarà caratterizzata da una produzione ai massimi storici a livello globale, grazie alla raccolta eccezionale di seme di girasole in Russia e Ucraina, ma anche ad una domanda di oli vegetali in tensione nel corso di questa campagna. Questa produzione record porterà ad un aumento delle scorte finali di campagna fino a 1,94 milioni di tonnellate per il 2019/20 (+0,82 milioni di tonnellate rispetto alla campagna 2018/19).
Le feste natalizie hanno portato il prezzo dell’olio di semi di girasole ai massimi livelli da dicembre 2016. In un solo mese, si è registrata un’impennata delle quotazioni 5 porti UE del 13%, pari a + $100 per tonnellata, infatti al 3/12/2019 l’olio quotava 761,14 $/t, mentre al 3/01/2020 il prezzo era salito a 862,15 ($/t).
Tale comportamento è legato alle tensioni registrate sull'olio di palma (CIF Rotterdam), che nei primi giorni dell’anno ha superato di qualche dollaro il prezzo dell’olio di semi di girasole (EXW Europa Nord Ovest). Le tensioni nelle quotazioni dell’olio di palma sono state recentemente aggravate dal taglio delle tasse sull'importazione di olio di palma, da parte del governo di Nuova Delhi, e dalla conseguente crescita della domanda indiana.
Si confermano le previsioni da record, pubblicate da USDA, sulla produzione di Russia e Ucraina per la campagna 2019/20. A livello mondiale si prevede un produzione pari a 20,6 mln di tonnellate, contro i 19,7 mln di ton della campagna 2018/19. Nonostante si preveda per la campagna corrente un surplus produttivo per l’olio di semi di girasole, la forte domanda di oli vegetali fa si che il mercato resti in tensione ed i prezzi stentino a calare.
Anche a livello europeo, i prezzi sono sostenuti da una forte domanda per gli oli vegetali derivante anche da una scarsità della produzione di seme di colza.
USDA in dicembre ha rivisto in rialzo le stime di produzione 2019/20 del seme di girasole in Russia e Ucraina. Grazie ad una forte domanda di oli vegetali, ciò si sta traducendo in previsioni di produzione record anche per l’olio di girasole nella campagna 2019/20 (20,6 mln di ton a livello mondiale, +4,75% rispetto alla precedente campagna). Nei due principali Paesi produttori le previsioni di produzione per la campagna 2019/20 sono di aumento rispetto al 2018/19 (+16% per la Russia e +2,7% per l’Ucraina).
Nonostante il mercato dell’olio di girasole sia previsto in surplus, i prezzi europei sono sostenuti dai rialzi del palma e da una forte domanda che deriva anche dalla scarsità della produzione di seme di colza nel continente. I consumi di olio di girasole a livello mondiale sono previsti in aumento del +4,3% rispetto alla campagna precedente.
Si prevede pertanto che le quotazioni restino in tensione nei prossimi mesi della campagna 2019/20.
A fronte di produzioni record di seme di girasole nei principali Paesi produttori, anche per l'olio di girasole sono previste produzioni record per la campagna 2019/20, in aumento dello 0,5% rispetto alla campagna precedente. A causa di situazioni di maggiore scarsità sui mercati degli altri oli, anche la domanda di olio di girasole è prevista in aumento a livello globale (+2,59%) per la campagna 2019/20. il mercato è previsto comunque mantenersi in surplus.
Ciononostante, le quotazioni dell'olio di girasole sono risultate in aumento nel corso del mese di novembre, sostenute dai rialzi registrati per l'olio di palma e da alti livelli di domanda.
La congiuntura di tensione per il comparto degli oli vegetali non suggerisce prospettive di importanti cali dei prezzi rispetto alle quotazioni attuali sui mercati UE.
I raccolti di seme di girasole nell'emisfero Nord stanno spingendo verso un nuovo record di produzione a livello mondiale ed in tutte le principali aree produttrici.
In Ucraina la raccolta era al 97% alla data del 29 ottobre, con una resa stimata a 2,45 t/ha contro le 2,31 t/ha della campagna precedente;
In Russia la raccolta era all'82% alla data del 28 ottobre, con rese finora stimate in 1,86 t/ha, contro le 1,6 t/ha della campagna precedente;
In UE la raccolta è praticamente completata, con rese stimate dalla Commissione in 2,28 t/ha contro le 2,4 t/ha della campagna precedente ed una media quinquennale di 2,21 t/ha.
Dopo i rialzi dei prezzi dell'olio di girasole registrati tra aprile e agosto sulle piazze europee e dell'area del Mar Nero, la buona disponibilità di seme sotto raccolta sta generando pressioni lievemente ribassiste a partire dal mese di settembre. Le tensioni previste sull'intero comparto degli oli vegetali a causa di un mercato globale dell'olio di palma previsto in deficit nel 2019/20 ed una produzione di olio di colza in calo del -3,5% in UE lasciano poco spazio per ulteriori ribassi dei prezzi dell'olio di girasole, che troveranno un pavimento nelle quotazioni degli altri oli.
Il progredire dei raccolti di seme di girasole nell'emisfero Nord, che spinge verso un nuovo record di produzione a livello mondiale ed in tutte le principali aree produttrici con la sola eccezione dell'Ucraina, sta alimentando anche la produzione di olio per la campagna 2019/20 e generando pressioni ribassiste sulle sue quotazioni.
Dopo i rialzi dei prezzi dell'olio di girasole registrati tra aprile e agosto sulle piazze europee e dell'area del Mar Nero, la buona disponibilità di seme sotto raccolta sta generando pressioni lievemente ribassiste a partire dal mese di settembre. Le tensioni previste sull'intero comparto degli oli vegetali a causa di un mercato globale dell'olio di palma previsto in deficit nel 2019/20 ed una produzione di olio di colza in calo del -3,5% in UE lasciano poco spazio per ulteriori ribassi dei prezzi dell'olio di girasole, che troveranno un pavimento nelle quotazioni degli altri oli.
Il progredire dei raccolti di seme di girasole nell'emisfero Nord, che spinge verso un nuovo record di produzione a livello mondiale ed in tutte le principali aree produttrici, sta alimentando anche la produzione di olio per la campagna 2019/20 e generando pressioni ribassiste sulle sue quotazioni.
Dopo i rialzi dei prezzi dell'olio di girasole registrati tra aprile e agosto sulle piazze europee e dell'area del Mar Nero, la buona disponibilità di seme sotto raccolta sta generando pressioni ribassiste nel corso del mese di settembre. Le tensioni previste sull'intero comparto degli oli vegetali a causa di un mercato globale dell'olio di palma previsto in deficit nel 2019/20 ed una produzione di olio di colza in calo del -3,5% in UE lasciano poco spazio per ulteriori ribassi dei prezzi dell'olio di girasole, che troveranno un pavimento nelle quotazioni degli altri oli.
I dati di giugno di USDA hanno confermato le aspettative rispetto all'offerta di seme di girasole per il 2019/20: in Ucraina si prevede una produzione di 14,8 milioni di t (contro i 15 del 2018/19), in Russia, si prevede una produzione di 12,5 milioni di t (contro 12,7), in UE si prevede che il raccolto 2019 eguagli i 9,7 milioni di t della campagna precedente. Nel complesso, non si tratta di una previsione di offerta record, ma su livelli comunque di grande abbondanza. In Russia ed Ucraina le rese attese per il 2019 potrebbero essere intaccate dalla situazione di siccità che sta interessando alcune zone di questi Paesi. La situazione resta, dunque, da monitorare.
La produzione di olio di girasole per il 2019/20, come conseguenza degli abbondanti raccolti previsti per il seme, viene prevista da USDA vicina a livelli record in tutti i principali Paesi produttori: -2% in Ucraina, +5,5% in Russia, +1,1% in UE. A livello mondiale, si prevede un incremento della produzione pari a +1,1%.
L'aumento dei volumi di acquisti da parte dei principali Paesi importatori ha portato un po' di supporto ai prezzi dell'olio di girasole a partire dal mese di aprile, incoraggiato anche dall'aumento dei prezzi del seme per il calo stagionale delle scorte e dai timori sulla situazione climatica in Russia ed Ucraina.
Le prime previsioni di supply balance per il 2019/20, pubblicate da USDA il 10 maggio, hanno confermato le aspettative di raccolti abbondanti per il seme di girasole nel 2019: in Ucraina si prevede una produzione di 14,8 milioni di t (contro i 15 del 2018/19), in Russia, si prevede una produzione di 12,5 milioni di t (contro 12,7), in UE si prevede che il raccolto 2019 eguagli i 9,7 milioni di t della campagna precedente. Nel complesso, non si tratta di una previsione di offerta record, ma su livelli comunque di grande abbondanza.
Proseguono le semine del seme di girasole nell’emisfero settentrionale. In Ucraina, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, le semine primaverili alla data del 3 giugno erano concluse. In Russia, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, alla data del 5 giugno il seme di girasole era stato seminato sul 104% delle superfici previste, determinando quindi probabilmente un incremento delle superfici rispetto alla campagna 2018/19. Nell'Unione Europea l'arrivo delle piogge nel mese di maggio ha portato grande beneficio alle colture del seme di girasole, spingendo la Commissione Europea a prevedere rese in linea con quelle della scorsa campagna. USDA prevede superfici in aumento del 3,7% in UE rispetto alla campagna 2018/19, ma rese inferiori rispetto al record della scorsa campagna.
La produzione di olio di girasole per il 2019/20, come conseguenza degli abbondanti raccolti previsti per il seme, viene prevista da USDA vicina a livelli record in tutti i principali Paesi produttori: -2% in Ucraina, +5,5% in Russia, +1,1% in UE. A livello mondiale, si prevede un incremento della produzione pari a +1,1%.
L'aumento dei volumi di acquisti da parte dei principali Paesi importatori ha portato un po' di supporto ai prezzi dell'olio di girasole a partire dal mese di aprile, incoraggiato anche dall'aumento dei prezzi del seme per il calo stagionale delle scorte.
Le prime previsioni di supply balance per il 2019/20, pubblicate da USDA il 10 maggio, hanno confermato le aspettative di raccolti abbondanti per il seme di girasole nel 2019: in Ucraina si prevede una produzione di 14,8 milioni di t (contro i 15 del 2018/19), in Russia, si prevede una produzione di 12,5 milioni di t (contro 12,7), in UE si prevede che il raccolto 2019 eguagli i 9,7 milioni di t della campagna precedente. Nel complesso, non si tratta di una previsione di offerta record, ma su livelli comunque di grande abbondanza.
Proseguono le semine del seme di girasole nell’emisfero settentrionale. In Ucraina, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, alla data del 10 maggio, le semine erano stimate a 4,2 milioni di ettari, pari al 74% dei circa 5,7 milioni di ettari attesi per la campagna 2019/20 (rispetto al record di 6,5 milioni di ettari seminati nella campagna precedente). Si segnala che USDA prevede superfici raccolte a seme di girasole in Ucraina anche superiori, pari a 6,2 milioni di ettari. In Russia, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, il seme di girasole è stato seminato su 4,7 milioni di ettari alla data del 13 maggio (60,4% della superficie attesa totale, prevista intorno a circa 7,8 milioni di ettari). Le semine sono iniziate anche nell'Europa meridionale e stanno progredendo bene. Le problematiche di scarsa umidità dei terreni sono state almeno parzialmente superate nelle ultime settimane, grazie all'arrivo delle piogge. USDA prevede superfici in aumento del 3,7% in UE rispetto alla campagna 2018/19, ma rese inferiori rispetto al record della scorsa campagna.
La produzione di olio di girasole per il 2019/20, come conseguenza degli abbondanti raccolti previsti per il seme, viene prevista da USDA vicina a livelli record in tutti i principali Paesi produttori: -2% in Ucraina, +5,5% in Russia, +1,1% in UE. A livello mondiale, si prevede un incremento della produzione pari a +1,1%.
L'aumento dei volumi di acquisti da parte dei principali Paesi importatori ha portato un po' di supporto ai prezzi dell'olio di girasole nel corso del mese di aprile e relativa stabilità in maggio, pur in un contesto che ancora subisce l'influenza dei raccolti record di seme nei principali Paesi produttori nel 2018. Nel complesso, il mercato si muove alla ricerca di un difficile equilibrio tra l'offerta abbondante e la necessità di mantenere quotazioni che stimolino i venditori.
L'aumento dei volumi di acquisti da parte dei principali Paesi importatori ha portato un po' di supporto ai prezzi dell'olio di girasole nel corso del mese di aprile, pur in un contesto che ancora subisce l'influenza dei raccolti record di seme nei principali Paesi produttori nel 2018. Nel complesso, il mercato si muove alla ricerca di un difficile equilibrio tra l'offerta abbondante e la necessità di mantenere quotazioni che stimolino i venditori.
Proseguono le semine del seme di girasole nell’emisfero settentrionale. In Ucraina, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, alla data del 25 aprile, le semine erano stimate a 2,2 milioni di ettari, pari al 38% dei circa 5,9 milioni di ettari attesi per la campagna 2019/20 (rispetto al record di 6,5 milioni di ettari seminati nella campagna precedente). In Russia, secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura, il seme di girasole è stato seminato su 1,8 milioni di ettari alla data del 29 aprile (22,7% della superficie attesa totale, stabile a circa 7,9 milioni di ettari). Le semine sono iniziate anche nell'Europa meridionale e stanno progredendo bene, anche se in un contesto di scarsa umidità dei terreni. Nel complesso, ci si attende che in UE ci si possa avvicinare all'ettaraggio record del 2018/19. La possibilità di ripetere il picco di produzione del 2018 resta quindi legata al ripetersi di rese record.
La campagna 2018/19 è stata caratterizzata, sul mercato dell’olio di girasole, dall’abbondanza dei raccolti di seme nei principali Paesi produttori: rese agricole record in Ucraina, Russia ed UE stanno portando a picchi produttivi anche per l’olio di girasole e ad una conseguente pesantezza sulle sue quotazioni.
La lieve ripresa dei prezzi registrata tra dicembre 2018 e febbraio 2019 sulle principali piazze, sostenuta dagli incrementi stagionali delle quotazioni dell’olio di palma, ha trovato un freno nell’aumento delle vendite da parte dei principali Paesi esportatori, che hanno interrotto la ritenzione del prodotto, stimolati da prezzi maggiormente remunerativi.
Si apre ora il periodo di semina del seme di girasole nell’emisfero settentrionale. In Ucraina le semine sono già iniziate, in anticipo di settimane rispetto allo scorso anno e ci si attende che le superfici totali possano superare i 6 milioni di ettari, pur rimanendo al di sotto del record di 6,6 milioni di ettari della campagna 2018/19. In Russia ci si prepara alle semine, con la prospettiva di arrivare vicino al dato record dello scorso anno, di 8,2 milioni di ettari. Le semine sono iniziate in Romania e Bulgaria, in un contesto di scarsa umidità dei terreni. Nel complesso, ci si attende che in UE ci si possa avvicinare all'ettaraggio record del 2018/19. La possibilità di ripetere il picco di produzione del 2018 resta quindi legata al ripetersi di rese record.
La campagna 2018/19 è stata caratterizzata, sul mercato dell’olio di girasole, dall’abbondanza dei raccolti di seme nei principali Paesi produttori: rese agricole record in Ucraina, Russia ed UE stanno portando a picchi produttivi anche per l’olio di girasole e ad una conseguente pesantezza sulle sue quotazioni.
La lieve ripresa dei prezzi registrata tra dicembre 2018 e febbraio 2019 sulle principali piazze, sostenuta dagli incrementi stagionali delle quotazioni dell’olio di palma, ha trovato un freno nell’aumento delle vendite da parte dei principali Paesi esportatori, che hanno interrotto la ritenzione del prodotto, stimolati da prezzi maggiormente remunerativi.
Si apre ora il periodo di semina del seme di girasole nell’emisfero settentrionale, con la previsione di un leggero aumento delle superfici nei principali Paesi produttori. La possibilità di ripetere il picco di produzione del 2018 resta quindi legata al ripetersi di rese record.
Da inizio campagna 2024/25 i prezzi dell’olio di oliva hanno subito importanti ribassi sui mercati europei, con il comunitario in calo del 27% tra inizio ottobre e fine novembre sul listino di Milano, sulla scia del crollo dei prezzi all’origine spagnoli, i quali tuttavia nelle ultime settimane si sono stabilizzati a fronte del rallentamento della raccolta delle olive in Andalusia per le elevate precipitazioni. In Italia, invece, scorte di EVOO inferiori ai già bassi livelli dell’anno scorso (70K t vs 96K t a fine ottobre) espongono le quotazioni domestiche ad una maggiore volatilità, con una diminuzione dei prezzi a livello medio del 4% nei primi due mesi di campagna.
Le aspettative di un miglioramento del livello di approvvigionamento europeo di olio di oliva rimane il principale driver ribassista per i mercati internazionali. In questo scenario, la Commissione Europea ha recentemente pubblicato un nuovo bilancio UE, che include una previsione di produzione comunitaria 2024/25 superiore di circa 20K t rispetto al dato di ottobre, per una maggiore produzione portoghese. Tuttavia, la previsione di esportazioni e consumi superiori rispettivamente del 18% e 7% rispetto alla scorsa campagna ha spinto la Commissione UE a rivedere a ribasso le aspettative di variazione degli stock finali rispetto alla campagna 2023/24 (+141K t rispetto alla previsione di ottobre di +230K t). Tali aggiornamenti, che implicano l’aspettativa di una più lenta ricostituzione delle scorte, sono il risultato di un parziale allineamento agli scenari del Ministero dell’Agricoltura spagnolo (MAPA), che proietta gli stock finali 2024/25 del Paese a 256K t (354K t secondo la Commissione UE, contro le 422K t proiettate ad ottobre).
La Commissione Europea ha rivisto in aumento il fabbisogno di importazione dell’Italia per la campagna 2024/25, con un incremento del 44% rispetto alla precedente campagna, raggiungendo le 475K t rispetto alle 370K t previste ad ottobre. Una parte significativa dei volumi importati è attesa sostenere l'espansione delle esportazioni piuttosto che i consumi domestici, previsti in diminuzione di 17K t rispetto al 2023/24, riportando l'autosufficienza dell’Italia ai livelli della campagna 2022/23.
Extra-UE la Commissione Europea proietta una produzione 2024/25 in aumento del 36%, trainata da un’offerta turca più che raddoppiata, a quota 450K t rispetto alle 350K t previste da USDA, e un favorevole raccolto in Tunisia (+55%), a quota 340K t rispetto alle 280K t previste da USDA. Sulla base degli ultimi dati pubblicati dalla Commissione Europea, si delineerebbe quindi un’offerta internazionale potenzialmente più elevata di quella proiettata da USDA.
Con l’inizio della campagna 2024/25 sono stati osservati i primi segnali di calo tra i prezzi dell’olio di oliva in Europa, stimolati da speculazioni di prezzi dell’olio di oliva che potrebbero raggiungere i 5000 €/t a dicembre per la categoria extravergine. In questa congiuntura, le quotazioni spagnole hanno trainato al ribasso i prezzi dell’olio extravergine di oliva comunitario quotato a Milano, diminuiti di oltre 500 €/t nell’ultimo mese, mentre rimangono in maggior tensione, complice le basse scorte disponibili, i prezzi del prodotto di origine italiana, che registrano una più leggera flessione di 100 €/t per il medesimo periodo preso in esame.
L’attuale debolezza del mercato è parzialmente legata alla previsione da parte del Ministero dell’Agricoltura spagnolo (MAPE) di una produzione di olio di oliva 2024/25 in Spagna proiettata a 1,26 Mio t, quasi il 50% superiore al livello della passata campagna. Le piogge prodotte durante la primavera hanno permesso una favorevole fase fioritura, soprattutto in Andalusia per cui è proiettata una produzione sopra il milione di tonnellate (+77%). Nella successiva pubblicazione di un primo bilancio 2024/25, il Ministero dell’Agricoltura spagnolo ha, però, rivisto in leggero aumento la produzione di olio di oliva in Spagna, a quota 1,29 Mio t. Lo stesso dato è stato confermato dalla Commissione Europea con la pubblicazione di fine ottobre dei suoi primi bilanci 2024/25 a livello comunitario e per i principali Paesi UE.
Tuttavia, tra i due bilanci emerge una significativa discrepanza riguardo il livello di scorte iniziali spagnole: 186 Kt secondo le proiezioni del MAPE, mentre la Commissione Europea riporta 215 Kt. Sebbene entrambi i bilanci indichino un miglioramento nel livello di approvvigionamento di olio d'oliva in Spagna, è importante notare che, anche a causa di consumi ed esportazioni più elevati, il MAPE prevede un accumulo di stock finali 2024/25 inferiore a quanto previsto dalla Commissione Europea: 256 Kt secondo le proiezioni del MAPE, mentre la Commissione Europea riporta 422 kt.
In Italia, i dati diffusi dal Ministero dell’Agricoltura italiano (MASAF) mostrano a fine settembre stock di olio extravergine di oliva a 73 Kt, in calo del 31% rispetto allo scorso anno, e 109 Kt di olio di oliva complessivamente disponibili nel Paese. Sulla base di scorte poco superiori alle 100 Kt e una produzione in contrazione di oltre il 30%, e nonostante l’aspettativa di un calo consistente dei consumi sul mercato interno, la Commissione Europea delinea per l’Italia una campagna 2024/25 con un livello di autosufficienza fortemente ridimensionato rispetto alla campagna 2023/24. Si evidenzia una forte dipendenza italiana dalle importazioni di prodotto spagnolo e tunisino, che però non risulteranno sufficienti ad impedire un’importante contrazione degli stock, potenzialmente tra il 30-50%.
Sotto questo punto di vista, positive sono le dichiarazioni del Ministero dell'Agricoltura tunisino di una produzione nazionale di olio di oliva prevista a 340 Kt, in crescita del 55% secondo la stessa fonte e del 70% se si considera la produzione tunisina 2023/24 stimata da USDA e Commissione Europea di 200 Kt. Con una produzione attesa a 350 Kt secondo USDA, un’elevata offerta disponibile è proiettata anche in Turchia durante l’attuale campagna, soprattutto dopo la dichiarazione del governo turco circa l'eliminazione delle restrizioni all’esportazione di olio di oliva sfuso domestico che erano state imposte fino al 1° novembre. La decisione è stata presa in un momento cruciale per il mercato internazionale, caratterizzato da scorte mondiali limitate, soprattutto in Europa, che si contrappongono ad elevati volumi di olio di oliva accumulati in Turchia.
A seguito di una momentanea stabilità delle quotazioni durante la fase di fioritura, da giugno i prezzi dell’olio extra-vergine hanno proseguito il trend di calo innescato ad inizio anno, dopo aver toccato i massimi storici. I prezzi del comunitario sono diminuiti, a livello medio, del 7% nell’ultimo trimestre trainando con sé i prezzi del nazionale (-4%), nonostante le aspettative di un importante crollo produttivo in Italia per la prossima campagna.
Con scorte di olio extra-vergine di oliva in contrazione, pari a 109K t al 31 luglio (-25% rispetto ai livelli dell’anno scorso), l’Italia sta affrontando una crisi significativa che è attesa incrementare la propria dipendenza dalle importazioni per evitare di iniziare la prossima campagna con scorte quasi nulle. In questo scenario, buona parte del fabbisogno italiano dovrà essere necessariamente compensato dalla Spagna che da inizio anno ha incrementato del 12% le proprie esportazioni rispetto all’anno precedente. Per sopperire alla crescente domanda internazionale degli ultimi mesi, la Spagna è stata costretta a ridurre le proprie scorte ad un ritmo superiore a quello delle ultime cinque campagne.
In questo periodo dell'anno, caldo e siccità stanno influenzando diversi Paesi del Mediterraneo, con Italia e Grecia tra i più colpiti. La situazione olivicola italiana risulta critica nel sud del Paese, dove i bassi livelli di umidità compromettono le prospettive produttive delineando una campagna 2024/25 di scarica particolarmente sottotono, con Olimerca che proietta una produzione potenzialmente inferiore alle 200K t. Anche in Grecia, specialmente in Messenia e Creta, forti ondate di calore stanno spingendo a revisioni al ribasso delle proiezioni sulla prossima campagna. Dopo una campagna 2023/24 di scarica, a quota 155K t secondo la Commissione Europea, tra gli operatori del settore si erano diffuse aspettative di una netta ripresa produttiva per la prossima campagna. Tuttavia, la combinazione di ridotte precipitazioni ed elevate temperature nel sud-est del Paese durante gli ultimi mesi hanno fortemente ridotto l’iniziale ottimismo.
Segnali positivi provengono, invece, dalla Spagna, anche se i risultati variano notevolmente a seconda delle regioni. Diffuse precipitazioni fino a giugno hanno garantito un bacino idrico ben fornito nella provincia di Jaén che ha permesso di contrastare le temperature elevate, che a fine luglio hanno superato i 40°C. Al contrario, Siviglia e Cordoba hanno sofferto la siccità primaverile, mentre forti ondate di calore hanno duramente colpito Malaga, Huelva e altre regioni meridionali, causando diffuse cadute di olive. Tuttavia, i buoni risultati attesi a Jaén sembrano confermare la possibilità di vedere una produzione spagnola in crescita di oltre il 50%, intorno a 1,3 Mio t. Una produzione ancora più abbondante potrebbe derivare da rese particolarmente elevate in frantoio e da raccolte posticipate. Quest'anno, le circa 100K t in più rispetto alle stime iniziali sono principalmente attribuibili alle insolitamente elevate moliture effettuate tra febbraio e marzo.
In Tunisia la previsione di USDA di un calo produttivo 2024/25 del 10%, a quota 180K t, appare una sottovalutazione del potenziale produttivo e ad oggi diversi operatori proiettano una significativa ripresa per il Paese, che secondo Olimerca potrebbe raggiungere le 325K t. Prospettive favorevoli extra-UE vi sono anche per la Turchia che sembra sempre più destinata a diventare la seconda forza produttiva mondiale, con una produzione 2024/25 leggermente inferiore al record della campagna 2022/23 ma in crescita dell’84% rispetto all’attuale campagna secondo USDA.
Precipitazioni limitate tra aprile e maggio nel sud della Spagna hanno frenato il trend di calo che si era innescato ad inizio anno sulle quotazioni europee dell’olio di oliva grazie ad aspettative di un buon recupero produttivo in Unione Europea per la prossima campagna. In questa congiuntura di momentanea stabilità, i prezzi rimangono ancora ampiamente al di sopra dei livelli dello scorso anno: a maggio il prezzo dell’extra-vergine comunitario è risultato il 36% superiore a quello dell’anno precedente. La situazione è ancora più complicata sulla referenza nazionale, che risente delle aspettative di una campagna 2024/25 di scarica e di un deficit idrico nelle principali regioni produttrici di olio di oliva: a maggio i prezzi dell’extra-vergine nazionale sono stati il 41% più elevati del medesimo periodo dello scorso anno.
Il nuovo bilancio UE 2023/24 pubblicato dalla Commissione Europea conferma una produzione in ripesa dell’8% rispetto alla scorsa campagna, addirittura al di sopra dei volumi registrati nella campagna 2014/15. Una produzione migliore di quanto inizialmente proiettato in Spagna ed Italia sta sostenendo l’offerta europea di olio di oliva e le aspettative di stock finali più elevati di quanto proiettato a dicembre 2023. Tuttavia, sulla scia del calo dei prezzi osservato ad inizio anno, la domanda nei singoli Paesi UE ha ripreso vigore, stimolando un aumento delle importazioni.
A livello cumulato i consumi domestici spagnoli 2023/24 si mantengono superiori del 19% rispetto a quelli della campagna precedente tra ottobre e aprile. Le esportazioni hanno ormai raggiunto i livelli della campagna 2022/23 e si mantengono sostenuti da una forte domanda italiana, quasi raddoppiata nel primo trimestre dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2023. Al 30 aprile, le giacenze di olio extra-vergine di oliva in Italia hanno raggiunto le 163K t, in calo del 20% rispetto ai livelli dell’anno scorso.
A causa della sostenuta domanda interna, l’UE rimane esposta ad un elevato fabbisogno di importazioni che fino ad ora è stato prevalentemente soddisfatto dall’offerta tunisina, la quale nelle ultime campagne ha osservato un progressivo calo a causa di produzioni inferiori alla media. Dall’altra parte è cresciuta la rilevanza della Turchia a seguito del raccolto record 2022/23. Tuttavia, dal 1°agosto 2023 la decisione del governo turco di vietare le esportazioni olio di oliva sfuso per contenere l’inflazione domestica ha ridotto il potenziale di export del Paese durante l’attuale campagna. Dopo le numerose richieste dell'industria nazionale dell'olio d'oliva, il Ministero del Commercio della Turchia ha autorizzato l’esportazione di 50K t di olio di oliva sfuso fino al 1° novembre 2024. Per la completa riapertura ai mercati esteri molto dipenderà dalla produzione della prossima campagna, la quale secondo il presidente dell'Associazione degli esportatori di olive e di olio d'oliva dell'Egeo potrebbe raggiungere le 400K t (350K t per USDA).
Da inizio marzo persistenti precipitazioni in Andalusia rafforzano le possibilità di un recupero produttivo in Spagna per la prossima campagna, che sta stimolando alcuni produttori a forzare le vendite, generando un eccesso di offerta sul mercato: i prezzi dell’olio extra-vergine di oliva comunitario sono diminuiti del 9% in un mese. Questa congiuntura ribassista si sta trasmettendo anche ai prezzi dell’olio EVO nazionale, i cui cali risultano, però, limitati da aspettative di una campagna 2024/25 di scarica che, insieme a scorte ai minimi delle ultime cinque campagne, pone a rischio l’autosufficienza del Paese.
Per l’attuale campagna la Commissione Europea ha recentemente rivisto al rialzo le stime della produzione UE, a quota 1,49 Mio t (+7% rispetto al 2022/23), grazie a produzioni sopra le aspettative iniziali in Spagna e Italia che hanno permesso di compensare il drastico calo produttivo in Grecia (-55%). Extra-UE la situazione rimane invariata con un calo produttivo complessivo del 14% rispetto al 2022/23, trainato da una produzione dimezzata in Turchia, a causa dell’alternanza produttiva e la forte siccità che ha pervaso il Paese durante il 2023. Tuttavia, secondo quanto riportato dall’ente governativo turco TMO, tra ottobre e febbraio 2023/24 diverse regioni turche hanno registrato precipitazioni cumulate superiori alla media. Questo ha contribuito a ripristinare un adeguato livello di umidità del suolo e genera prospettive incoraggianti per l'imminente fase di fioritura degli ulivi.
Il Dipartimento dell’Agricoltura spagnolo (MAPE) ha aggiornato il bilancio 2023/24 della Spagna, stimando un incremento della produzione del 27% e dei consumi dell’11%, rispettivamente a quota 845 Kt e 400 Kt e al di sopra delle più recenti proiezioni della Commissione Europea di 840 Kt e 369 Kt. Questi dati potrebbero confermare l’ipotesi che da inizio anno l'arrivo sul mercato di un'offerta superiore alle aspettative stia trainando gli utilizzi del Paese. A livello cumulato i consumi domestici 2023/24 hanno superato quelli della campagna precedente tra ottobre e febbraio e le esportazioni hanno ripreso slancio, raggiungendo i livelli registrati nei primi cinque mesi del 2022/23. Tuttavia, è importante notare che, per sostenere questi livelli di utilizzi, la Spagna mantiene un elevato fabbisogno di importazioni, le quali, date le ridotte disponibilità internazionali, nel secondo semestre di campagna potrebbero non essere sostenibili agli attuali livelli, ai massimi delle ultime cinque campagne.
La revisione al rialzo delle produzioni 2023/24 da parte dei principali player europei e l’avvento di abbondanti precipitazioni in alcune aree del Mediterraneo stanno imprimendo i primi spunti ribassisti ai prezzi dell’olio extra-vergine di oliva: dai livelli record registrati ad inizio anno, le quotazioni dell’extra-vergine nazionale e comunitario sono diminuite rispettivamente del 2% e 3%. La riduzione della siccità in paesi chiave, quali Spagna e Turchia, sta incrementando le aspettative di un rimbalzo dell’offerta disponibile per la prossima campagna, soprattutto in vista dell’imminente fase di fioritura degli ulivi che sarà fondamentale per determinare le rese 2024/25.
In merito all’attuale campagna, gli ultimi dati diffusi dalla Commissione Europea sulle produzioni mensili di olio di oliva in UE hanno superato ogni aspettativa. La produzione spagnola e italiana è stata rivista in aumento rispettivamente di 33 Kt e 35 Kt rispetto al precedente report, contribuendo ad una produzione UE stimata in crescita del 4% rispetto al minimo storico della scorsa campagna. Nonostante questi dati confermino la seconda peggiore produzione degli ultimi dieci anni, in questa congiuntura di limitata disponibilità, lo scenario delineato dalla Commissione Europea garantirebbe un’offerta più elevata del previsto a disposizione del settore industriale, soprattutto dopo che verso fine 2023 quest’ultimo aveva aumentato notevolmente la propria domanda di olio di oliva, a causa delle basse scorte e dei timori di una produzione deludente, riportando nuovamente in tensione le quotazioni europee.
Vi sono preoccupazioni sull’autosufficienza spagnola nel medio periodo, dopo che i dati pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura spagnolo (MAPE) sul primo quadrimestre dell’attuale campagna hanno evidenziato una Spagna fortemente dipendente dalle importazioni. È da tenere presente che la Turchia ha attualmente vietato l'esportazione di olio d'oliva sfuso per un periodo di tempo indefinito, mentre la Tunisia e il Marocco stanno adottando misure per proteggere il loro mercato interno limitando le esportazioni. Inoltre, i consumi cumulati del Paese sono ritornati sopra ai livelli dello scorso anno e questa tendenza potrebbe portare a scorte inferiori al previsto a settembre. Tuttavia, il mercato rimane maggiormente focalizzato sulla prossima campagna e le abbondanti precipitazioni osservate in Andalusia a febbraio hanno permesso qualche spunto di discesa alle quotazioni del prodotto comunitario. Se questa tendenza continuerà anche a marzo e non si registreranno temperature estremamente elevate durante la fase di fioritura, vi è la possibilità di osservare un raccolto 2024/25 in linea con i livelli storici.
Dal 14 novembre 2023 ad oggi i prezzi dell’olio di oliva-extravergine di oliva nazionale e comunitario quotati a Milano sono cresciuti rispettivamente del 21% e 18%, superando ampiamente la soglia dei 9,000 €/t. Una limitata disponibilità di olio nei magazzini di produttori e confezionatori ha, infatti, alimentato la domanda che si è contrapposta ad una reticenza a vendere da parte di frantoi e cooperative. Attualmente, la pressante richiesta degli agricoltori di liquidare immediatamente le olive sta esercitando una tensione sui frantoi industriali, che li ha costretti a tornare sul mercato incrementando l'offerta disponibile, richiedendo a loro volta pagamenti tempestivi e ritiri immediati per evitare un'eccessiva esposizione finanziaria.
In questa situazione di momentaneo miglioramento dell’offerta disponibile, i dati preliminari pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura spagnolo (MAPE) sulla produzione e gli stock disponibili per dicembre 2023 in Spagna hanno rappresentato un altro elemento di distensione per il mercato. Con una produzione cumulata tra ottobre e dicembre 2023 di 584.780 tonnellate, le scorte disponibili di olio di oliva ad inizio 2024 risultano in netta ripresa ed in linea con i livelli dello scorso anno per il medesimo periodo di riferimento. In forte crescita sono anche gli stock di olio EVO in Italia, +37% a fine dicembre 2023 rispetto al mese precedente secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’agricoltura (Masaf), anche se i volumi accumulati risultano ancora ai minimi delle ultime sei campagne, -25% rispetto all’anno scorso.
Tuttavia, le ultime proiezioni della Commissione Europea evidenziano una produzione di olio di oliva migliore del previsto per Italia e Portogallo: a livello cumulato tra settembre e dicembre 2023, i due Paesi hanno rispettivamente già prodotto 272 Kt e 140 Kt. La produzione dell’Unione Europea ha già complessivamente superato il milione di tonnellate ed è prevista raggiungere la soglia di 1,4 Mio t.
In vista della fase di fioritura dei prossimi mesi, le abbondanti precipitazioni osservate in Spagna nelle ultime settimane rappresentano una nota positiva. Tuttavia, la situazione idrica rimane ancora problematica, con precipitazioni cumulate dal 1° ottobre 2023 al 16 gennaio 2024 circa il 3% inferiori alla media, secondo l'agenzia spagnola di meteorologia AEMET. Le elevate temperature che hanno colpito il Paese nelle ultime due campagne stanno ancora facendo sentire i loro effetti e i livelli di umidità del suolo evidenziano forti criticità nel sud-est del Paese.
Per contrastare l'inflazione e garantire prezzi accessibili ai consumatori, il governo spagnolo ha deciso di includere l'olio di oliva nella lista dei generi alimentari esenti da IVA. Questa nuova misura, valida fino al 30 giugno 2024, si applica solo alle vendite al dettaglio e rappresenta un'estensione dell'iniziativa già avviata nel 2023, che aveva ridotto l'aliquota IVA al 5%. L'adozione di questa politica segue il trend di altri Paesi, tra cui il vicino Portogallo, il quale, pur eliminando l'IVA sull'olio d'oliva l'anno scorso, non ha prolungato le misure temporanee di agevolazione, scadute il 4 gennaio.
Con l’arrivo dei raccolti, i frantoi sono stati messi sotto pressione dagli agricoltori intenti a liquidare le loro olive al momento stesso della consegna: in passato la vendita dell'olio d'oliva avveniva in modo più graduale e non saturava così velocemente il mercato. La necessità di liquidità degli olivicoltori ha trainato al ribasso i prezzi dell’olio EVO, facendo osservare cali del 9% per il Comunitario e del 13% per il Nazionale. Tuttavia, da metà novembre le esigenze delle imprese imbottigliatrici di effettuare nuovi acquisti a causa delle basse scorte disponibili e, soprattutto, il diffuso timore di una produzione al di sotto delle aspettative ha riportato in tensione tutte le categorie dell’olio di oliva.
A causa dei bassi rendimenti e della minore quantità di olive registrati durante la fase di raccolta delle olive, COAG Jaén ha chiesto al Ministero dell'Agricoltura spagnolo (MAPA) di riesaminare la stima produttiva dell'olio d'oliva presentata il 6 ottobre, pari a 765 Kt. Secondo i tecnici dell'organizzazione agricola, se il rendimento medio previsto dal governo in Andalusia era del 21%, le olive stanno venendo raccolte con rendimenti che vanno dal 14% al 20%. Nonostante le recenti piogge, le precipitazioni sono ancora insufficienti e lo stress idrico a cui sono sottoposti gli alberi preoccupa gli agricoltori, che stanno già pensando alla campagna 2024/2025.
Nel Medium-Term Outlook dell’UE, la Commissione Europea ha evidenziato come il cambiamento climatico possa avere un rilevante impatto sulla produzione dell’olio di oliva dal 2023 al 2035. È prevista una forte volatilità nelle rese e nella qualità dell'olio, con tendenze contrastanti nel consumo tra i principali paesi produttori dell'UE (in diminuzione) e gli altri (in aumento). Nonostante la vulnerabilità della produzione di olio d'oliva dell'UE a fenomeni meteorologici avversi, la Commissione suggerisce che la ricerca, l'innovazione e l'uso di varietà più resistenti potrebbero mitigare gli impatti negativi, consentendo un incremento annuo della resa del 0,5% fino al 2035. La produzione di olio d'oliva dell'UE potrebbe raggiungere 2,2 Mio t nel 2035, con una stabilità del consumo interno e un aumento delle esportazioni, specialmente verso i mercati asiatici.
Questo report segue la recente pubblicazione della Commissione Europea dei primi bilanci 2023/24. Seppur in lieve aumento, la produzione in UE rimane la seconda più bassa delle ultime dieci campagne, dietro solo alla disastrosa campagna 2022/23 e sostenuta da una produzione spagnola in linea con la previsione di ottobre del Ministero dell’Agricoltura spagnolo. A causa di stock iniziali in contrazione del 39%, l’offerta disponibile in Europa appare ancora in forte deficit ed incapace di sostenere le esportazioni extra-UE, previste complessivamente in diminuzione, soprattutto dalla Grecia. Nonostante la Commissione Europea preveda un’ulteriore contrazione dei consumi dai bassi livelli registrati durante la precedente campagna, le scorte in UE sono previste ridursi di quasi un terzo durante la campagna 2023/24, di cui il 70% detenute in Spagna rispetto al 61% della precedente campagna.
I primi dati mensili di campagna forniti dal MAPA evidenziano una tendenza di distruzione della domanda spagnola: ad ottobre i consumi domestici sono stati inferiori tanto ai volumi registrati lo scorso anno quanto a quelli del mese precedente. Nonostante gli elevati prezzi internazionali, le esportazioni del Paese mostrano un trend di calo che fatica ad affievolirsi e si affianca ad importazioni sostenute dai bassi stock disponibili.
Sulla scia dei primi segnali di debolezza del Jaén, il 26 settembre il prezzo dell’olio EVO comunitario ha registrato il suo primo calo (-1%) da inizio anno. Nelle ultime settimane il commercio di olio di oliva è stato limitato, con gli acquirenti che rimangono in attesa dell'arrivo sul mercato delle nuove precoci produzioni provenienti dal Portogallo o da alcune aree dell'Andalusia. Al contempo, l'industria di raffinazione sta conservando le proprie scorte, contribuendo a instaurare un clima di stabilità.
Gli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura spagnolo evidenziano un importante calo dei consumi durante la campagna 22/23 che insieme ad esportazioni dimezzate tra ottobre 2022 ed agosto 2023 potrebbero favorire un accumulo di stock nel Paese superiore alle 200K t (vs 107K t attualmente stimate dalla Commissione Europea). I dati di fine agosto delineano comunque scorte disponibili in Spagna di oltre il 50% inferiori alla media degli ultimi quattro anni. Inoltre, la diffusa aspettativa di una seconda campagna di scarica per il Paese, che alcune fonti locali non escludono possa portare ad una produzione inferiore allo scorso anno, delinea una campagna 23/24 di offerta spagnola limitata.
Avverse condizioni climatiche hanno colpito diversi Paesi del Mediterraneo e sono attese determinare la seconda più bassa produzione UE degli ultimi dieci anni.
In Puglia temporali, grandine e venti violenti hanno gravemente danneggiato gli uliveti della regione. Le zone rurali del nord della Puglia, in particolare nelle province di Capitanata, Barletta-Andria-Trani e nell'area metropolitana di Bari, hanno subito i danni più significativi. La produzione di olio d'oliva in Puglia rappresenta fino a 150K t di una campagna tipica, circa la metà della produzione nazionale italiana.
Anche in Grecia, forti piogge e grandinate hanno colpito gli uliveti, danneggiando gli alberi poco prima dell’imminente raccolta e suscitando preoccupazioni per la diffusione di malattie in alcune aree allagate. Dopo l’ondata di calore nei mesi estivi, la quale ha causato l’incendio più grande della storia d’Europa nel Nord-Est del Paese, i recenti sviluppi meteo limitano le rese potenziali degli ulivi greci, soprattutto a causa dei bassi livelli di fruttificazione: produzione 2023 attesa dimezzarsi rispetto all’anno scorso.
I problemi climatici hanno colpito anche Paesi extra-UE. Diversi mesi di caldo e forte siccità, hanno portato il Ministero dell’Agricoltura della Siria a prevedere una produzione 23/24 di solo 49K t di olio di oliva, un netto calo rispetto alla media quinquennale di 114K t. Questo sviluppo siriano arriva dopo che il Ministero del Commercio turco ha sospeso le esportazioni di olio d'oliva fino al 1° novembre, citando l'impennata globale dei prezzi dell'olio d'oliva, e si affianca alla recente decisione del Marocco di vietare l'esportazione di olio d'oliva per garantire l'approvvigionamento del mercato interno.
Nonostante qualche rallentamento, ad agosto i prezzi dell’olio extra-vergine di oliva hanno continuato a crescere per la referenza dell’olio comunitario (+6%) e per quella del nazionale (+2%) sotto la spinta di una limitata offerta globale e una domanda che fatica a contrarsi abbastanza da frenare l'erosione delle scorte. Secondo il rapporto del Ministero dell’Agricoltura spagnolo, gli stock di luglio si sono dimezzati rispetto ai valori medi delle campagne 18/19-21/22. Situazione simile in Italia, dove l’ultimo report del Mipaaf evidenzia giacenze in calo del 13% rispetto a giugno, ai minimi degli ultimi 5 anni per il mese di luglio.
I frantoi spagnoli mantengono una posizione principalmente attendista, in previsione di un ritorno degli importatori italiani alla ricerca di partite di EVOO di qualità per migliorare le proprie scorte. Secondo Olimerca, alcuni frantoi spagnoli stanno valutando anche la possibilità di iniziare la raccolta anticipata a settembre, visto che le condizioni climatiche di quest'anno hanno causato una maturazione precoce delle olive.
In Portogallo sembra confermato che alcuni operatori stiano già offrendo i loro nuovi EVOO a 8,30 €/kg. Ricordiamo che in questo Paese la raccolta delle olive inizia a settembre, in anticipo rispetto alla Spagna, e saranno quindi in grado di stabilire l'andamento dei prezzi all'origine del Paese limitrofo prima che la raccolta delle olive si diffonda in tutto il Paese.
Al fine di limitare l’inflazione domestica, la Turchia ha recentemente deciso di sospendere le esportazioni di olio d'oliva sfuso fino al 1° novembre, generando ulteriori preoccupazioni sull’offerta globale disponibile. Secondo il Ministero del Commercio turco, da novembre 2022 a luglio 2023 le esportazioni del Paese sono aumentate del 240% rispetto allo stesso periodo della campagna 21/22, compensando parzialmente il calo produttivo in UE. A fronte di ciò, suscita preoccupazione l'eventuale impatto delle vendite di olio d'oliva turco a nazioni terze da parte di Spagna e Italia, poiché potrebbero complicare il loro consumo interno a causa dei bassi stock disponibili.
L’olio di oliva ha raggiunto prezzi record su tutti i mercati internazionali: a livello medio le quotazioni del nazionale e comunitario sono cresciute circa del 50% da inizio anno. I listini stanno assumendo caratteristiche sempre più simili a quelli dei mercati finanziari, con fluttuazioni giornaliere importanti trainate dalle aspettative di un’altra campagna deludente e le difficoltà a reperire olio extra-vergine di buona qualità.
A maggio, in Spagna la produzione di olio di oliva per la campagna 22/23 si è conclusa a 663k t (-54% rispetto alla precedente campagna), secondo le stime del Ministero dell’Agricoltura. Nel frattempo, le elevate temperature continuano a deteriorare le prospettive sul futuro raccolto del Paese. Per limitare i danni causati dalla siccità, l’UE ha approvato un pacchetto di aiuti del valore di 330 milioni di euro, di cui 81 milioni di euro destinati agli agricoltori spagnoli. Rimane critica la produzione per la prossima campagna in tutta l’area del Mediterraneo, dove scarsità idrica ed elevate temperature difficilmente permetteranno un abbondante raccolto nei Paesi extra-UE, quali Marocco, Tunisia e Turchia. In UE, invece, persistono dubbi sulle possibili rese nella Penisola Iberica, che per diversi operatori determineranno un’altra campagna sotto tono in Spagna che difficilmente supererà le 800K t, e genera preoccupazioni l’alternanza produttiva in Grecia, dove il calo della produzione potrebbe raggiungere il 40% per la prossima campagna. Nel bacino del Mediterraneo l’unico Paese in controtendenza è l’Italia, in cui una positiva fase di fioritura è prevista favorire un raccolto promettente, anche se preoccupano le prime indicazioni che sono arrivate dalla Puglia.
Sulla base di queste ipotesi, preoccupano le basse scorte di olio di oliva nei principali Paesi produttori: le giacenze di fine maggio in Spagna e di fine giugno in Italia erano rispettivamente il 48% e il 20% inferiori alla media delle ultime quattro campagne per lo stesso mese di riferimento. Le elevate quotazioni dell’attuale campagna hanno incentivato una flessione dei consumi del 20-30% in quasi tutti i mercati, ma senza generare il tracollo auspicato sui prezzi. Al momento, le quotazioni record non si riflettono ancora pienamente nella grande distribuzione a causa dei contratti stipulati all'inizio dell'anno che hanno soglie di adeguamento prefissate, abbondantemente inferiori ai rincari avvenuti sul mercato all’ingrosso. A fronte di ciò, Areté prevede un ulteriore declino dei consumi del 10% per la prossima campagna, raggiungendo un minimo mai toccato prima.
L’olio di oliva ha raggiunto prezzi record su tutti i mercati internazionali: a livello medio le quotazioni del nazionale e comunitario sono cresciute del 40% da inizio anno. I listini stanno assumendo caratteristiche sempre più simili a quelli dei mercati finanziari, con fluttuazioni giornaliere importanti trainate dalle aspettative di un’altra campagna deludente e le difficoltà a reperire olio extra-vergine di buona qualità.
A maggio, in Spagna la produzione di olio di oliva per la campagna 22/23 si è conclusa a 663k t (-54% rispetto alla precedente campagna), secondo le stime del Ministero dell’Agricoltura. Nel frattempo, le elevate temperature continuano a deteriorare le prospettive sul futuro raccolto del Paese. Per limitare i danni causati dalla siccità, l’UE ha approvato un pacchetto di aiuti del valore di 330 milioni di euro, di cui 81 milioni di euro destinati agli agricoltori spagnoli. Rimane critica la produzione per la prossima campagna in tutta l’area del Mediterraneo, dove scarsità idrica ed elevate temperature difficilmente permetteranno un abbondante raccolto nei Paesi extra-UE, quali Marocco, Tunisia e Turchia. In UE, invece, persistono dubbi sulle possibili rese nella Penisola Iberica, che per diversi operatori determineranno un’altra campagna sotto tono in Spagna che difficilmente supererà le 800K t, e genera preoccupazioni l’alternanza produttiva in Grecia, dove il calo della produzione potrebbe raggiungere il 40% per la prossima campagna. Nel bacino del Mediterraneo l’unico Paese in controtendenza è l’Italia, in cui una positiva fase di fioritura è prevista favorire un raccolto promettente, anche se preoccupano le prime indicazioni che sono arrivate dalla Puglia.
Sulla base di queste ipotesi, preoccupano le basse scorte di olio di oliva nei principali Paesi produttori: le giacenze di fine maggio in Spagna e di fine giugno in Italia erano rispettivamente il 48% e il 20% inferiori alla media delle ultime quattro campagne per lo stesso mese di riferimento. Le elevate quotazioni dell’attuale campagna hanno incentivato una flessione dei consumi del 20-30% in quasi tutti i mercati, ma senza generare il tracollo auspicato sui prezzi. Al momento, le quotazioni record non si riflettono ancora pienamente nella grande distribuzione a causa dei contratti stipulati all'inizio dell'anno che hanno soglie di adeguamento prefissate, abbondantemente inferiori ai rincari avvenuti sul mercato all’ingrosso.
L'aspettativa, dunque, è che il raccolto non si riprenda completamente dopo la disastrosa produzione del 2022. Secondo i dati meteorologici di Aemet, in Spagna sono caduti in media 371 mm di pioggia dall'inizio dell'anno idrologico nell'ottobre 2022, il 27% in meno rispetto alla quantità media di pioggia. La maggior parte della Spagna meridionale e orientale, comprese tre delle quattro regioni produttrici di olio d'oliva (Andalusia, Castilla-La Mancha e Catalogna), ha ricevuto meno di 300 mm di pioggia nell'anno idrologico. Mentre gli ulivi possono sopravvivere con meno di 200 mm di pioggia all'anno, la maggior parte degli ulivi richiede tra 400 e 1.000 mm all'anno per una produttività ottimale.
Complessivamente, le riserve idriche spagnole sono al di sotto del 50% della capacità totale, limitando anche la possibilità di irrigazione.
Il ministero dell'Agricoltura dell'Andalusia sottolinea nel suo rapporto settimanale che mentre molti degli uliveti della regione stanno entrando in produzione, una parte importante degli oliveti nella parte orientale di Jaén non riusciranno a fruttificare, a causa della perdita dei fiori. Anche negli uliveti in cui si sta avvenendo la fruttificazione, gli agricoltori rilevano dimensioni delle olive notevolmente più piccole del normale, soprattutto nei frutteti di Úbeda, Baeza e Mancha Real.
Nella vicina provincia di Almería, il clima secco e il caldo intenso di aprile hanno provocato una fioritura di scarsa qualità. Quando la pioggia è arrivata a metà maggio, ha portato grandine che ha danneggiato molti alberi.
In questo contesto, i prezzi proseguono nel loro trend di crescita: da inizio aprile a oggi, le quotazioni dell'olio extra-vergine di oliva nazionale sono cresciute del 12% e quelle comunitario del 15%.
Continuano le preoccupazioni legate alla forte siccità in Spagna, che non sta favorendo la fase di fioritura in Andalusia e in altre regioni della penisola iberica. Questa notizia ha stimolato gli acquisti degli imbottigliatori che stanno cercando di garantirsi approvvigionamenti commerciali minimi per la prossima campagna, determinando forti rimbalzi sui prezzi. Da inizio aprile a oggi, le quotazioni dell'olio extra-vergine di oliva nazionale sono cresciute del 9% e quelle comunitario del 13%.
Il mercato è ormai focalizzato sulla prossima campagna e una possibile ripresa dell’offerta di olio di oliva appare sempre più difficile. Dopo la forte siccità che l’anno scorso aveva messo a dura la prova gli ulivi spagnoli e determinato una produzione di olio di oliva dimezzata rispetto al 2021, nell’ultimo periodo le inusuali alte temperature e un’umidità del suolo insufficiente hanno ulteriormente stressato gli alberi. C’è un rischio sempre maggiore di una produzione 2023/24 inferiore alla media che potrebbe determinare un’offerta globale di olio di oliva limitata anche nella prossima campagna.
Maggio è un mese chiave per la determinazione dei prossimi raccolti di olive, perché coincide con la delicata fase della fioritura. Nella regione di Jaen, in Spagna, la principale regione produttiva, la pioggia non accenna ad arrivare e i bacini idrici hanno riserve pari soltanto al 25% del livello medio. Per garantire le forniture di acqua alla popolazione, dunque, la disponibilità idrica per l'irrigazione è stata ridotta del 75%. La carenza idrica, accompagnata da temperature che nelle scorse settimane hanno sfiorato i 40 gradi nella regione di Jaen, ha avuto un impatto sulla fioritura degli ulivi, compromettendo potenzialmente le rese anche per la prossima campagna, per la quale non si possono al momento escludere rese inferiori a quelle del 2022. Addirittura, i produttori avanzano preoccupazioni per la sopravvivenza stessa degli ulivi.
La siccità sta colpendo più della metà dei terreni agricoli del paese e sono segnalati danni a diversi raccolti, compresi cereali e semi oleosi, su un’area di almeno 3,5 Mio ha. In questa situazione senza precedenti, il governo spagnolo ha deciso di stanziare un pacchetto di 2,2 miliardi di euro a sostegno degli agricoltori. Questo a seguito della già avvenuta riduzione dell'IVA dal 10% al 5% per l'olio d'oliva che non ha fatto nulla per frenare l’impennata delle quotazioni nazionali.
In Italia, le temperature fresche dell’ultimo mese stanno ritardando la fioritura dell'olivo. Questo ritardo, però, preoccupa gli olivicoltori perché nelle prossime settimane sono previste ondate di calore come quelle già verificate in Spagna, con temperature oltre i 30 gradi che potrebbero compromettere la fioritura. Nel frattempo, le vendite rimangono elevate nonostante i rincari, sostenute dall’attuale scarsità di offerta per l’olio greco e dalla minor qualità dell’olio spagnolo. Questo ha portato le giacenze di olio extra vergine di oliva italiano a calare del 18% a fine aprile rispetto alla precedente campagna di scarica 2020/21, secondo i dati pubblicati da Mipaaf. A causa dell’attuale scarsità di olio di oliva, l’Associazione Italiana dell’industria olearia (ASSITOL) ha evidenziato il rischio della mancanza di volumi sufficienti a rifornire il mercato nei prossimi mesi, soprattutto se il prossimo raccolto dovesse accumulare ritardo rispetto al calendario consueto.
Un maggio ancora privo di pioggia nelle principali regioni olivicole spagnole, dopo 36 mesi consecutivi di precipitazioni inferiori alla media, sta determinando la ripartenza delle quotazioni dell'olio extra-vergine di oliva, sia per il prodotto nazionale che comunitario.
Come descritto nei precedenti commenti, maggio è un mese chiave per la determinazione dei prossimi raccolti di olive, perché coincide con la delicata fase della fioritura. Nella regione di Jaen, in Spagna, la principale regione produttiva, la pioggia non accenna ad arrivare e i bacini idrici hanno riserve pari soltanto al 25% del livello medio. Per garantire le forniture di acqua alla popolazione, dunque, la disponibilità idrica per l'irrigazione è stata ridotta del 75%. Rispetto al primo scenario proposto da Areté per il 2023/24 a partire da marzo 2023, i peggiori scenari per la produzione spagnola del prossimo anno si stanno verificando. La carenza idrica, accompagnata da temperature che nelle scorse settimane hanno sfiorato i 40 gradi nella regione di Jaen, ha avuto un impatto sulla fioritura degli ulivi, compromettendo potenzialmente le rese anche per la prossima campagna, per la quale non si possono al momento escludere rese inferiori a quelle del 2022. Addirittura, i produttori avanzano preoccupazioni per la sopravvivenza stessa degli ulivi.
Non sono ancora stati pubblicati dati ufficiali di previsione del livello di produzione di olio di oliva per la Spagna per la campagna 2023/24. I timori appena descritti, tuttavia, stanno alimentando la nuova ondata di rialzi. Un freno agli aumenti di prezzo può venire dal razionamento della domanda dei consumatori, in parte già in via di realizzazione.
A fronte di una limitata disponibilità, al momento la Tunisia fatica a soddisfare l’elevata domanda europea. Infatti, nonostante la crescita delle esportazioni registrata tra ottobre-marzo 2022/23 (+4% rispetto allo stesso periodo della scorsa campagna di carica), nel mese di marzo l’export tunisino di olio di oliva è diminuito del 32% rispetto all’anno scorso anno, secondo l'Osservatorio Nazionale dell'Agricoltura tunisino (Onagri).
Fino alla pubblicazione di scenari relativi alla campagna 2023/24 da parte delle autorità spagnole, i prezzi potrebbero continuare a subire ulteriori tensioni, al di sopra dell'attuale scenario di previsione di prezzo. La campagna si chiuderà inevitabilmente con livelli di stock ai minimi e la disponibilità di offerta a livello europeo fino al prossimo raccolto sarà dipendente dalla misura del calo della domanda.
Nonostante il debole calo osservato ad inizio anno, da dicembre 2022 ad oggi il prezzo dell’olio extravergine di oliva nazionale è rimasto stabile al valore massimo di campagna di 6.050 €/t. Tali quotazioni sono state sostenute dai prezzi record osservati sul comunitario, aumentato ulteriormente nell’ultimo mese a quota 5,625 €/t in seguito al peggioramento delle condizioni in Spagna.
La limitata disponibilità spagnola di olio di oliva nell’attuale campagna è la peggiore degli ultimi 25 anni e i danni causati dalla siccità sul raccolto appaiono più gravi di quanto atteso. A febbraio la produzione spagnola è stata di sole 36 Kt, per un totale di 652 Kt di olio di oliva prodotte ad oggi nel 2022/23 (-55% rispetto alla scorsa campagna). Secondo il presidente dell'Associazione spagnola dei giovani agricoltori (Asaja), questi numeri saranno quasi definitivi poiché nel mese di marzo è prevista una produzione molto ridotta. In Spagna si è verificato un parziale effetto sostituzione con l’olio di girasole ed altri oli vegetali a più basso prezzo e sul mercato ci sono indiscrezioni di un calo più marcato nell’utilizzo dell’olio di oliva da parte dei consumatori di generi alimentari in alcune regioni già nelle ultime settimane.
La siccità ha iniziato a creare qualche problema anche in Turchia dove i governatori di alcune regioni occidentali del Paese hanno deciso di attuare un programma di gestione dell’irrigazione dei campi. Nonostante le basse precipitazioni registrate in diverse aree del mediterraneo negli ultimi mesi, il raccolto turco nel 2023 è atteso rimanere a livelli record al di sopra della media quinquennale e solo in lieve calo rispetto a quello dell’attuale campagna per il ciclo produttivo degli ulivi. Infatti, nei prossimi anni la produzione in Turchia è attesa in espansione grazie al continuo sostegno del governo, la forte domanda internazionale e le migliori pratiche agricole. Si stima che ogni anno vengano piantati circa 1,5 milioni di nuovi ulivi, la maggior parte dei quali lungo le regioni costiere del sud e dell'est del Paese.
Anche in Tunisia è atteso nei prossimi anni un aumento della superficie olivicola, la quale attualmente rappresenta circa un terzo del totale dei terreni coltivabili del Paese. A fronte dell’attuale campagna di scarica che si aggira tra le 200 Kt (-17% vs 2021/22) stimate da USDA e le 180 Kt (-25% vs 2021/22) stimate dalla Commissione Europea, Foreign Agriculture Service di USDA ha fornito una prima previsione per la produzione tunisina 2023/24 di 250 Kt. Sarebbero 10 Kt in più della precedente campagna di carica, ma 65 Kt in meno alla media delle ultime cinque campagne di carica.
Secondo i dati pubblicati da Mipaaf, a febbraio è stata registrata la prima contrazione delle giacenze italiane per il 2022/23, un mese in anticipo rispetto all’andamento medio delle ultime campagne.
All'indomani dei forti terremoti che hanno provocato numerosi danni in alcune delle regioni olivicole più fruttuose di Turchia e Siria, in gran parte della Turchia sud-orientale e della Siria settentrionale si alternano piogge a nevicate con temperature intorno allo zero. Fonti turche affermano che i danni ingenti subiti dai frantoi e dalle cantine influenzeranno seriamente le esportazioni di olio d'oliva dalla Turchia nelle prossime settimane e permane molta incertezza sulla capacità di diverse aziende del Paese di rispettare gli impegni presi con i loro clienti in tutto il mondo. A questo si aggiunge il clima secco che sta preoccupando ancora diverse aree del Mediterraneo. In particolare nella Spagna meridionale e centrale, nell'Italia settentrionale, nella Turchia occidentale e nella regione del Maghreb si registra un netto deficit di precipitazioni. In questo clima generale di tensioni, le quotazioni europee sono ritornate a rimbalzare per la prima volta da dicembre, trainate dalla forte volatilità rialzista dell’olio extra-vergine di oliva Jaen.
In Spagna la produzione di olio di oliva è precipitata a gennaio (-62% rispetto all’anno scorso), portando il totale di ottobre-gennaio a un minimo pluriennale a 614 Kt, in calo del 55% rispetto allo stesso periodo della scorsa campagna. Contestualmente anche le esportazioni spagnole risultano in forte contrazione ed hanno raggiunto quota 233 Kt tra ottobre e dicembre 2022 (-13% rispetto allo stesso periodo del 2021), a fronte di minori spedizioni soprattutto verso Italia e Stati Uniti.
L’aumento della produzione in Grecia e la crescita delle esportazioni del Paese stanno controbilanciando la limitata offerta nelle regioni del Mediterraneo. Tra ottobre e dicembre 2022 l’export greco di olio di oliva è più che duplicato rispetto all’anno precedente, di cui il 73% verso l’Italia. Fonti locali riferiscono che le aree nel Paese non ancora raccolte si stimino attorno al 10-15% e probabilmente parte di queste rimarranno tali a causa degli elevati costi di raccolta che i produttori locali devono sostenere. La qualità non sembra aver beneficiato dell'insolito clima mite, che ha permesso alla mosca olearia di continuare i suoi attacchi a Creta sulle colture di olive migliorate dalle piogge, mentre nel Peloponneso le condizioni più umide hanno favorito il prolificare di malattie.
In Tunisia il Ministero dell’Agricoltura nazionale prevede una produzione di 180 Kt di olio di oliva per l’attuale campagna (-20 Kt rispetto al dato USDA), con il 42% della produzione concentrata nel centro-ovest del Paese. La raccolta delle olive è quasi giunta a conclusione, in avanzamento al 97% in data 15 febbraio, e il tasso di estrazione dell’olio registrato durante le prime due settimane di febbraio oscilla tra il 18% e il 26%. Nonostante la crescita delle esportazioni registrata tra ottobre 2022 e gennaio 2023 (+17% rispetto allo stesso periodo della scorsa campagna di carica), l’export tunisino di olio d'oliva ha iniziato a rallentare molto nel mese di gennaio, secondo l'Osservatorio Nazionale dell'Agricoltura tunisino (Onagri).
L’elevato premio dell’olio di oliva sugli altri oli vegetali ha generato i primi effetti di razionamento della domanda e sostituzione con l’ampia offerta di olio di girasole in Europa, generando i primi ribassi sulle quotazioni del comunitario e del Jaén, entrambi ormai ad un massimo storico. Invece, nonostante quotazioni stabili seppur a livelli elevati sul nazionale, in Italia le scorte risultano insolitamente alte: a dicembre sono state il 25% più elevate di quelle dello stesso mese della campagna 2018/19, annata di scarica per cui si era osservato un massimo sul nazionale a 5.875 €/t (-175 €/t rispetto al massimo dell’attuale campagna).
In Spagna, dai coltivatori di Córdoba giungono preoccupazioni sull’impatto che la siccità possa avere anche sul raccolto del 2023. La scarsità d'acqua sta avendo un effetto significativo sulla produzione spagnola dell’attuale campagna e le precipitazioni delle ultime settimane in alcune zone del Paese non sono state sufficienti a reintegrare le risorse idriche. Di conseguenza, i serbatoi idrici sono ancora ben al di sotto della loro capacità media e risultano in corso discussioni a livello nazionale e locale per determinare e gestire le priorità di utilizzo dell'acqua.
La situazione appare preoccupante anche in Grecia, dove il clima innaturalmente caldo che prevale in gran parte del Paese, con temperature diurne intorno ai 20°C, potrebbe compromettere la qualità dell'olio extra-vergine di oliva appena prodotto in alcune regioni. Il raccolto è stato ritardato a causa delle condizioni meteorologiche e della mancanza di lavoratori. Le temperature ancora alte e l'elevata umidità esistente favoriscono lo sviluppo di malattie e della mosca della frutta. La qualità dell’olio d'oliva greco si sta riducendo, comportando un aumento dei prezzi.
Il clima ottimale lungo la costa del Mar Egeo e gli investimenti dell'industria sostengono, invece, le previsioni di produzione record per la Turchia, anche se l'aumento non sembra ancora sufficiente a compensare la riduzione della produzione in Unione Europea. Il raccolto eccezionale ha incrementato notevolmente l’offerta turca, ma il potenziale di export potrebbe essere limitato dagli sforzi interni per controllare i prezzi alimentari domestici, soprattutto se persiste l'incertezza in altri mercati dei semi oleosi.
Nel report pubblicato a fine novembre sulla situazione del mercato dell'olio d'oliva, la Commissione Europea ha ridotto la sua previsione sulla produzione in Spagna a 780 Kt rispetto all’1 Mio t precedentemente stimato, allineandosi con la stima del Ministero dell'Agricoltura spagnolo (highlight 7 nov). A fronte di ciò, la produzione europea 2022/23 è prevista calare del 34%, nonostante un’importante crescita attesa in Grecia (+51%).
Fuori dai confini comunitari anche per la Tunisia si profila un’annata di scarica con una flessione della produzione prevista intorno al -25%, con risultati eterogenei nelle principali regioni olivicole del Paese. In generale, come in Europa anche qui si registrano prezzi all’export molto elevati che arrivano a toccare i 5,4 €/lt.
In Turchia gli ulivi ad alto rendimento piantati negli ultimi anni sembrano iniziare a dare i primi frutti. Infatti, il consiglio nazionale turco delle olive e dell'olio d'oliva si attende una produzione senza precedenti, +79% rispetto alla campagna 2021/22. Anche se più limitato, questo aumento risulta in linea con la recente revisione al rialzo di USDA (+66%). Il raccolto record di olive sarebbe merito delle favorevoli condizioni climatiche che hanno caratterizzato la Turchia e gli investimenti attuati per far crescere il potenziale di produzione di olio d'oliva. Con un totale previsto di 422 Kt, il Paese diventerebbe il secondo produttore mondiale dell’attuale campagna, secondo solo alla Spagna. A fronte di ciò, alcune fonti stimano un aumento delle esportazioni turche del 140% e un livello di stock finali quattro volte superiore a quello della precedente campagna.
Invece, in Italia le pessimistiche aspettative già espresse nei mesi scorsi sono state confermate dalla recente stima di Ismea. Quest’ultima prevede una produzione 2022/23 di 27 Kt in meno rispetto alla Commissione Europea (-37% rispetto alla precedente campagna).
Dopo l’uscita dei dati di USDA che aveva proiettato un calo del 14% della produzione mondiale, come previsto la Commissione Europea ha fornito una prima stima del raccolto europea al ribasso (-25% rispetto alla campagna 21/22). Francia, Italia, Portogallo e Spagna - che insieme hanno prodotto l'88% della produzione di olio d'oliva dell'Unione Europea nella campagna 2021/22 - hanno risentito dell'impatto di un inverno e di una primavera insolitamente secchi, seguiti da diverse ondate di caldo estremo che non hanno praticamente generato precipitazioni tra giugno e fine agosto.
In Spagna l’estrema siccità e il deficit idrico ha determinato un crollo della produzione di oltre il 30% secondo la Commissione Europea, a quota 1 Mio t. In una prima stima del Ministero dell’Agricoltura dell’Andalusia, la produzione della regione si aggirerebbe a 0,59 Mio t. Essendo la principale area di produzione di olio di oliva in Spagna, il Ministero dell'Agricoltura spagnolo proietta una produzione nazionale di poco inferiore a 0,8 Mio t.
In Italia le prospettive non sono di abbondanza. Con uno degli anni più secchi mai registrati, al pari degli altri Paesi europei gli agricoltori devono anche affrontare il rapido aumento dei costi di produzione. Secondo ISMEA, questi ultimi sono aumentati del 24% nei primi sei mesi del 2022 (+50% costo energia e +36% costo fertilizzanti). A questi vanno aggiunti i prezzi elevati dei materiali di imbottigliamento e confezionamento, almeno raddoppiati per bottiglie di vetro, lattine, cartoni e plastica. In tale panorama, alcuni agricoltori hanno deciso di non raccogliere, mentre altri stanno lavorando con le autorità locali per concordare prezzi fissi che permettano di sostenere gli elevati costi produttivi.
In Italia, le giacenze nazionali stimate dal Mipaaf hanno visto un’importante contrazione nel mese di settembre, ben al di sotto della precedente annata di scarica 2020/21 e dei livelli di giugno 2022.
Contrariamente agli altri principali produttori europei, in Grecia si prevede un aumento produttivo del 39%. Il raccolto di questa stagione sarà da record, soprattutto lungo la zona costiera di Creta. Tuttavia, una sfida significativa per i produttori locali è la scarsità di manodopera e l'alto costo di assunzione dei lavoratori ancora disponibili, ai quali si aggiungono gli elevati costi di estrazione dell’olio di oliva.
Nonostante le aspettative di un raccolto disastroso in Europa, pochi operatori erano preparati ad affrontare l’ascesa avvenuta da giugno ad oggi dei prezzi dell’olio di oliva: +35% per l’extravergine nazionale e +33% per l’extravergine comunitario che ha già raggiunto un record storico. A causa dei significativi cali della produzione previsti tra i più grandi produttori mondiali, il forte aumento dei prezzi potrebbe comportare una diminuzione della domanda in alcuni mercati esteri sensibili ai prezzi. A fronte di ciò, le esportazioni da parte dell'Unione Europea si prevedono diminuire del 10%.
La grave siccità che ha devastato la Spagna e diverse zone dell’Italia, della Tunisia e del Marocco nella primavera/estate ha ulteriormente diminuito le prospettive produttive. A livello globale USDA ha rivisto al ribasso la produzione di olio di oliva per la campagna 2022/23 a 2.8 Mio t. Le condizioni dei raccolti sono critiche e in alcuni campi le dimensioni delle olive risultano talmente piccole da disincentivare gli agricoltori alla loro raccolta.
Secondo quanto dichiarato dal Ministero dell’Agricoltura spagnolo, le ondate di calore potrebbero ridurre la produzione di olio di oliva in Spagna
Sotto le aspettative deludenti della prossima campagna, da fine giugno ad oggi le quotazioni del nazionale e del comunitario sono cresciute del 13%. A fronte di ciò, è probabile avvenga un razionamento della domanda a livello globale nelle prossime settimane, con un conseguente aumento degli stock rispetto a quanto attualmente previsto a fine settembre.
Basse prospettive produttive in tutti i principali Paesi produttori UE e non-UE, con l’unica eccezione della Grecia, spingeranno al rialzo le quotazioni dell’olio di oliva per la campagna 2022/23.
Come anticipato da Areté, si stanno formando aspettative di cali produttivi per l'olio di oliva in UE per la campagna 2022/23. L'effetto della consueta ciclicità produttiva potrebbe infatti essere amplificato dalla siccità e dalle ondate di calore che da maggio in avanti hanno interessato l'Europa meridionale nella delicata fase di fioritura degli ulivi.
Se la campagna 2021/22 ha visto un elevato livello di produzione di olio di oliva in UE (+11% vs 2020/21 secondo i più recenti dati dello Short Term Outlook della Commissione UE), in virtù di una contemporanea campagna di carica in Spagna, Italia e Portogallo, è altresì vero che i prezzi nazionali e comunitari sono rimasti, per tutte le referenze, al di sopra dei livelli delle campagna di carica precedenti. La tensione sulle quotazioni è stata dovuta ad una generale fase di tensione che ha caratterizzato tutto il comparto oli vegetali, aggravato dallo scoppio della guerra in Ucraina, tramite un effetto sostituzione. Nel complesso, nonostante la tensione delle quotazioni, i consumi si sono mantenuti in crescita nel blocco europeo (+9%) nel corso della campagna.
In Italia, il livello di stock mensili riportato dal Mipaaf in giugno è calato al di sotto del livello della precedente annata di carica (2019/20), per avvicinarsi invece al livello di giugno 2021.
Livelli di consumi sostenuti, accanto all'aspettativa di un'annata di scarica nei principali Paesi produttori UE (ad accezione della Grecia), così come in Marocco, Tunisia e Turchia, i cui effetti potrebbero essere aggravati dal meteo degli ultimi mesi, hanno portato i prezzi ad un rimbalzo anticipato rispetto alla consueta stagionalità di un'annata di carica.
Contrariamente a quanto precedentemente stimato a febbraio, la campagna 2021/22 presenta una produzione europea più elevata del 10% rispetto alla precedente. Nonostante la pesante siccità dell’estate scorsa, quasi tutti i paesi hanno infatti visto migliorare le proprie produzioni rispetto alla precedente campagna, a partire dall’Italia (+19%). Cresce anche la produzione Spagnola (+7%) nonostante l’attuale campagna di scarica. Rilevanti sono i risultati raggiunti dal Portogallo che vede la propria produzione raddoppiare (+106%) e le esportazioni incrementare del 16% rispetto alla precedente annata di carica e del 27% rispetto all’anno scorso.
Inoltre, cresce in Europa l’importanza della Tunisia che secondo i dati di USDA ha prodotto 240 mila tonnellate (+69% rispetto alla precedente campagna), sorpassando la Grecia che risulta essere l’unico paese europeo ad aver ridotto le produzioni del 22%, causa la siccità estiva.
Da fine marzo, il prezzo medio dell’olio di oliva extravergine quotato a Milano è diminuito del 6% sia per il nazionale che per il comunitario, sulla scia del comparto degli oli vegetali che sta registrando ampi cali negli ultimi mesi.
In seguito alla guerra in Ucraina, si è verificato un aumento dei consumi domestici di olio EVO per sopperire alla carenza di olio di girasole. Secondo i dati ministeriali, le scorte di EVO nazionale presenti sul territorio italiano risultano, per il mese di aprile, superiori di neanche l’1% rispetto alla precedente annata di carica ed inferiori dell’1,7% rispetto all’anno scorso.
Con l’uscita dell’ultimo report sulle produzioni agricole, la Commissione Europea ha rivisto a rialzo la produzione comunitaria, stimando un aumento del 10% nel 2021/22 rispetto alla precedente campagna. Le precedenti stime davano un calo del 4% per lo stesso periodo. Risulta di fatto la produzione più alta dalla campagna 2018/19. Nel dettaglio si registrano aumenti in Spagna, Italia e Portogallo, rispettivamente +7%, +20% e +106% rispetto alla scorsa campagna. In calo la produzione greca del -22%.
Le quotazioni dell’extravergine registrate a Milano dopo una brusca impennata sono tornate a calare in aprile, sulla scia del comparto degli oli vegetali. Nel mese di marzo, a livello medio, i prezzi del prodotto nazionale sono aumentati del 4% rispetto a febbraio. Nello stesso periodo il comunitario ha registrato un +9%. A pesare principalmente è l’effetto sostituzione che si è generato tra l’olio di girasole (carente per via ella guerra in Ucraina) e le categorie merceologiche di minor qualità dell’olio di oliva.
Ricordiamo che con lo scoppio della guerra sono in gioco gli approvvigionamenti di olio e seme di girasole proveniente da Russia e Ucraina, i primi due produttori a livello mondiale, che commerciano l’80% dei volumi esportati.
L’intero comparto degli oli vegetali è entrato in forte tensione, registrando aumenti di prezzo anche del 100% nei giorni successivi allo scoppio della guerra. Tuttavia, per effetto del razionamento della domanda, le quotazioni sono presto rientrate, senza però tornare ai livelli prebellici.
Con lo scoppio della guerra sono in gioco gli approvvigionamenti di olio e seme di girasole proveniente da Russia e Ucraina, i primi due produttori a livello mondiale, che commerciano l’80% dei volumi esportati.
L’intero comparto degli oli vegetali è entrato in forte tensione, registrando aumenti di prezzo anche del 100% nel giro di una settimana. È il caso dell’olio di girasole, che nonostante la scarsità di scambi, ai porti del nord Europa si sono registrati prezzi che superano i 3.000 $/t o +100% rispetto alle quotazioni prebelliche.
L’olio extravergine di oliva, dopo una settimana di sospensione delle quotazioni su Milano, è tornato a quotare registrando un aumento del 4,5% e del 9% in due sedute, per quanto riguarda rispettivamente il prodotto nazionale ed il comunitario.
L’olio di oliva risulta uno dei candidati a sostituire l’olio di girasole nel mercato europeo, in particolare nel sud Europa. Già una circolare, il Ministero dello Sviluppo Economico ha concesso all’industria alimentare italiana di poter utilizzare eccezionalmente le etichette e gli imballaggi già in possesso, sostituendo l’olio di girasole con altri oli vegetali nella lista degli ingredienti, per garantire la continuità della produzione.
Secondo i dati ministeriali, le scorte di EVO nazionale presenti sul territorio italiano risultano, per il mese di febbraio, superiori del 4,5% rispetto alla precedente annata di carica e del 6,2% rispetto all’anno scorso.
Nel mese di gennaio, il prezzo dell’olio di oliva extravergine nazionale non ha subito variazioni sul listino di Milano. Cenni di una leggera discesa di sono registrati sul prodotto comunitario. Il prezzo di riferimento ha perso 50 €/t nel mese scorso. Il premio del comunitario sul nazionale è sceso a 675 €/t in gennaio, rispetto ai 712,5 €/t di inizio campagna (ottobre), per effetto della campagna di carica in Italia, seppur con produzioni inferiori rispetto alle aspettative iniziali.
I dati di bilancio della Commissione Europea non sono stati aggiornati dall’ultima revisione di inizio anno, ma sono state rilasciare delle anticipazioni sulle nuove stime di produzione.
La produzione a livello comunitario è prevista calare di un solo punto percentuale a 2,03 Mio t. Confermato il dato relativo all’Italia ed alla Spagna: rispettivamente +15% e -6% di produzione rispetto alla campagna 2020/21.
A livello mondiale, secondo la Commissione, la produzione è aumentata del 3% rispetto all’anno scorso, grazie anche all’output dei paesi non-UE che è aumentato dell’11%.
Secondo quanto detto nel precedente highlight, in dicembre, il prezzo dell’olio extravergine di oliva nazionale è salito del 2% rispetto alla media del mese di novembre, mentre nello stesso periodo il comunitario è salito dell’1%. Tensioni simili si sono registrate anche sul vergine comunitario (+1,3% nello stesso periodo del precedente confronto).
A generare tali rialzi hanno compartecipato due fattori principali:
Infatti, i bilanci ufficiali sono stati aggiornati dalla Commissione Europea con l’inizio del nuovo anno. Precedentemente la produzione in UE era prevista aumentare del 9% rispetto al 2020/21, ma adesso il dato è sceso al -4%. Una revisione sostanziale (-100.000 t o -6% vs. 2020/21) è stata apportata al dato spagnolo, mentre in Italia si conferma una produzione in aumento a 315.000 t (+15% vs. 2020/21).
È previsto, tuttavia, un incremento produttivo mondiale dell’1%, rispetto al 2020/21, grazie alla crescente produzione dei paesi extra-UE (+11% vs. 2020/21), che compenserà il calo previsto nel nostro continente.
In occasione delle feste, le quotazioni delle principali categorie merceologiche dell’olio d’oliva sono entrate in tensione. Tali tensioni sono riconducibili ad un aumento della domanda.
In dicembre, il prezzo dell’olio extravergine di oliva nazionale è salito del 2% rispetto alla media del mese di novembre, mentre nello stesso periodo il comunitario è salito dell’1%. Tensioni simili si sono registrate anche sul vergine comunitario (+1,3% nello stesso periodo del precedente confronto), mentre è stabile il vergine nazionale.
Tuttavia i bilanci ufficiali prevedono una campagna ben approvvigionata, senza tensioni significative né dal lato della domanda né da quello dell’offerta.
La produzione europea, nella campagna 2021/22 è prevista aumentare del 9% rispetto al 2020/21, secondo la Commissione Europea. Inoltre, la produzione di olio nei paesi non-UE è prevista aumentare del 15% dall’International Olive Council. L’aumento produttivo è principalmente concentrato in un grande paese esportatore come la Tunisia (+71% rispetto alla scorsa campagna).
È previsto un incremento produttivo mondiale del 3%, rispetto al 2020/21.
I prezzi dell’extravergine quotati a Milano, con l’avanzamento della raccolta delle olive, hanno continuato il loro trend di discesa. Dalla prima quotazione della campagna all’ultima di novembre i prezzi hanno registrato un calo del 9% per il prodotto nazionale e del 5% per il comunitario.
Il premio medio di campagna (ottobre e novembre 2021) del nazionale sul comunitario è calato a 647 €/t da 1208 €/t (-46%) della campagna 2020/21.
La Commissione Europea ha aggiornato i dati di bilancio per l’UE con il suo ultimo report il Medium Term Outlook:
La produzione europea, a differenza di quanto detto precedentemente, è prevista aumentare del 9%, mentre le altre voci di bilancio sono rimaste uguali a quelle del report di ottobre (Short Term Outlook).
Sono stati forniti i dati aggiornati relativi ai singoli Stati Membri, tuttavia non sono perfettamente allineati ai nuovi dati del Medium Term Outlook, che fornisce soltanto i dati aggregati dell’UE.
Come previsto da Areté, i prezzi dell’extravergine, con l’avanzamento della raccolta delle olive, hanno continuato a calare in novembre. Mediamente, il nazionale ed il comunitario hanno perso rispettivamente il 5% ed il 3%, rispetto alla media di ottobre.
Il premio medio di campagna (ottobre e novembre 2021) del nazionale sul comunitario è calato a 647 €/t da 1208 €/t (-46%) della campagna 2020/21.
A guidare i mercati in questi primi mesi di campagna, in attesa dell’uscita del Medium-Term Outlook, sono le anticipazioni della Commissione Europea:
Come previsto da Areté, con l’arrivo della nuova produzione, i listini hanno registrato repentini e sostanziali cali di prezzo. A Milano, il prodotto comunitario è calato del 4,6% dall’inizio della campagna (ottobre) all’ultima quotazione settimanale (16 novembre). Nello stesso periodo il prodotto nazionale ha registrato cali più decisi (-6,7%).
Il premio medio del nazionale sul comunitario è calato a 575 €/t, da 700 €/t di inizio campagna, complice anche il livello delle scorte sul territorio Italiano. Infatti, secondo gli ultimi dati dell’ICQRF, in ottobre le giacenze di olio EVO ammontavano a 138 kt (+25% rispetto al 2019/20, ovvero la precedente annata di carica).
Oltre alle giacenze italiane, anche le previsioni produttive lanciano chiari segnali ribassisti al mercato. Secondo i dati della Commissione Europea, la produzione UE 2021/22 è prevista aumentare del 2% rispetto al 2020/21.
Per quanto riguarda i singoli stati membri:
Anche il livello produttivo dei paesi extra-UE risulta in aumento: +9% secondo la Commissione Europea.
A livello mondiale è previsto un output di 3,16 Mio t (+4,3% vs. 2020/21).
Con la raccolta delle olive iniziata da qualche settimana, le quotazioni settimanali dell’olio d’oliva rilevate a Milano (extra vergine, nazionale) risultano stabili da agosto. Diversamente, le quotazioni del prodotto comunitario hanno perso 25 €/t (0,7%) in apertura di campagna, riflettendo in parte l’andamento del prezzo registrato a Jaén in Spagna (-3,2 % in ottobre).
Il premio di prezzo del prodotto italiano sul comunitario, nel mese di ottobre (primo mese di campagna), è di 748,5 €/t, contro i 1687,5 €/t di ottobre 2020.
Tale livello di spread risulta insolitamente basso per un anno di scarica come il 2020/21 in Italia. Questa anomalia trova origine nell’accumulo di scorte nel corso della prima parte della campagna 2020/21 a causa dei numerosi mesi di lockdown che hanno strozzato la domanda del settore Ho.Re.Ca. Tuttavia, nel corso dell’estate 2021 la ripartenza dei consumi ha portato ad una rapida erosione delle scorte di olio extravergine di oliva sul territorio italiano. Secondo gli ultimi dati dell’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari), al 30 settembre, nel territorio italiano, le giacenze di olio extravergine di oliva risultavano inferiori del 18% rispetto alla campagna 2019/20 (di carica), ma comunque superiori del 38% rispetto alla precedente campagna di scarica (2018/19). Tale livello di scorte, ancora insolitamente alto per una campagna di scarica, continua a deprimere i prezzi nazionali.
La Commissione Europea ha rilasciato i primi bilanci ufficiali per la campagna 2021/22 relativi all’UE, senza aggiornare dati sui singoli stati membri:
La produzione è prevista aumentare del 2% a 2.095 kt, nonostante l’annata di scarica prevista in Spagna, poiché sarà più che compensata da annate di carica in Italia, Grecia e Portogallo.
AEMO prevede un calo del 6,5% della produzione spagnola 2021/22, a 1.300 kt, mentre per l’Italia, Ismea prevede un aumento produttivo a 315 kt (+15% rispetto al 2020/21).
A livello europeo la self sufficiency è prevista aumentare per il terzo anno consecutivo, preannunciando minori tensioni di mercato.
Per quanto riguarda gli approvvigionamenti extra UE, in Tunisia è prevista un’annata di carica (+90% vs 2020/21) con volumi di export che aumenteranno del 25%, secondo i dati USDA.
Le quotazioni medie dell’olio d’oliva rilevate a Milano (extra vergine, nazionale), in agosto, sono leggermente calate per il terzo mese consecutivo, registrando un -1,7% rispetto al prezzo medio di luglio. Diversamente, le quotazioni del prodotto comunitario hanno mantenuto una certa stabilità, la quale sta caratterizzando il mercato dalla fine maggio.
Il premio di prezzo dell’italiano sul comunitario è sensibilmente calato. Da valori medi di oltre 1.600 €/t ad inizio campagna 2020/21 (ottobre), il premio è calato del 56% a 738 €/t in agosto.
La ragione principale di tale anomalia dello spread, visto che il 20/21 è stato un anno di scarica per l’Italia, è l’eccessivo accumulo di scorte nel territorio italiano. Infatti, i numerosi mesi di lockdown e coprifuoco hanno strozzato la domanda del settore Ho.Re.Ca. Secondo i dati dell’ICQRF, al 31 luglio, nel territorio italiano, le giacenze di olio extravergine di oliva superano del 32% il livello della precedente campagna di scarica (2018/19). La Commissione ancora non ha rilasciato nessun dato per la prossima campagna.
Secondo USDA, la produzione mondiale è prevista aumentare nel 2021/22 del 12%, balzando quasi al livello del 2017/18.
I fondamentali a livello europeo risultano deboli. A fronte di consumi record ed un livello produttivo non adeguato a soddisfare la domanda, il livello di approvvigionamento (2020/21) è previsto crollare al livello minimo dalla campagna 2016/17. Gli effetti sulle quotazioni sono evidenti: il prezzo dell’extravergine comunitario quotato a Milano ha raggiunto i massimi da marzo 2018.
Le quotazioni dell’extravergine nazionale (Granaria Milano) risultano flat da almeno un semestre, nonostante i prezzi del prodotto comunitario abbiano percorso un trend rialzista sin da inizio campagna 2021/22. Il premio di giugno dell’italiano sul comunitario non ha superato i 1.000 €/t. Tale livello del premio sarebbe normale in una campagna italiana di carica, ma la campagna corrente risulta di scarica. Ciò è dovuto principalmente all’eccessivo accumulo delle giacenze italiane. Infatti, in Italia ed in Europa, i numerosi mesi di lockdown hanno compresso la domanda ed i consumi da parte del settore Ho.Re.Ca. Al 30 maggio, nel territorio italiano, le scorte di olio extravergine di oliva superano del 35% il livello della precedente campagna di scarica (2018/19) e per 6.000 t in meno non eguagliano le scorte della campagna 2019/20 (campagna di carica).
I fondamentali a livello europeo risultano deboli. A fronte di consumi record ed un livello produttivo non adeguato a soddisfare la domanda, il livello di approvvigionamento (2020/21) è previsto crollare al livello minimo dalla campagna 2016/17. Gli effetti sulle quotazioni sono evidenti: il prezzo dell’extravergine comunitario quotato a Milano ha raggiunto i massimi dal 2018.